In politica “mai dire mai”

venerdì 1 settembre 2023


I segnali, neanche troppo subliminali, che arrivano da Matteo Renzi al Governo di centrodestra, con particolare riferimento alla forza politica che si richiama nel Belpaese ai valori del Partito Popolare europeo, ossia Forza Italia, dovrebbero essere recepiti da Antonio Tajani. Il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, che a causa della scomparsa del fondatore degli Azzurri e della coalizione di centrodestra di Governo si è trovato a dover traghettare Fi fino al prossimo congresso, dovrebbe cogliere l’opportunità di accordi elettorali con una forza politica come Italia Viva il cui segretario politico, Renzi, non ha trascorsi nel vecchio Partito Comunista italiano e ha dimostrato di essere un riformista.

Tra gli oppositori dell’attuale Esecutivo è l’unico leader politico che attua una opposizione costruttiva e non pregiudiziale. Lo scomparso fondatore di Forza Italia era un campione di pragmatismo. Da grande imprenditore, Silvio Berlusconi aveva quella flessibilità che era indispensabile per adeguare le scelte strategiche da adottare per le sue aziende al mutare delle condizioni di mercato. Come uomo politico, seppe trasferire la sua esperienza di imprenditore di successo alla situazione politica generale del momento. Fatta eccezione per quei principi liberali, democratici e valoriali scolpiti nello Statuto di Forza Italia e del Partito Popolare europeo, era tutt’altro che dogmatico.

È grazie al suo pragmatismo che riuscì, nell’opera titanica, a costruire il primo partito liberale di massa in Italia e una coalizione di Governo di centrodestra, creando le basi politiche per l’alternanza dell’Esecutivo. Con una decisione che spiazzò tutti, sdoganò il Movimento Sociale italiano di Gianfranco Fini da partito fuori dai giochi politici ad aggregazione politica di Governo. Seppe disinnescare le pulsioni secessioniste della Lega di Umberto Bossi, facendola diventare una realtà imprescindibile della coalizione di centrodestra.

La politica di inclusione attuata con gli alleati rese possibile la trasformazione di due partiti fortemente ideologizzati in partiti di Governo. Ex post, anche i suoi più acerrimi “nemici” lo hanno considerato uno degli statisti più importanti degli ultimi 50 anni. Il pregiudizio politico non faceva parte del suo sentire. Non so se avrebbe condiviso l’affermazione del suo successore alla guida di Forza Italia, in riferimento al fatto che gli Azzurri in Europa non si alleeranno con il partito di Marine Le Pen, con Vox e Alternative für Deutschland. Certamente, non avrebbe spostato a destra il baricentro del suo partito ma avrebbe cercato le condizioni perché gli stessi movimenti rientrassero i quei valori tipici di una democrazia occidentale, nella prospettiva concreta di modificare i rapporti di forza in una Europa governata dalla diarchia franco-tedesca.

Le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento e della governance europea sono dirimenti, affinché anche nel Vecchio Continente si possano formare coalizioni alternative per il Governo delle istituzioni europee. A tale scopo, avrebbe creato un ponte per un accordo politico centrista e riformista con il partito di Matteo Renzi. A mio avviso, considerava Renzi il suo avversario politico prediletto e vedeva nell’ex presidente del Consiglio la sua continuazione nella politica liberale e riformista. Anche se, con il suo voto a favore dell’esclusione dal Senato di Berlusconi, il politico di Rignano sull’Arno non ha avuto il coraggio di scegliere tra il giusto e l’opportunismo politico.

Silvio Berlusconi avrebbe, comunque, stipulato un accordo elettorale per le elezioni europee con l’obiettivo di determinare, anche in Europa, una maggioranza conservatrice, liberale e riformista in contrapposizione ad una politica europea governata da una innaturale coalizione tra i Popolari e la sinistra. La dimostrazione di quanto sia lontana Italia Viva dalle attuali opposizioni trova riscontro nella iniziativa della segreteria del Partito Democratico, che vuole promuovere un referendum per l’abolizione del Jobs Act. Un’ottima riforma del mercato del lavoro!


di Antonio Giuseppe Di Natale