Disastro del Vajont, Meloni: “Tragedia che doveva essere evitata”

lunedì 9 ottobre 2023


Disastro del Vajont: 60 anni fa la tragedia che provocò la morte di quasi duemila persone. La sera del 9 ottobre 1963, nella zona al confine tra Veneto e Friuli, un’enorme frana crolla dalle pendici settentrionali del Monte Toc, poi colpisce la diga del Vajont e il suo bacino artificiale. “Interi paesi spazzati via”, ha detto sui social Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, che ha aggiunto: “Una ferita profonda nella nostra storia. Una tragedia che poteva e doveva essere evitata”. Inoltre, ha sottolineato: “A distanza di 60 anni, il ricordo del Vajont resta un monito per tutti noi. Non dobbiamo dimenticare quanto è costata l’irresponsabilità umana in quella terribile notte del 9 ottobre 1963 a una Comunità che era pienamente consapevole dei rischi, ma che rimase inascoltata. In memoria di quella terribile tragedia, una ferita ancora impressa all’Italia tutta, il nostro impegno affinché eventi simili non si ripetano mai più nella nostra Nazione. Nel ricordo delle vittime del Vajont continueremo a lavorare per un'Italia più sicura”.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel corso della cerimonia di commemorazione, ha parlato di “silenti monumenti alle vittime, a quelle inumate nei cimiteri, a quelle sepolte per sempre nei greti dei corsi d’acqua, sulle pendici: donne, uomini, bambini. Cinquecento bambini. Sono tormenti che, tuttora, sessant’anni dopo, turbano e interrogano le coscienze”. “Dopo 60 anni, purtroppo, c’è un oggettivo rischio che questa diventi soltanto una giornata del ricordo. Per me deve essere sì la giornata in memoria di chi non c’è più. Ma anche in onore dei vivi, dei sopravvissuti, perché questo è un territorio segnato indelebilmente dal quel disastro. I 1.910 morti danno la dimensione di quella tragedia”. Lo ha notato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia.

Il sottosegretario di Stato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Sandra Savino, ha osservato: “La notte del 9 ottobre 1963, una frana dal Monte Toc si abbatté nell’invaso del Vajont, dando vita ad un’onda devastante che, superando la diga, lasciò dietro di sé morte e distruzione. Quelle 1.910 vite spezzate, di cui 487 minorenni, sono un monito eterno. Friuli-Venezia Giulia e Veneto sono rimaste segnate per sempre. Longarone, Erto, Casso e tutti i Comuni di quell’area vissero un inferno e portano ancora le cicatrici di quella notte. Penso che ancora oggi sia difficile descrivere l’orrore vissuto in quei quattro minuti interminabili e nei giorni e nei mesi seguenti.  Anche per questo è vitale non dimenticare. La memoria di quelle vittime e la resilienza dei superstiti devono guidare l’impegno di tutti noi per un futuro in cui tali tragedie non si ripetano mai più”.

Commoventi e dure al tempo stesso, infine, le parole di Giuseppe Vazza (“potete chiamarmi Bepi”) raccolte dal Corriere della Sera: “Più che una guida io sono un superstite, un testimone che ha vissuto in prima persona la tragedia”. All’epoca dei fatti aveva 30 anni, era un salumiere. Si salvò ma perse quattordici familiari. E adesso, che di candeline ne ha spente novanta, ha confessato: “La diga è diventato un business e a me non va più bene. Il Vajont è una storia di controllori che non controllavano, di sapienti che non sapevano, di ingegneri svuotati di ingegno e di tanta gente che avrebbe dovuto far uso del comune buonsenso per salvare altra gente e non l’ha fatto, questo bisogna ricordarselo sempre”.


di Mimmo Fornari