sabato 23 settembre 2023
Il tema è quanto mai importante. Si mischia alla questione economica dell’aumento delle disuguaglianze. A primavera questi due fattori si sono intrecciati in una miscela particolarmente rovente in Francia, con i tentativi degli immigrati e delle fasce più deboli di rovesciare l’ordine dello Stato. Il rischio, come discutevo con un collega insegnante in un caffè sanremese, in un tiepido pomeriggio di fine inverno, una nuova Rivoluzione francese, una nuova lotta dei poveri contro i ricchi, in una tensione sociale 2.0 che mischia i fattori della divergenza economica e dell’immigrazione selvaggia. Temi caldi. In particolare sull’immigrazione, gli Stati europei, specie quelli del nord, difficilmente possono sopportarne di nuova. Il rischio è quello di concentrare masse di popolazioni che difficilmente riuscirebbero a vivere in una maniera degna che dovrebbe essere propria di qualsiasi essere umano.
Ma è in primis una questione di ordine e sicurezza: vedere masse di persone oziare per le vie delle metropoli occidentali induce nel cittadino medio, che sia italiano, britannico o francese, un senso di insicurezza e inquietudine. Il cittadino medio si domanda: sono libero di vivere ed essere felice nel mio Paese, se temo di essere derubato e mi devo guardare attorno con inquietudine? La questione della felicità è messa in campo. Difficile essere felici, e liberi, e godere dei diritti civili più evoluti, se non si vive un senso pieno di sicurezza. La sicurezza, certo, condizione a priori, necessaria ma certo non sufficiente per la felicità e ogni libertà. Questo vale per noi europei come per i cittadini africani, asiatici o sudamericani.
L’immigrazione selvaggia, per giunta, preme anche sulla questione sociale dell’aumento delle disuguaglianze. Uomini e donne provenienti dall’Africa, dal sud America o dall’Asia, posti in un ambiente sociale che non è il loro, lontani dalle loro case e dalle loro famiglie, si sentiranno privati di quel sostegno fondamentale a cui dovrebbe avere diritto ogni essere umano, a quelle capabilities o paniere di possibilità di cui parla Martha Nussbaum nei suoi scritti di etica sociale. Vale a dire, ogni essere umano dovrebbe avere diritto a un lavoro e a una dignità economica che lo porti a vivere degnamente e lo accompagni verso il cammino di una realizzazione e, di nuovo, di una felicità possibile.
La felicità possibile che dovrebbe essere la meta di ogni essere umano, come insegnarono i padri fondatori degli Stati Uniti d’America che scrissero con lettere luminose nella loro Costituzione che la ricerca della felicità è un diritto fondamentale per ogni uomo e donna di questa terra. La questione della sicurezza, però, non è secondaria rispetto allo sviluppo di condizioni di felicità possibili. E l’immigrazione, di nuovo, è un tema caldo del nostro tempo in relazione alla ricerca di ogni sicurezza possibile, e dunque di ogni felicità possibile. Mi trovano pertanto d’accordo le posizioni del nuovo leader del Labour britannico, Keir Starmer, che sostiene il fatto di essere più decisi verso il fenomeno dell’immigrazione clandestina, equiparando i trafficanti di esseri umani a terroristi come afferma in un’intervista nel Times britannico.
La questione dei migranti non può essere sottovaluta, il rischio è che la polveriera Europa esploda, ripeto, sotto il segno delle disuguaglianze economiche crescenti e di un’immigrazione selvaggia che ha saturato le capacità di accoglienza dei nostri Paesi. Se come sostiene la ministra degli interni tedesca, Nancy Faeser, è difficile ragionare in termini di azioni di blocco da parte delle marine militari occidentali, per ovvie ragioni umanitarie e di buon senso, è però imperativo rivedere le politiche di cooperazione internazionale e concertare con i governi africani possibilità di sviluppo in quei paesi, che disincentivino fortemente la volontà dei giovani africani di intraprendere un lungo viaggio verso le coste europee.
Occorre fare qualcosa di più per aiutare quei Paesi, la sponda sud del Mediterraneo, con aiuti tecnologici, sociali, economici affinché possano trovare un buon sviluppo e assicurare, al loro interno, possibilità di vita degne per i loro cittadini, africani, asiatici o sudamericani che siano (per quanto riguarda l’America), affinché essi siano cittadini pienamente di serie A, appratenti a paesi sviluppati e pienamente evoluti, uomini e donne che un giorno potranno venire in Europa non come immigrati precari e irregolari, ma come turisti possibilmente sorridenti e ammirati, anche per quel carico di esotismo che ogni buon straniero possiede. Pensieri di un tempo di decadenza? Forse, ma di sicuro ė qualcosa di cui dovrebbero occuparsi i nostri decisori politici, in Italia come in Europa e in America, con più determinazione e maggiore fermezza.
di Mario Sammarone