Presidente Meloni: verso i Liberali d’Italia?

venerdì 13 ottobre 2023


Signore e signori, sorelle e fratelli della Res publica d’Italia, lo sappiamo tutti: in politica serve nascere ieri ma agire come se fosse già domani. Con in tasca la storia maestra di vita, su percorsi flessibili ma decisi. Con i piedi sulle strategie dell’oggi ma con la fronte sempre già rigata dal domani. Il politico liberale che verrà – teso ma rassicurante – deve pianificare col cervello, ma sedurre, sprizzando l’odore ormonale dei sudori d’umanità che vorrebbe rappresentare, della storia che vorrebbe contribuire a riscrivere, ed entro cui potersi riscrivere. Iniziare alla Bettino Craxi, formarsi alla Giulio Andreotti e morire Silvio Berlusconi? No, oggi più di ieri non esiste una regola: la politica insegna a prevedere un po’ i tempi ma mai a ripeterli. Il presidente Giorgia Meloni saprà farsi pioniere liberale nelle strategie e nel merito delle proprie riforme istituzionali, per potersi permettere il lusso di esprimere il politico liberale che verrà (e di cui necessiterà l’Italia)? Cosa dovrà fare il presidente del Consiglio per contribuire a partorire figure che sappiano portare a termine in lunga durata il progetto della sua politica istituzionale? Per permettere alla governance attuale di rassodare le linee guida e scolpire i risultati su cui nell’oggi si lavora? Per non disperdere l’azione tra i gangli e i perni incontrollabili delle dinamiche dei partiti? Queste domande devono sorgere in ogni assetto, con ogni colore politico. Sono domande naturali per ovviare alle instabilità del nostro sistema istituzionale.

Il politico liberale che verrà, infatti, può essere partorito tra le crisi inevitabili della storia, tra le fessure delle destre quanto delle sinistre, in una tempesta di fronte alla quale occorre un navigatore politico a tuttotondo, espressione del popolo, esperto dominatore di metodi e diritti, di doveri e valori, di forze umane e sociali. Chi avrà l’onore e l’onere di esprimere illuminanti figure di leadership nella classe politica che verrà? E di farlo con metodo e lungimiranza, con chiarezza, con il coraggio di voltarsi indietro per vedere quanto e come si può cambiare in meglio, governando i fenomeni, stringendo amicizie negli interni come agli esteri, amandosi per amare e cambiare: per essere punto d’azione non solo dell’oggi, bensì dell’avvenire. I numeri sono una certezza, tranne in politica. Allora le forze politiche devono affannarsi e riscoprire i sentimenti per un agire superiore, avveniristico, non predittivo bensì riformista, seduto bene sulla scacchiera internazionale dei nuovi equilibri, senza mai svendere i valori della democrazia liberale e libertaria dei popoli, contro ogni forma di terrorismo nazi-islamista e anti-occidentalista.

Le vite perfette lasciamole agli altri, a chi giudica e cova: meglio una vita attiva, proficua, creativamente interessante, utile. Così è in arte la politica, a quanto pare, in un perenne “so di non sapere” ma so di poter imparare a creare, in corsia. E allora in corsa, per le Europee, occorre un progetto un po’ tradizionale e decisamente fresco, libero dalle ipoteche che le opinioni possono disseminare sul detto e sul non detto; occorre un percorso liberale sulle alleanze strategiche che possano garantire a questa fetta d’Occidente libertà, giustizia-giusta, opportunità economiche per chi voglia produrre ricchezze, e strumenti per immettere queste ricchezze non solo nelle vene più robuste ma anche nei capillari più fragili del Paese. L’Italia si svegli, perché come matria può partorire una Patria ital-europea, democraticamente liberale, umanamente produttiva, dove il Pil è una sfida avvincente e il debito pubblico un cane che prima di mordere abbaia in modo fraterno. Occorre lo spirito, sì, lo spirito: dare slanci che sollevino il Paese nelle sue ossa rotte da tanti anni di crisi economiche, crisi sanitarie, crisi socio-educative, crisi di sole austerità a speranza ristretta, quando non proprio negata. Buongiorno, Italia. Buongiorno ai partiti tutti, alle loro capacità manageriali nell’impresa più sociale del secolo: il prossimo, divergente modello d’Europa a geometrie nuovamente edificabili, dopo e oltre la pandemia del Covid-19.

