Terzo polo: D’Amato sceglie Calenda e Bellanova il centrosinistra

lunedì 17 luglio 2023


Il Terzo polo vive una fase estremamente fluida. Il fermento è palpabile all’interno dei due partiti che avrebbero dovuto costituire il partito del fu centro riformista. Da una parte, Azione di Carlo Calenda “incassa” l’ingresso dell’ex assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato, dopo l’abbandono del Pd targato Elly Schlein. Dall’altra parte, quella di Italia viva, Teresa Bellanova, ex ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali del Governo Conte II, ricorda al fondatore Matteo Renzi, la collocazione del partito “nel centrosinistra”. Ma andiamo con ordine. Il caso D’Amato ha destato clamore tra i dem. Perché si tratta di un ex zingarettiano che non ha accettato lo spostamento a sinistra che Elly Schlein ha imposto al partito. D’Amato rimprovera alla segretaria l’addio addio al riformismo e un’attenzione esclusiva ai diritti Lgbtq+. La linea della politica della leader dem ha provocato una serie di addii in poche settimane. Sono andati via numerosi centristi scontenti: da Andrea Marcucci a Giuseppe Fioroni, da Caterina Chinnici a Enrico Borghi, fino a Carlo Cottarelli. Stamattina è stato ufficializzato l’addio di D’Amato, candidato presidente di Pd e Terzo polo alle ultime Regionali nel Lazio. “Siamo felici di dare il benvenuto ad Alessio D’Amato”, ha esultato Calenda, in una conferenza stampa a Palazzo Madama. “Alessio è un esempio di buona amministrazione oltre che l’autore della migliore campagna vaccinale mai fatta in Italia”. Dal canto suo, D’Amato ha sottolineato che l’ingresso in Azione ha l’obiettivo di “rafforzare il fronte riformista”. Di più: “Avverto l’esigenza di un linguaggio chiaro e concreto. Pragmatismo e concretezza che ho cercato di mostrare durante il contrasto alla pandemia perché la politica deve distinguersi per la concretezza delle proposte. Il termovalorizzatore va fatto, punto. Chi ha ancora remore e dubbi è ingiustificabile”. Non è mancato l’affondo nei confronti della segretaria: “Come ricorderete, ho criticato la posizione quasi subalterna da parte del Pd rispetto al M5s. Da allora non ho ricevuto risposte dalla segreteria nazionale del partito, che evidentemente non ha ritenuto la mia critica degna di nota”. Nel corso del suo intervento, D’Amato ha rimarcato che nel Pd sono in molti a condividere il suo pensieri: “Dai messaggi che ricevo dico che sono tanti. È chiaro che non è facile ma io penso che nei prossimi mesi ci saranno altre scelte come la mia. Non significa essere in contrapposizione, significa lavorare nel campo del centrosinistra ma rafforzando il profilo riformista”.

La situazione di Italia viva è paradossale. Mente l’ex premier Renzi strizza l’occhio a Forza Italia, Ettore Rosato ed Elena Bonetti sono per dati partenti verso la formazione politica fondata da Silvio Berlusconi. Ma a sparigliare la vocazione conservatrice, ci pensa Teresa Bellanova. In un’intervista a Qn, l’ex sindacalista della Cgil, fa riferimento al percorso congressuale “come quello che stiamo vivendo. L’importante non è parlare solo di nomenklatura e di assetti dirigenziali del partito, ma cercare di non allontanare in tanti militanti che credono in un processo riformista”. Bellanova sostiene di lavorare per la “ramificazione di un partito all’interno di una comunità fatta di persone che credono in un progetto politico che dal congresso ci porterà verso le elezioni europee, un appuntamento dove ogni partito peserà la sua forza e noi ci dobbiamo arrivare preparati”. In Italia Viva “non sono tanti i dirigenti del partito da scegliere quanto il perimetro politico in cui si intende agire che è importante decidere”, spiega.

“Credo non ci siano dubbi sulla nostra collocazione nel centrosinistra, per proseguire il nostro percorso politico chiaro anche davanti all’elettorato che fino a oggi ci ha sempre sostenuto. Le ipotetiche sirene del centrodestra non ci attraggono”. Rispetto a possibili arrivi da Forza Italia “l’accoglienza è da sempre la nostra cifra, ben vengano nuovi arrivi, ma sia chiaro che la nostra collocazione resta il centrosinistra e l’area riformista”. Per quanto riguarda il dialogo con Azione di Carlo Calenda, “io ho creduto che si potesse fare una lista unitaria alle Europee, ma una lista non può comunque diventare un processo politico di sintesi che ha necessariamente tempi più lunghi”. Sul salario minimo, “la destra, chiudendo il confronto, ha senz’altro commesso un errore” però secondo l’ex ministra non è quella la soluzione, “perché non solo non risolve i problemi di chi guadagna poco, ma può mettere in discussione anche i salari più alti: mettere per legge una base di partenza di paga oraria potrebbe convincere molte aziende a uscire dalla contrattazione collettiva”.


di Manlio Fusani