Potere, Governo e Propaganda

giovedì 3 agosto 2023


Il potere è la capacità, di una persona, di un aggregato di individui associati in forma di partito o come era nell’era primordiale in tribù o in gruppi etnici o religiosi, di influenzare il modo di vivere, le azioni o le decisioni di altri. Esso diventa uno strumento di controllo che se utilizzato in maniera smodata e senza limiti assume la forma anche di una coercizione molto pericolosa, alle volte manifesta altre volte occulta esercitata in maniera subdola. Purtroppo è una caratteristica intrinseca ed ineludibile delle relazioni interpersonali ed appartiene alla dimensione politica dell’azione umana. È pertanto chiarificatrice l’affermazione dell’amministratore della tortura O’Brien in 1984, il romanzo distopico di George Orwell, in merito proprio al significato del potere: “Sappiamo che nessuno ha mai preso il potere con l’intenzione di abbandonarlo. Il potere non è un mezzo; è un fine. Non si stabilisce una dittatura per salvaguardare una rivoluzione; si fa la rivoluzione per stabilire la dittatura. L’oggetto della persecuzione è la persecuzione. L’oggetto della tortura è la tortura. L’oggetto del potere è il potere”.

E uno dei metodi più efficaci per mantenerlo più a lungo è l’utilizzo della propaganda che serve a manipolare l’opinione pubblica in maniera da controllarne gli umori e indirizzarne gli appetiti, non solo sotto i regimi totalitari, ma anche in quelli democratici, in cui assumono un ruolo determinante i mass media e i social network, attraverso una forma di comunicazione strategica mirata a influenzare il comportamento, le opinioni o le credenze delle persone. È costantemente utilizzata dai governi, dai partiti politici, dalle aziende private e persino dalla Chiesa Cattolica, che istituì, con Papa Gregorio XV con la bolla Inscrutabili Divinae del 22 giugno 1622, la Congregatio de Propaganda Fide, dal 5 giugno 2022 divenuta Dicastero per l’evangelizzazione, per diffondere il proprio credo.

È uno strumento potente soprattutto perché fa leva soprattutto su elementi irrazionali, ma emotivamente significativi per raggiungere i propri obiettivi. Essa non propone fatti accertati e verificati, ma interpretazioni funzionali ai propri fini di essi che possono anche essere mistificati. Potere e propaganda risultano così strettamente connessi. La seconda è funzionale a conquistare il primo e a legittimarlo, anche perché chi lo detiene ha il controllo delle risorse e dei mezzi di comunicazione, il che gli consente di divulgare la sua narrazione in modo efficace. Herbert Spencer sosteneva condivisibilmente che “la grande superstizione politica del passato era il diritto divino dei re. La grande superstizione politica del presente è il diritto divino dei parlamenti”, di cui i governi approfittano per imporre la loro volontà, creando divisioni nella società e aumentando l’ostilità verso gruppi specifici messi artificiosamente in contrapposizione.

Lo fecero le forze di sinistra negli anni Cinquanta mettendo, l’uno contro l’altro, proprietari terrieri e contadini, poi industriali e operai, e oggi dipendenti pubblici e privati o lavoratori e inoccupati con l’ex reddito di cittadinanza e le forze di una certa destra, ponendo in contrapposizione immigrati e autoctoni. Tutto con l’intento di costruirci sopra una proposta che distragga da altri fatti ben più rilevanti, come ad esempio una guerra.

L’uso della propaganda non controbilanciato da una critica diffusa e autonoma, mina però la democrazia, minaccia la libertà di pensiero e di espressione, inaridisce il dibattito pubblico e compromette la capacità degli individui di prendere decisioni informate e responsabili. Crea, inoltre, una cultura di conformità e controllo sociale, dove le persone sono indotte a seguire il pensiero dominante senza metterlo in discussione attraverso l’analisi comparativa e il dubbio. Pregiudica, altresì, la diversità di opinioni e il rispetto verso il dissenso. Per questo, ad ogni livello dalla scuola, all’università alla libera stampa è essenziale indurre alla libera critica. Inoltre, un giornalismo indipendente e attento, che si basi sulla ricerca, sulla sorveglianza intellettuale, sull’analisi di fatti accertati e verificati, è essenziale per contribuire alla custodia della democrazia, che non è la dittatura della maggioranza, ma la limitazione del potere di chi governa. Per questo affermava Thomas Jefferson, “il prezzo della libertà è un’eterna vigilanza”.

