Corsi di formazione gender a scuola, “sinistra fuori dalla realtà”

venerdì 27 ottobre 2023


Una sinistra “lontana dalla realtà”. Questa l’osservazione del gruppo capitolino di Fratelli d’Italia, mentre Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia onlus, parla di un “indottrinamento” che non deve finire nelle classi. Il deputato della Lega, Rossano Sasso, capogruppo in commissione Cultura, Scienza e Istruzione, rincara la dose: “Ennesimo tentativo della sinistra di propagandare l’ideologia di genere nelle scuole”. E anche i sindacati – Cgil, Cisl e Uil – in una nota congiunta storcono il nasco. Il tema è quello della circolare, o meglio, di un progetto inserito nella bozza della “Mappa della città educante 2023-2024”, inviata dal Dipartimento scuola della Capitale a funzionari educativi e Municipi, dove si parla del rinnovo dei corsi di formazione obbligatori per educatrici dei servizi 0-6 anni. Uno dei seminari (corsi) ha, come contenuto, “de-costruire gli stereotipi di genere ed educare alle emozioni e alle relazioni”. Tanto basta per mandare diversi soggetti su tutte le furie. Secondo quanto appreso, la bozza è in itinere e potrebbe subire delle modifiche. Ma ormai la palla – come si suol dire – è partita.

“L’educazione gender, devono sapere i cittadini, viene assicurata fin dai primissimi anni di età dalla Giunta Gualtieri – dicono i consiglieri romani di FdI – attraverso la formazione di insegnanti ed educatori dei servizi 0-6 anni e oggi attraverso progetti proposti a bambini e adolescenti di scuole medie e superiori. Sarebbe certo opportuno per i ragazzi, soprattutto adolescenti, essere accompagnati nel loro percorso di crescita da una educazione sessuale che potrebbe anche essere di supporto alle famiglie. Un corso, però, di livello scientifico che possa senz’altro comprendere l’educazione al rispetto degli orientamenti sessuali e al contrasto di ogni discriminazione su base sessuale. Detto ciò – sostengono – l’educazione gender non ci sembra rispondere a questi requisiti, dettando essa stessa stereotipi e modelli da impartire di cui spesso fanno le spese i bambini stessi. Sarebbe utile aprire un dibattito su cosa sarebbe utile per bambini ragazzi e per le famiglie. Ma un dibattito aperto e libero fuori dalle scuole, nelle istituzioni. Che potrebbe riguardare, per esempio, la facilitazione della adozione dei bambini per toglierli dagli istituti e per donare loro una famiglia. Siamo pronti a parlarne senza pregiudizi”.

“Lo avevamo denunciato già lo scorso maggio – nota Ruiu – ora scopriamo che questa obbligatorietà, una vera e propria costrizione ideologica, è rinnovata anche nel nuovo Piano di aggiornamento per educatori e insegnanti. L’Amministrazione Gualtieri – va avanti – continua a portare avanti battaglie politiche e ideologiche sulla pelle dei nostri figli. Ma cosa intendono fare con questi corsi gender? Ebbene, obbligano gli insegnanti a formarsi per parlare ai bambini, di identità di genere e gender, di superare le gabbie di genere e di mettere in discussione un sistema estremamente binario, cioè quello che riconosce semplicemente che i bambini sono maschi e le bambine femmine”. E ancora: “Se Gualtieri e la sua Amministrazione vogliono fare battaglie ideologiche e politiche le facciano all’interno delle sedi di partito, non di certo nelle classi e tra i banchi dei nostri figli più piccoli! Protesteremo, alzeremo le barricate, faremo sentire la nostra presenza e la nostra voce e invitiamo tutti i genitori a vigilare sull’operato degli insegnanti e pretendere il consenso informato, per qualsiasi attività”.

Va ricordata, poi, la mozione (poi bocciata) sulle “Nuove forme di Patto scuola-famiglia per progetti educativi da svolgersi nell’ambito della scuola dell’infanzia”, presentata a maggio da Federico Rocca, consigliere in Aula Giulio Cesare per FdI, dove sostanzialmente affronta la questione del consenso informato. Che rappresenta – sottolinea l’esponente di centrodestra – “una modalità immediata per favorire la corresponsabilità educativa e il primato educativo dei genitori”. Inoltre, con il consenso informato “si persegue un pluralismo culturale, educativo e didattico nella scuola, nel rispetto sia del primato della famiglia che della libertà di insegnamento dei docenti”. In più, una corretta osservanza del “consenso informato prevede che tutte le proposte didattiche, relative ai temi sensibili, debbano provvedere a un’informazione dettagliata e garantire, in caso di mancato assenso delle famiglie, l’esonero e attività alternative se tali percorsi didattici si svolgono nell’orario scolastico”.

Il leghista Sasso, da par sua, osserva: “Il sindaco di Roma, invece di preoccuparsi della Capitale, propone l’attivazione di corsi sul genere nelle scuole romane, senza alcuna autorizzazione né dal Ministero dell’Istruzione né, soprattutto, dai genitori degli studenti. Non potendo farlo a livello nazionale, cercano di farlo nei territori in cui amministrano. La Lega farà fronte a questi continui tentativi di promuovere ideologie distanti dalla vera difesa dei diritti di tutti. Se dem e grillini sono così interessati, organizzino tali corsi nelle loro sedi di partito e non durante l’orario scolastico. Vediamo quanti genitori sono disposti a portare i propri figli”.

Infine, come detto, la presa di posizione di Cgil, Cisl e Uil. Nel comunicato – firmato rispettivamente da Marco D’Emilia, Giuliano Contaldi e Mirko Anconitani – a un certo punto scrivono: “Tra gli argomenti nella circolare in oggetto si rinnova il percorso formativo alle relazioni e alla decostruzione degli stereotipi di genere. L’aspetto che sorprende – precisano – è l’obbligo delle docenti, a partire dalle educatrici del settore asili nido, a una formazione obbligatoria per discutere con i bambini di identità di genere e gender, elementi estremamente complessi il cui impatto tocca la sensibilità, la cultura e l’elemento psicologico delle insegnanti e delle educatrici, nonché ovviamente il percorso di crescita della piccola utenza a partire da un’età anagrafica talmente in fasce da rendere tale formazione di una delicatezza incontrovertibile, che non può, nell’organizzazione del percorso, escludere le osservazioni di queste organizzazioni sindacali, che costituiscono il baluardo, la voce e l’esperienza professionale delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti”.


di Claudio Bellumori