martedì 27 giugno 2023
Il dopo Berlusconi è già iniziato. Chi è in grado di utilizzare la comunicazione efficacemente con un linguaggio che si avvicina al popolo, di costruire consenso e un progetto unitario, se vorrà, di partito di centrodestra per il Paese, e l’alleanza fra popolari e conservatori in Europa, sembra essere Giorgia Meloni.
C’è chi ha conosciuto bene entrambi, come il professor Rocco Buttiglione, due volte ministro durante due dei governi presieduti da Silvio Berlusconi, e osserva l’attuale premier sin da quando giovanissima approdava alla politica, e può chiarire lo spessore dell’uomo e della donna, ma anche darci un’idea di cosa potrebbe accadere da oggi in poi, sulla scena nazionale ed europea.
Il berlusconismo sopravviverà a Berlusconi. Nonostante le polemiche, tutti unanimi nel riconoscergli di aver impostato per primo la leaderizzazione nei partiti di centrodestra e cambiato culturalmente l’Italia. Diverse generazioni non hanno mai visto il Paese senza di lui. Cosa ne pensa?
Non c’è stato un solo Berlusconi, ce ne sono stati tanti. Mi ricordo il Berlusconi giovane, quello degli anni Settanta. Era un uomo molto generoso, che ha fatto tanto e che, questo in tanti non lo sanno, ha sostenuto tante opere di carità, tante opere culturali ed aveva desiderio di bene per il Paese. Mi ricordo poi il Berlusconi della prima fase del suo intervento nella politica italiana. Già fra i primi due suoi governi, passava il tempo con alcuni dei migliori intellettuali italiani a parlare delle grandi riforme di cui il Paese aveva bisogno, ma che non è riuscito a fare. Non è stato un cattivo governo il suo, il debito pubblico non è cresciuto, anzi è diminuito, l’occupazione è aumentata e alcune riforme importanti sono state fatte. Bisognerebbe avere la capacità di mettere da parte l’acrimonia.
Fare le grandi riforme avrebbe scontentato tante, troppe persone e Berlusconi ci teneva ad essere benvoluto da tutti. Ma non si può dire si sia mai sottratto alle sfide o che si sia fatto sopraffare dalle sconfitte. Questo forse ha innervosito gli avversari.
Proprio questo mostra il fallimento del disegno di Berlusconi, un disegno originario che io ho condiviso, che era quello di creare in Italia una democrazia dell’alternanza e il cosiddetto bipolarismo. Con una naturale successione: chi vince le elezioni governa. Questo disegno aveva delle condizioni e un elevato livello di rispetto reciproco fra le parti: hanno vinto i miei avversari, governeranno male ma non metteranno in pericolo la democrazia e la gente capirà gli errori commessi, così la prossima volta governerò io. Così si ragiona in un sistema bipolare. Ma se invece la vittoria dell’altro è vista come un’usurpazione del protagonismo, come un pericolo per la democrazia o come la restaurazione del fascismo come anche del comunismo, allora il bipolarismo non può funzionare. Diventa essenziale vincere a tutti i costi, anche andando a raccattare i voti dei disperati che in cambio ti chiedono cose che non dovresti dargli. E così il bipolarismo italiano è partito male per colpa di Berlusconi e per colpa degli anti-berlusconiani.
Forse alcune menti pensanti ed elevate di sinistra non la vedevano così, addebitando sapientemente a Berlusconi l’incapacità di governare e alimentando quest’idea. Con l’antiberlusconismo si sono fatti conoscere e ci hanno campato in tanti, dai giornalisti ai magistrati.
In ogni caso hanno affossato la possibilità di una riforma bipolare in Italia, che avrebbe reso più efficiente il sistema politico italiano. Berlusconi è entrato in politica per salvare il suo patrimonio che sentiva minacciato, ma anche con un disegno di bene per l’Italia. Più l’aggressione è diventata forte, più il disegno di bene per l’Italia è andato indietro rispetto alla necessità di difendere il proprio patrimonio ed anche la propria libertà personale, perché c'è stata un’offensiva giudiziaria che non fa onore alla magistratura italiana.
