venerdì 29 settembre 2023
Il principio cardine del Trattato di Dublino e delle modifiche successivamente apportate è sempre rimasto lo stesso, ovvero che lo Stato sul cui territorio giunge il migrante è quello che si occuperà dell’accoglienza e della relativa richiesta d’asilo. Il testo non parla di approdo il cui significato estenderebbe ancor più l’interpretazione dell’operazione ma di varco delle frontiere. Il sistema creato tende a “determinare con rapidità lo Stato membro competente per una domanda di asilo e prevede il trasferimento di un richiedente asilo in tale Stato membro. Generalmente lo Stato membro competente all’esame della domanda d’asilo sarà lo Stato in cui il richiedente asilo ha fatto il proprio ingresso nell’Unione europea”. In particolare, quando è accertato “che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro”, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.
Spesso i migranti che tentano la traversata del Mediterraneo sono salvati da navi di ong straniere ed è palese che nelle acque internazionali un’imbarcazione battente bandiera dello Stato di appartenenza sia parte integrante del territorio di quello Stato che, pertanto, diviene responsabile all’istruttoria della domanda di asilo dei naufraghi trasferiti a bordo. La deroga a tale inequivocabile regola recata dal trattato soggiace a principi umanitari e di soccorso in mare che prevedono che i migranti divenuti naufraghi siano portati in un porto sicuro da individuare dal Paese più vicino. Una possibile soluzione da negoziare con i Paesi maggiormente interessati a incentivare le operazioni delle unità navali delle ong potrebbe essere l’obbligo degli stessi di distaccare una nave militare nel porto italiano solitamente prescelto per l’approdo delle persone salvate in alto mare al fine di poterle ospitare dignitosamente e attivare le procedure di esame degli aventi diritto d’asilo.
Considerato che una Fregata alla velocità media di 20 nodi impiega 4/5 giorni a trasferirsi dal mare del Nord alle coste siciliane e viceversa, periodicamente la nave designata previa sostituzione potrebbe trasferire le persone a bordo nel Paese di bandiera che provvederebbe alla successiva accoglienza. In tal modo aumenterebbe la percentuale dei migranti intercettati e salvati dalle navi ong e conseguirebbe una immediata ed equa distribuzione degli stessi. L’Italia accetti, pertanto, l’attività di tali unità di soccorso senza restrizioni ma imponga contestualmente la presenza di navi militari del Paese corrispondente, le quali anche in acque territoriali italiane sono sempre territorio di bandiera, al fine di ottemperare appieno agli obblighi di Dublino.
di Ferdinando Fedi