Di chi è la leadership? L’opa sulla destra

lunedì 25 settembre 2023


Leader si nasce o si diventa? La questione, sempre molto delicata, si presenta al mondo e al grande pubblico come un Giano Bifronte. Nel senso che la pietra su cui si scolpisce la figura mitica del grande Leader ha un solo materiale compatto: il “Talento”. Su quel monolite la vita, l’esperienza, la fortuna e il caso si accaniscono con i loro scalpelli. Il risultato è talvolta pessimo o mostruoso ma molte altre volte, come nel sistema delle Democrazie evolute, l’opera finale è di tutto rispetto.

La premessa, per così dire retorica, ha un unico scopo sostanziale: ovvero dare una risposta non banale all’editoriale (interessante) del professor Ernesto Galli della Loggia, Scelta di ministri e nomine: la fedeltà non serve al Paese, pubblicato dal Corriere della Sera. Lo spunto e la critica a Giorgia Meloni sono chiarissimi. Invece di fare come i governi Mussolini I e De Gasperi, in cui il primo nominò ministro della Difesa il generalissimo Armando Diaz e Giovanni Gentile all’Istruzione, mentre il secondo preferì Luigi Einaudi alla presidenza della Repubblica al posto di Don Luigi Sturzo, Meloni ha voluto circondarsi di fedelissimi per garantire la stabilità del suo Esecutivo. Questo, secondo il professore, impedirebbe alla stessa Meloni di fare un raccolto molto più ricco alle prossime elezioni, pescando nuovi consensi nell’immensa area centrista, rimasta praticamente vuota di rappresentanza, a seguito della frammentazione in mille rivoli delle formazioni centriste e, soprattutto, della vertiginosa ascesa dell’astensione elettorale.

Se il tutto sembrerebbe un ragionamento “obiettivo”, tuttavia la tesi del professore non convince dato che, come al solito, l’accademia e il grande giornalismo di casa nostra (ma come siamo provinciali!), oltre a mancare gravemente del merito comparativo per pesare le leadership nelle diverse configurazioni del panorama delle democrazie mondiali, dimenticano soprattutto di prendere in esame le cause sistemiche che hanno portato a un livello intellettuale così scarso della rappresentanza politica italiana. Dimenticano, cioè, che questo sottoprodotto di leadership politiche di cartapesta che, ormai, annegano e surfeggiano idiotamente sull’immensa spuma dei social, dei follower e dei like, hanno al loro interno un difetto costitutivo e costituzionale. Mancano, cioè, di una robusta costituzione fisica e mentale, fisiologicamente parlando, essendo generalmente afflitti da un pericoloso Alzheimer della deresponsabilizzazione delle decisioni e della proposizione-esecuzione di progetti sociali di grande respiro e a medio lungo termine, che non hanno alcuna remunerazione nello spazio cortissimo delle successive scadenze elettorali. Le democrazie, tutte e senza eccezioni, poi, hanno un difetto sistemico che le rende particolarmente vulnerabili alle lobby economiche (un po’ dappertutto ci vogliono notevoli risorse finanziarie e appoggi importanti per poter spuntare un mandato di parlamentare o di presidente), ai gruppi di potere e ai circoli chiusi di potentati e organizzazioni anche poco trasparenti.

Le leggi elettorali italiane, in particolare, gridano vendetta in tal senso, in quanto addirittura mettono nelle mani discrezionali dei capipartito e dei capicorrente le liste dei candidati alle elezioni nazionali. Anziché parlare di questo assoluto scandalo, si preferisce guardare al dito dimenticando la luna. Soprattutto, si evita di enunciare alcune verità assai scomode, rinunciando a chiedersi perché non esista una legge severa sul conflitto di interessi. O per quale ragione non si sia legiferato sui media pubblici, in modo da garantirne l’assoluta indipendenza e qualità di informazione. O come mai si è impedita una scelta diretta delle candidature da parte della base popolare, con primarie generalizzate regolate dalla legge. Nessuno che risponda poi alla seguente domanda ovvia: “Perché per guidare un’auto serve la patente e le violazioni gravi alla guida sono sanzionate severamente, mentre non si chiede alcuna seria verifica preliminare di competenza, affidabilità e moralità a chi è destinato ad amministrare la cosa pubblica?”.

Tra l’altro, invece di prendersela con la nomina dei ministri nel Governo Meloni e gli incarichi politici all’interno del partito di Fratelli d’Italia, non sarebbe meglio dedicare tutte le proprie energie intellettuali a capire, e suggerire, come si faccia a liberare dagli artigli del gigantesco Grizzly della politica faccendiera e clientelare le nomine apicali nelle Asl e nelle istituzioni che regolano la vita e la salute dei cittadini? Basterebbe che la selezione dei dirigenti apicali pubblici fosse fatta in base a criteri unici, concorsi nazionali e liste di merito, da cui tutte le Pubbliche amministrazioni, centrali e locali, fossero costrette per ordine di graduatoria e interpello trasparente ad assumere i propri dirigenti. Basterebbe che con le primarie obbligatorie fosse fatto obbligo di allegare i curricula vidimati da un Ente terzo, che ne certifichi l’attendibilità e la veridicità, per avere una classe politica molto più vicina alle aspettative dei cittadini. Poi, se proprio vogliamo, l’altro formidabile errore (rispetto a Benito Mussolini e Alcide De Gasperi) lo si continua a fare imperterriti, soprattutto nel caso di governi “esogeni” emergenziali o transazionali, guidati da personalità esterne al mondo politico, per quanto riguarda i così detti “tecnici” da nominare, in particolare, per assumere la responsabilità politica di delicate articolazioni di Governo, come l’Economia.

Ora, dovrebbe essere chiarissima una cosa: i partiti vanno invitati a inserire sistematicamente nelle loro liste – facendoli eleggere parlamentari – delle personalità che presentino un inoppugnabile profilo di Grand Commis di Stato (preferibilmente in quiescenza, ma va bene anche da porre in aspettativa), e vantino in tal senso un curriculum di eccellenza nelle carriere civili pubbliche, come quella diplomatica e quella prefettizia. In modo che costoro divengano “prima” rappresentanti del popolo, per cui una volta nominati successivamente ministri della Repubblica godano della necessaria autonomia e agibilità politica. Altrimenti, caro professore, certe prediche vengono rapidamente a noia!

Risposta finale: si può stare certi che al prossimo giro gli italiani sapranno molto bene a chi affidare la leadership del Paese, ponendo nelle sue mani il proprio futuro. E non saranno certo gli affabulatori di sinistra né di destra a spuntarla, ma magari chi all’Assemblea dell’Onu ha avuto il coraggio di dire con fermezza verità assai scomode al mondo ipocrita e globalista del politically correct.


di Maurizio Guaitoli