La magistratura deve indagare sulle notizie di reato, non deve prendere una persona e passarla ai raggi X alla ricerca dei reati che possa eventualmente avere commesso. Berlusconi è stato indagato su tutto, qualsiasi cosa, ma lo hanno trovato colpevole una volta, per un reato importante di evasione fiscale, molto diverso da quelli che gli hanno imputato, come il concorso di associazione con la mafia. Non si può non dire che altri, che sicuramente hanno commesso reati molto più gravi, che hanno esportato all’estero denari per miliardi di euro, in anni in cui contemporaneamente prendevano sussidi di Stato per mantenere aperte le loro fabbriche, non continuino ad essere venerati come grandi principi rinascimentali dell’Italia.
Un signore potentissimo, che ha governato a lungo e che ama la barca a vela, uno dei protagonisti dello scandalo denominato “Affittopoli” del 1995 per un appartamento nel centro storico di Roma che pagava pochi spiccioli, sembra stesse commerciando nella compravendita di navi e aerei con la Colombia, per cui insieme ad altri indagati, gli viene contestato il reato di corruzione internazionale aggravata per aver agito con l’aiuto di un gruppo criminale organizzato attivo in molte parti del mondo. Se l’avesse fatto Berlusconi sarebbe caduto il cielo?
Non penso che Massimo D’Alema sia il peggio, c’è molto peggio. Berlusconi ha commesso l’errore di difendersi in un modo feroce e brutale usando gli stessi mezzi, e questo comunque ha portato al fallimento del bipolarismo. Si entra in politica pieno di alti ideali e poi si finisce col fare politica per vendetta, per difesa. La politica è un meccanismo terribile.
L’altra cosa che Berlusconi non ha capito è che ci voleva un periodo di governo insieme per dettare le regole della nuova Italia, perché questo accanimento nasce da un fatto: pochi pensavano che se avesse vinto Berlusconi ci sarebbe stata la restaurazione del fascismo e pochi pensavano dal lato berlusconiano che la vittoria della sinistra avrebbe portato al comunismo in Italia. Però in Italia i confini tra economia e politica sono labili, ci sono centinaia di migliaia di persone che sanno che le loro prospettive di carriera dipendono dal successo di una parte politica. Allora era necessario un periodo per separare nettamente l’economia dalla politica, per sostituire l’economia alla meritocrazia e al gioco del mercato e poi separarsi. L’aver governato insieme avrebbe legittimato reciprocamente i due schieramenti. È passata invece l’idea dell’inciucio, un’ossessione, e questo ha reso instabile il sistema. In conclusione, la grande riforma è ancora da fare. L’eredità che Berlusconi lascia è di fare le grandi riforme.
Giorgia Meloni sembra adatta a raccogliere questa eredità. Dopo una presenza così ingombrante, poliedrica, difficilmente si può trovare un suo pari. Intanto cresce anche l’indice di gradimento della premier nel web, i suoi followers in pochi giorni sono aumentati di un milione. Forse per Forza Italia ci vorrebbe una figura grigia inizialmente, per poi poter passare a qualcos’altro?
Vedremo, Berlusconi non ha fatto un partito, la Meloni forse lo sta facendo. Mi sembra inevitabile che nel centrodestra ci siano spinte a costruire di nuovo quello che è un pilastro del sistema politico italiano: il grande partito dei moderati. Certo, questo è chiedere a Meloni di spostarsi verso il centro, ma è quello che è successo anche in Spagna, quando hanno fondato il partito popolare spagnolo. Serve però anche l’altro pilastro a sinistra, e lì la vedo più difficile.
Michele Emiliano ha detto: “I partiti non hanno più la scusa della sua presenza non c’è nessuno che ci unisca più sui no”. È interessante questa frase del presidente della Regione Puglia.
A meno che non si inventino qualcuno di nuovo che unisca sui no. Io la condivido, perché in Italia non c’è più politica, non c’è più dialogo, non si discute più su cos’è bene per il Paese. Abbiamo avuto anni nei quali l’opposizione di destra o di sinistra, tutti quanti a suo tempo, non erano preoccupate di migliorare i provvedimenti del governo e di aspettare le nuove elezioni per dire le loro ragioni, erano preoccupati di impedire al governo di governare. Una interpretazione scriteriata dei regolamenti parlamentari mal congegnati, che hanno dato alle opposizioni forti poteri di veto, per impedire al governo di poter effettivamente governare. Questo ha creato un sistema in cui di riforme se ne vedono poche, di effettiva azione di governo se ne vede poca.
Chissà come la prenderebbe la classe dirigente della Meloni se decidesse di fare un partito unico.
