giovedì 28 settembre 2023
La questione dell’immigrazione è al centro del nostro futuro in quanto nazioni occidentali. Non la si può ignorare e fare finta che non esista. I decisori politici non possono girarsi dall’altra parte e affermare semplicemente che i Paesi europei siano terre di approdo naturali per i migranti provenienti dall’Africa o dall’Asia. La prassi politica lassista che si ė andata consolidando in Italia, malgrado gli sforzi di alcuni politici di cercare di invertire la forza di inerzia di questo processo storico così decisivo, è costituita dal fatto che spesso si guarda all’immigrazione come a un fenomeno ineluttabile, verso il quale ogni misura o decisione è inefficace o al massimo può rivelarsi come un tampone momentaneo nei confronti di una realtà dei fatti che vede uno spostamento di popolazione sempre maggiore dall’Africa verso l’Europa, a causa di un gradiente demografico che va sempre più aumentando. Il continente nero è uno dei giganti demografici del XXI secolo, con una popolazione passata da 400 milioni di persone nel 1985 agli 1,1 miliardi di abitanti nel 2020, a fronte di un’Europa in cui molti Paesi scontano da decenni una forte crisi della natalità.
L’incidenza di questo gradiente demografico, unito all’evidente disparità sociale, economica e di risorse presente tra Africa ed Europa, porta al fatto che un cittadino africano nutre il desiderio di cimentarsi in un difficile viaggio migratorio verso le coste settentrionali del Mediterraneo, spinto dal sogno di migliorare il proprio tenore di vita. Bisogna però essere ben consapevoli che questo fenomeno porterà al fatto, come molti osservatori sostengono, che un giorno, magari prima di quanto pensiamo, la popolazione europea nativa sarà sempre minore in proporzione e costituita maggiormente da africani o uomini e donne provenienti dall’Asia. Di fronte a queste previsioni, ci sono alcune considerazioni da fare. Prima di tutte è che davanti all’Europa si pongono due strade: arrendersi di fronte a una marea migratoria che vedrà i popoli europei sempre meno presenti in casa propria, laddove in contesti democratici come quelli delle nazioni europee, una popolazione bianca relativamente meno numerosa potrà esprimere un peso politico sempre meno rilevante.
In altre parole, nello scenario in cui nel 2060 o 2070 un terzo o più della popolazione dei Paesi europei sarà di origine africana o asiatica, i nuovi decisori politici saranno sempre più determinati da fasce etniche o culture diverse dalla nostra. Ciò porterebbe al fatto che le nazioni europee sarebbero sempre più a trazione africana o asiatica, situazione che verrà determinata dalle politiche lassiste o miopi che nei decenni precedenti non hanno governato il problema dell’immigrazione clandestina. Certamente il fatto di avere un’Europa nera o con una presenza sempre più massiccia asiatica non è un male in sé, sarebbe un processo storico d’immigrazione come molti ce ne sono stati in passato, ma quello su cui bisogna essere ben consapevoli è che se non si pone un freno oggi all’immigrazione clandestina il rischio è la crisi severa della cultura europea, con tutte le conquiste di diritti civili, libertà, democrazia, letteratura e quant’altro la civiltà occidentale ė riuscita a realizzare in due millenni e mezzo di storia, perché non ė detto che i popoli che migreranno in Italia e in Europa saranno mossi dallo stesso patrimonio ideale o immaginario che abbiamo noi europei.
Si può sempre guardare al modello americano, dove una convivenza tra popoli diversi, malgrado tante tensioni e divisioni che anche la cronaca ci riporta, viene sempre stemperato nel nome del bene superiore dell’unità dello Stato.
Ma al momento i Paesi europei non sono gli Stati Uniti, dove di certo l’emigrazione è frutto di processi e di un retaggio storico ben più consolidato, razionale e definito. In Europa non sempre si riesce a guardare al fenomeno dell’immigrazione come qualcosa di ben governato grazie a decenni di convivenza politica e raziale; pertanto, ci troviamo di fronte alla necessità di cambiare. Per governare il cambiamento epocale dell’emigrazione, a meno di non volere essere travolti come lo fu a suo tempo l’Impero romano, occorre ripensare a politiche per l’immigrazione serie e moderne, evolute e che possibilmente mettano al centro l’importanza e il valore delle persona, dei cittadini europei come dei migranti africani. Queste politiche devono essere concertate in sede europea per cercare di disincentivare al massimo, anche a livello mediatico e in accordo con i governi africani, la volontà di emigrare in Europa.
Certo, la riflessione geopolitica mette in evidenza che nel contesto africano è significativa anche la presenza della Cina. Molti commentatori parlano della penetrazione sempre maggiore del gigante asiatico nel continente africano, e non certo da oggi. Pertanto l’Europa, se si vuole mostrare all’altezza della sfida sul fronte economico lanciata dal gigante guidato dal presidente Xi Jinping, un’Europa ricordiamo che è uscita piuttosto stremata dai vari lockdown del Covid, inquieta per la guerra in Ucraina e per l’apparente ineluttabilità dei processi migratori, deve riorganizzare le sue politiche tenendo ben presente che ha necessariamente bisogno del sostegno americano, nel momento in cui anche gli Stati Uniti sono preoccupati allo stesso modo da un’eccessiva penetrazione cinese in Africa. Se in questo senso sarà raggiunto un accordo tra Paesi occidentali per far fronte al fenomeno dell’immigrazione, si potranno raggiungere risultati significativi, prima fra tutte una migliore cooperazione con i governi del nord Africa per generare su quei territori misure e opere di sviluppo che rendano migliore la vita in quei paesi, favorendo uno sviluppo economico di cui possano beneficiare i loro cittadini che saranno meno attratti da una possibilità di emigrare verso le sponde nord del Mediterraneo.
di Mario Sammarone