Meloni alla maggioranza: “Non sarà una manovra elettorale”

martedì 5 settembre 2023


La prossima non sarà una manovra elettorale. È il mantra che ripete ai leader dei partiti di maggioranza Giorgia Meloni. L’obiettivo dichiarato della premier è la permanenza a Palazzo Chigi fino alla fine. L’orizzonte deve rimanere quello “della legislatura” e non delle Europee di giugno 2024. Le risorse oggi disponibili vanno concentrate sull’essenziale, famiglie e lavoro. La presidente del Consiglio prepara il vertice di domani con i capigruppo del centrodestra per focalizzare le priorità. Bisogna evitare la ricerca del consenso immediato, per non lasciare sul campo “macerie economiche e finanziarie”. Il tallone d’Achille è rappresentato dal Superbonus, l’eredità del Governo Conte. La “zavorra” della politica economica. Tuttavia l’impegno di Palazzo Chigi e del Mef è concentrato a reperire i fondi necessari non solo a confermare il taglio del cuneo fiscale, ma anche a dare ossigeno alle famiglie che scontano un carovita che si impenna mentre i salari restano sostanzialmente fermi.

La premier chiama alla responsabilità i partiti che la sostengono in un confronto che, spiegano dal governo, è normale tra forze politiche che lavorano in sintonia. Una dinamica che si era un po’ persa negli ultimi anni, è il ragionamento, per le tensioni tra partiti ed esecutivi non politici. Il tempo delle scelte però si presenta più complicato di quanto la premier avrebbe sperato. Con una manovra che, per rispondere alle necessità base, dovrebbe aggirarsi attorno ai 30 miliardi, al momento sono almeno la metà quelli che mancano. Soprattutto se, come ripetono dal Ministero dell’Economia, non si ricorrerà alla leva del deficit. Una mano arriverà dalla tassa sugli extraprofitti delle banche che sulla carta potrebbe valere fino a 3,8 miliardi ma nella sostanza si capirà solo dopo il passaggio parlamentare che non si preannuncia facile. Forza Italia ha già detto in ogni sede che la tassa va ridimensionata per proteggere gli istituti più piccoli e lo stesso Giancarlo Giorgetti ha aperto alle modifiche.

Ci sono poi i classici incassi dalla lotta all’evasione che, però, per loro natura sono incerti e difficili da utilizzare a copertura di spese certe. Altrettanto complesso il capitolo privatizzazioni: i fari sono tutti puntati su Mps, da cui il Mef prima o poi uscirà. Ma sul come e quando ci sono valutazioni ancora tutte da fare, come ha confermato anche il sottosegretario Federico Freni. L’altra chance da esplorare resta quella dell’indicizzazione delle pensioni, che potrebbe essere di nuovo ridotta per gli assegni alti. La riunione servirà a chiarire il contesto in attesa che con la Nadef (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza) vengano delineati il quadro reale dei conti.

Il governo si concentrerà anche sulle altre priorità, dalla gestione dei migranti alla sicurezza. La premier ha chiesto di accelerare sul primo pacchetto di misure che rispondono, anche se indirettamente, ai fatti di Caivano: giro di vite sui reati che vedono coinvolti minorenni e, se possibile, stretta all’accesso degli under 18 ai siti pornografici, di cui si sta valutando la fattibilità tecnica. Per calibrare gli interventi diretti alla riqualificazione della zona alla periferia di Napoli servirà invece più tempo. Meloni non vuole arretrare neppure sull’approvazione del disegno di legge sul premierato. La riforma costituzionale è in dirittura di arrivo e marcerà insieme all’autonomia che nel frattempo riprende il suo iter in Senato. La commissione è pronta a votare gli oltre 500 emendamenti.


di Redazione