L’estenuante difesa dell’evidenza

venerdì 13 ottobre 2023


La geopolitica è sicuramente una disciplina assai complicata che, fra l’altro, ha bisogno di conoscenze storiche molto accurate. Tuttavia, è certo che gli storici non sanno fare previsioni e le loro stesse spiegazioni in merito a ciò che accade nell’attualità risentono quasi sempre dei punti vista assunti negli studi sul passato. Molto più efficace è la semplice logica e la conoscenza dello svolgersi concreto degli eventi sia che essi abbiano precedenti storici sia che risultino del tutto inusitati. Altrettanto dicasi dei cosiddetti aspetti contestuali, perché anche il contesto, ogni contesto, può interpretarsi in modo assai diverso a seconda dei presupposti di valore dai quali uno prende le mosse. Ed eccoci al caso dell’aggressione di Hamas. Gli storici, sia pure da punti di vista differenti, concordano nel riconoscere che il mondo arabo, all’inizio decisamente compatto nell’opporsi allo Stato di Israele e, ora, più possibilista secondo una gradazione peraltro diversificata, non ha mai assunto il problema della popolazione palestinese come un proprio problema e, infatti, non si è mai occupato del suo presente e del suo futuro cercando, semmai, di trarne benefici di varia natura.

Nel contempo, però, i Paesi arabi ne hanno fatto una semplice ragione in più per opporsi al mondo occidentale (Usa in testa), concepito come il regno peccaminoso del modernismo e covo di infedeli. Si tratta di un atteggiamento che, col passare del tempo, ha perso la solidità iniziale e infatti, oggi, grazie alla diplomazia ma anche, se non soprattutto, alla richiesta, come si dice, “dal basso”, delle nuove generazioni delle varie popolazioni arabe, presenta sfaccettature molto varie. Un fenomeno che ha consentito persino vari riconoscimenti ufficiali dello Stato ebraico, il progredire di possibili trattati di convivenza nonché crescenti scambi commerciali, cosa che, come sempre, indica l’ineluttabile evoluzione delle società.

Le relazioni fra Israele e la cosiddetta Striscia di Gaza si sono sviluppate fra passi avanti e passi indietro e fra attacchi terroristici e rappresaglie. Il futuro assetto dell’area stentava a decollare. Diciamo stentava perché, ora, il buio sta calando sulle prospettive di pace a causa dell’improvvisa ondata di violenza che è sotto i nostri occhi. Le ragioni sono sicuramente molte e nascondono la natura internazionale, geopolitica della dura ostilità perdurante da parte di alcuni Paesi arabi nei riguardi di Tel Aviv. Ma non è la geopolitica a spiegare la ferocia, né la sociologia, che sottolinei la situazione precaria degli abitanti della Striscia, può spiegare l’odio radicale che sta divorando la mente degli aggressori. La variabile più importante, e ampiamente dichiarata, è invece quella religiosa, il dettato di un’interpretazione dei testi sacri in una chiave che sembra imporre la lotta senza quartiere e l’eliminazione di infedeli i quali, oltretutto, si sono insediati in una regione considerata terra propria. Di fronte all’infedele, il vero e credente dogmatico non ha esitazioni. La persona dell’infedele diventa un epifenomeno, una sorta di sbaglio della natura che va corretto, anzi distrutto perché non rechi danno alla comunità dei fedeli, protetta e solennizzata in esclusiva da Dio. Siamo così di fronte a un fenomeno che, per la verità, ha caratterizzato molte religioni, ma in passato.

Quella attuale è, invece, una versione sicuramente passatista nelle motivazioni e dunque spiegabile, almeno in parte, col puro binomio d’ignoranza e risentimento che le popolazioni arabe sono costrette a mantenere. Ma, in altra parte, si può spiegare solo con l’effettiva propensione dei gruppi più estremisti a combattere non per i loro popoli, che infatti vengono trattati come meri strumenti tattici e scudi umani, ma per se stessi e il proprio destino trascendentale senza alcuna possibile tolleranza verso il diverso. La Striscia di Gaza, in mani diverse, avrebbe un futuro di sicuro sviluppo anche perché un sostanzioso aiuto internazionale non mancherebbe. Ma l’Occidente, col suo denaro, il suo beato consumismo e le sue libertà è l’esatto ritratto del demonio e va estirpato. Il resto, in particolare certi dotti distinguo e le manifestazioni a favore di un generico impulso pacifista, ma sempre e solo anti-israeliano, rappresentano unicamente l’immancabile e periodica emersione della più stolta ipocrisia dal profondo dell’animo di chi non si piega nemmeno davanti ai fatti.


di Massimo Negrotti