Elezione diretta del capo dello Stato: affrancarsi dal potere di veto degli “organi di garanzia”

martedì 5 settembre 2023


Gli elettori italiani hanno conferito a Giorgia Meloni e alla coalizione di centrodestra un mandato chiaro a governare in assoluta discontinuità con gli esecutivi precedenti. Tra gli impegni assunti con il corpo elettorale riveste particolare importanza la riforma costituzionale che prevedeva l’elezione diretta del presidente della Repubblica. L’avversione da parte delle sinistre a qualsiasi modifica della architettura istituzionale del Paese, disegnata dai padri costituenti in larga maggioranza cattocomunisti, era più che scontata. Infatti, l’attuale struttura istituzionale della Seconda Repubblica ha favorito il Partito democratico (“amalgama mal riuscito tra il Partito comunista italiano e la componente di sinistra della Democrazia cristiana) che, con la sponda dei presidenti che si sono susseguiti nel tempo al Quirinale (ex democristiani o ex comunisti), è sempre riuscito a governare il Paese nonostante perdesse le elezioni politiche.

Gli italiani, stanchi di governi creati artificialmente nel palazzo, sotto la regia degli inquilini del Colle più alto, nelle elezioni politiche del 25 settembre 2022 hanno premiato la coalizione di centrodestra anche perché nel programma politico, sottoposto agli elettori, aveva chiaramente indicato l’intenzione di perseguire la riforma costituzionale che avrebbe dovuto prevedere l’elezione diretta del capo dello Stato. La presidente del Consiglio, nel suo tentativo velleitario, in buona fede, di allargare la base di consenso in Parlamento sul disegno di legge di riforma della governance politica in Italia, probabilmente presenterà tramite il ministro delle Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati, un progetto di riforma che prevedrà il premierato (elezione diretta del capo del governo), anziché la più gradita dagli italiani elezione diretta del presidente della Repubblica.

Come era ampiamente prevedibile, però, le sinistre si oppongono a qualsiasi riforma che preveda l’elezione diretta sia del capo dello Stato che del primo ministro. Lo status quo ha sempre avvantaggiato le sinistre e quindi legittimamente, pro domo loro, si oppongono a qualsiasi riforma che conferisca alla sovranità popolare l’elezione diretta del decisore politico. Si sono subito aggregati, contro la riforma costituzionale, “i costituzionalisti d’area” che vedono nella riforma il “rischio” che i cosiddetti “Organi di garanzia” (tutti schierati contro il governo Meloni) possano perdere quel potere d’interdizione che limita i poteri dell’esecutivo. Ogni riferimento all’attuale presidente della Repubblica e all’ex presidente del Consiglio e presidente emerito della Corte costituzionale Giuliano Amato è puramente voluto.

Il potere è così importante che non può essere lasciato al corpo elettorale. Il diritto di veto dev’essere appannaggio degli “illuminati” che sono politicamente irresponsabili, ma che dall’alto del loro diritto divino devono poter ostacolare o mitigare gli “effetti negativi” della volontà popolare. Per costoro la democrazia ha valore solo quando gli elettori votano secondo i loro desiderata. Se inopinatamente il popolo sovrano esprime un voto democratico a favore del centrodestra, le scelte politiche dell’esecutivo che rispettano il mandato elettorale devono essere sindacate da “illuminati” che tutelano la sacralità di una costituzione che non è “la più bella del mondo” e neanche la più democratica!


di Antonio Giuseppe Di Natale