Meloni saprà tenere banco se rassicurerà i più conservatori sulla bontà delle aperture eurofile, multilateraliste, sull’opportunità di farsi radicalmente centrali nelle agende programmatiche, di non disperdere le aperture già pronunciate, di fare passi in avanti sul sentiero delle buone prassi internazionali, per portare amicizie ed economizzazioni probabili negli import ed export, negli approvvigionamenti. Saprà tenere banco se saprà rassicurare i suoi sulla necessità di non guardare mai troppo alle sole identità iniziali del 3 e mezzo per cento da cui si è partiti, nonché sull’opportunità di osservare evolutivamente quel 26 per cento raggiunto a settembre del 2022 per “contaminarsi” ancora, all’interno delle dinamiche della tradizione liberale italiana ed europea. Come disse Davide Giacalone, direttore de La Ragione, all’indomani delle elezioni politiche del 2022: “Il tema non è solo quanti voti prendi ma per quanto tempo riesci a conservarli e per fare che cosa”. Ricordando, non casualmente, che il Partito democratico di Matteo Renzi ottenne nel 2014 più del 40 per cento di voti, che nel 2018 il Movimento 5 stelle ottenne più del 32 per cento di voti, che nel 2019 la Lega alle Europee prese più del 34 per cento dei voti. Fratelli d’Italia, poco più di un anno fa, aveva più voti della somma dei voti dei propri alleati Forza Italia e Lega, tuttavia alla maggioranza in Camera dei deputati ed in Senato FdI ci arriva con questi due alleati, senza dubbio.

Innegabilmente, la morte di Berlusconi ha sconvolto le potenzialità di Forza Italia, ma la missione dei moderati di centrodestra non è venuta a mancare: come disse lo stesso Cavaliere all’indomani delle politiche del 2022, riferendosi alla sua creatura partitica, “noi siamo determinanti”. Numericamente, l’incidenza di Forza Italia potrebbe apparire molto, troppo fragile, ma l’agenda politica moderata sul piano internazionale ed euro-unionale si sta dimostrando determinante sul versante empirico-programmatico: in modo naturale, nel ridefinire le mosse di chi detiene la leadership governativa. Governare infatti è diverso dal fare opposizione, e chi autorevolmente sta governando la nazione ital-europea sta garantendo equilibrio istituzionale, anche in ogni rapporto interstatuale con i Paesi d’Europa e degli altri Continenti. Il presidente Giorgia Meloni, dove saprà colorare di tricolore verde-bianco-rosso le sorti dei rapporti fisici, economici ed istituzionali fra l’Unione europea e i pezzi portanti del Continente africano, strutturando e riformando al meglio il Piano Mattei all’insegna della legalità, della sicurezza, dei diritti umani multilaterali, dell’approvvigionamento energetico tradizionale e di quello all’avanguardia, e non solo, potrà sperare di esprimere il futuro prossimo rappresentandolo istituzionalmente, con un altro tipo di transizione, che tutte le transizioni ricomprende e governa.

Si tratta della transizione politica verso un nuovo partito di fratelli e sorelle, di Liberali d’Italia, che possa presentarsi come attrattivo in Europa, e attraverso l’Europa negli Usa, oltre che in Israele, senza bisogno di ideologie ma con la forza della pragmatica, e di quei valori che uniscono. I Liberali liberi d’Italia, uniti (!) in una grandissima azione socio-culturale vocata alla cooperazione per lo sviluppo, dovrebbero lanciarsi in un emisfero di governance che sappia contabilizzare buoni risultati attraverso la valorizzazione dell’italianità e attraverso le buone amicizie internazionali, nella vicinanza a Israele in questo momento così tragico. Israele, snodo mediorientale di liberalismo, nonché per tradizione modello occidentalista in territori difficili, necessita di un coro di Stati ed entità sovranazionali come l’Ue e gli Usa, per battersi contro le mire anti-occidentaliste di Hamas e contro tutte le talebanocrazie iraniane amiche di Hamas; contro le mine vaganti degli Hezbollah libanesi, nonché contro ogni forma di khomeinismo oscurantista, illiberale e anti-demolibertario nel mondo. L’Italia, riformista, può esprimere una forma inedita ma solida di liberalismo della nuova era: tradizionale e rassicurante, ben consolidata nelle proprie storie di liberazioni e mai statica dove c’è bisogno di nuove liberazioni dalle minacce alla sicurezza liberale-globale. Buongiorno, Italia: dove popolo è libertà e libertà è coscienza popolare. Corri libera, Italia. Strutturando la giustizia-giusta internazionale, tra libertà e sociabilità, animando la fratellanza.


di Luigi Trisolino