mercoledì 15 novembre 2023
Due letture da fare in parallelo, se si vuole finalmente capire quello che è accaduto in questi ultimi anni: come, e in che modo si è condotta, in nome di una sedicente antimafia una lotta a chi la l’antimafia la praticava sul serio. Una storia in buona parte raccontata in commissione parlamentare antimafia dall’avvocato Fabio Trizzino, che rappresenta i tre figli di Paolo Borsellino, Fiammetta, Lucia, Manfredi: audizioni che si possono ascoltare grazie al servizio pubblico garantito da Radio Radicale. Una vera lotta alla mafia condotta dal generale Mario Mori e dai suoi uomini.
Mori è il fondatore dei Ros, il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, cui si deve tra l’altro la cattura di Totò Riina; il colonnello Giuseppe De Donno per anni ha lavorato con il pool antimafia di Palermo. Entrambi hanno patito un contrappasso: per lunghi anni, con la complicità di uno stuolo di giornalisti compiacenti, sono stati accusati di ogni tipo di connivenza e complicità con Cosa Nostra. Colpevoli, certo: di aver fatto il loro dovere. Ne sono alla fine usciti, ma a indicibile prezzo, sotto forma di processi e letterali diffamazioni. Non hanno subito il carcere come è accaduto a tanti prima di vedersi riconosciuto che il “fatto non sussiste”; ma danni enormi, irrisarcibili. Pochissimi, al loro fianco; tra quei pochissimi il Partito Radicale. Non per un particolare fiuto o dote: basta leggere i documenti senza prevenzione; seguire la successione dei fatti così come sono presentati; ascoltare con mente sgombra, seguire le udienze dei processi: là dove difesa e pubblici ministeri si confrontano e scoprono le loro carte. Da questo punto di vista, quello del poter conoscere e quindi essere messi nella condizione di formarsi l’opinione che si può contrapporre al pregiudizio, alla malafede, all’interesse, è uno degli innumerevoli servizi forniti da Radio Radicale, cui non si finirà mai di dire grazie.
Mori e De Donno, finalmente liberi dall’oppressione di accuse che sono evaporate come neve al sole, hanno scritto libri che meritano d’essere attentamente meditati. Il primo M.M. Nome in codice Unico, di Mario Mori, pubblicato da La Nave di Teseo. L’altro La verità sul dossier mafia-appalti, sempre di Mori e di uno dei suoi più fidati collaboratori, il colonnello De Donno, pubblicato da Piemme. Uomini delle istituzioni che altri uomini delle istituzioni hanno tentato di infangare. Alcuni, semplicemente imbecilli: si sono prestati a un grande gioco di cui non hanno compreso la dimensione; altri hanno perseguito con pervicacia interessi che ancora oggi non è facile far comprendere. Questi due libri sono però un buon punto di partenza anche per chi questi argomenti li segue in maniera episodica e superficiale. Ne resterà sconvolto, ne proverà grande inquietudine. Le vicende raccontate sono, senza tema di esagerazione, terrificanti. Sono trascorsi ormai trent’anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio. Si tratta di storie ancora monche, ci sono molte pagine da scrivere; e man mano che si procede, ci si accorge quanto era stato lungimirante Leonardo Sciascia con quel suo articolo sul Corriere della Sera, “I professionisti dell’antimafia”, che tante volgari, infondate, polemiche gli ha procurato. Anche a Sciascia molti devono chiedere scusa.
“Da un lato c’era il nemico”, scrivono Mori e De Donno, “dall’altro quelli che senza essere oppositori dichiarati, omettevano, ritardavano, silenziavano”. Si fanno nomi, si raccontano fatti, si spiegano situazioni. C’è tutto, anche di più di quello che si può credere di immaginare: vicende sordide, meschine, interessi giganteschi che non dovevano essere intaccati. E non è detto siano finite, anche se molti di quei protagonisti non ci sono più e tanto tempo è trascorso.
(*) M.M. Nome in codice Unico di Mario Mori con Fabio Ghiberti, La Nave di Teseo, 224 pagine, 20 euro
(**) La verità sul dossier mafia-appalti. Storia, contenuti, opposizioni all'indagine che avrebbe potuto cambiare l’Italia di Mario Mori e Giuseppe De Donno, Piemme, 240 pagine, 19 euro
di Valter Vecellio