Un governo fondato sulla propaganda e non sulla politica (e nel tempo ne abbiamo visti diversi), può apparire forte e stabile all’inizio, poiché è in grado di creare un’immagine favorevole di sé, presentandosi come la soluzione a tutti i problemi della nazione, esaltando le sue realizzazioni e minimizzando i fallimenti in maniera da creare intorno a sé un’aura di successo, ma risulta in un secondo debolissimo dopo la prova dei fatti. Efficacia della propaganda è strettamente legata alla credibilità e alla sostenibilità delle narrazioni che promuove, perché quando queste cominciano a essere smentite e i cittadini iniziano ad accorgersi della discrepanza tra ciò che si spaccia per successo e ciò che realmente è il consenso inizia a erodersi rapidamente, soprattutto oggi in cui i processi sono accelerati dall’uso delle nuove tecnologie comunicative. Anche la propaganda, più potente, diventa fragile difronte alla realtà, mettendo in discussione così l’autorità del governo.

Inoltre, un dicastero che si basa solo sull’immagine di sé, che abili manipolatori hanno costruito sui social network, rischia di sviluppare una dipendenza da essa cercando così di omologarsi costantemente a quella. Ma dopo il vaglio del tribunale della realtà e perso pure l’appello, la fiducia del pubblico viene meno con un conseguente un aumento del dissenso. Intanto, perché gli individui in una democrazia avanzata come la nostra non sono spettatori passivi, ma agenti attivi della società e quando colgono il tentativo di manipolare la loro volontà la reazione si esplica in modi imprevisti: cambio di cavallo alle prime elezioni, ma anche manifestazioni di protesta et similia. Poi, il tempo può rivelarsi un nemico ben più ostico di quanto si pensi. Infatti, man mano che passa le promesse non mantenute (o peggio non realizzabili fin dal principio) rendono palesi le contraddizioni tra propaganda e realtà e la prima perde il suo impatto difronte alla seconda dissipando la sua capacità di influenzare opinioni.

Inoltre, se un governo inizia a rinviare ogni decisione cruciale corre il serio rischio di indebolirsi perché i problemi possono peggiorare, le sfide diventano ancora più complesse da affrontare e si perdono le opportunità che si presentano. Diventa così palese che ritardare le decisioni difficili potrebbe essere un tentativo di eludere responsabilità o di evitare conflitti istituzionali o sociali, a cui però i leader non possono derogare, se sono tali. La capacità di prendere decisioni tempestive e ponderate è essenziale per un governo che desidera essere efficace e rispondere alle sfide e alle esigenze della contemporaneità. Se esso non è in grado di prendere decisioni chiare e decisive allora c’è la possibilità concreta di aprire la strada persino a divisioni all’interno dell’esecutivo stesso, con membri della coalizione o dei partiti di governo che iniziano a dividersi su questioni fondamentali, rendendo difficile una linea politica coerente e coesa. Per non parlare della perdita di fiducia nelle istituzioni e nella capacità di rappresentare e di proteggere gli interessi degli elettori.

Questioni capitali come la politica fiscale, le riforme economiche e della giustizia o gli investimenti infrastrutturali ignorate o procrastinate, rischiano di compromettere la pace sociale, la coesione nazionale, la crescita economica e la stabilità finanziaria. In fin dei conti, chi sceglie una coalizione di governo vuole che si affrontino le problematiche che investono la sua vita con la Politica, che è la cura della Polis attraverso l’uso del potere pubblico come mezzo e non come fine, e non con la propaganda che, invece, molto spesso nega o camuffa l’impreparazione di chi si propone come cura e purtroppo è solo uno dei mali che affliggono le nostre moderne democrazie occidentali: la demagogia. Basterebbe solo qualche briciolo di umiltà in più per comprendere che gli individui sono spesso più avanti di quanto si pensi e guardano con un superiore distacco gli attori che si agitano in questo piccolo teatro di borgata, come si evince dal calo progressivo e costante dei votanti, e alla propaganda preferiscono l’informazione libera e indipendente per farsi da soli la propria autosovrana opinione.


di Antonino Sala