Indubbiamente è un problema, però forse non è un problema insolubile. Bisognerebbe capire che viene un tempo in cui in politica hai dato quello che potevi e dare inizio ad una fase nuova in cui servono altri. È difficile, però è possibile.
Giorgia Meloni in Europa sta facendo molto bene, sembra essere molto apprezzata. Da tempo non collezionavamo una serie di belle figure così.
Ho sempre detto di non andare a dire che dobbiamo andarcene dall’Europa, se ce ne andassimo dove andremmo, in Africa? Siamo europei e bisogna dire semmai che questa Europa non ci piace, che vogliamo più Europa e non meno Europa, e che vogliamo un’Europa migliore. Perché la grande spinta europeista degli anni Novanta è stata sconfitta. L’Europa del Trattato di Lisbona non ha costruito un popolo europeo. Senza popolo europeo non c’è una democrazia europea, non c’è una politica europea. Nella incapacità di costituirsi come popolo (come fai a costituirti come popolo se non riconosci radici culturali comuni, valori comuni: cristiani, giudeo cristiani, giudeo cristiani e greco-latini; anche l’Illuminismo perché no, che è secolarizzazione di valori cristiani) se non ti riconosci in valori comuni come fai a essere un popolo. Allora non essendo un popolo non puoi decidere politicamente.
Il Trattato di Lisbona è il tentativo di montare una burocrazia che prevede in anticipo tutto quello che può succedere e lo regola. Poi arrivano cose impreviste. La burocrazia serve per regolamentare i fenomeni ripetitivi, che succedono in modo analogo più volte. Davanti ai fenomeni nuovi la burocrazia è impotente, lì ci vuole la decisione politica. Quando arrivano i fenomeni nuovi come la crisi finanziaria del 2008, poi la crisi del Covid, poi la guerra in Ucraina, e si annuncia un’altra grande crisi che è quella dello scontro con i grandi poteri sovranazionali delle multinazionali dell’informazione, allora lì ti rendi conto che la burocrazia non basta. Avresti bisogno di un luogo di decisione politica. Giorgia Meloni ha seguito un poco questa linea qui, quella del non vogliamo andarcene dall’Europa ma vogliamo un’Europa migliore e ha capito una cosa banale, che in Europa se batti i pugni sul tavolo ti fai male alla mano ma non rompi il tavolo. Sei un’azionista che ha l’11 per cento delle azioni, ma con quelle non puoi comandare. Non conti niente? Certo che conti, ma devi saper giocare il tuo peso.
Quando Macron e Scholz hanno trattato direttamente con Zelensky prendendo impegni a nome dell’Europa, la Meloni ha avuto una gestione eccellente, perché nel luogo opportuno, nel Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo, lei ha detto che il luogo in cui si decide e si prendono impegni era quello, diversamente nessuno ha il diritto di prendere impegni a nome dell’Europa. Chi ha il diritto di prendere degli impegni siamo noi tutti assieme, così ha messo in minoranza Francia e Germania. Anche Ursula von der Leyen è stata con lei.
In Europa bisogna tessere alleanze, l’11 per cento è tanto se è il punto di partenza per aggregare altri. Se invece è il punto di una rivendicazione egoista non serve a niente. Per aggregare altri serve un progetto in cui anche altri stanno comodi, non devi rivendicare i tuoi diritti contro tutti. Devi creare un progetto che è più equilibrato e più convincente di quello che forse propone la Germania, e puoi vincere contro la Germania, ma bisogna lavorare tanto. Devo dire che mi sembra che la premier si sia costruita un’equipe che funziona. Poi il futuro è delle mani di Dio, speriamo che continui bene, ma non ne sono affatto sicuro.
Se dovesse vincere la destra in Spagna come si delineerebbe la situazione in Europa?
Si delineerebbe un nuovo equilibrio europeo. I sistemi di votazione europei sono molto complicati e difficili da spiegare, conta molto il numero di abitanti dei singoli Paesi: la Spagna ha 42 milioni di abitanti, l’Italia 60 e fanno 100, la Polonia altri 40 e fanno 140; dando cifre molto approssimative, l’Ungheria ne ha 10 e fanno 150, l’Austria altri 10 e siamo a 160. La Svezia ne ha 10 e fa 170 e anche la Finlandia altri 10, così si arriva a 180. È più di una minoranza di blocco. Quindi bisogna trattare e non dimentichiamo che non sappiamo come andranno le prossime elezioni in Olanda, lì è emersa una realtà nuova, il partito dei contadini che ha preso il 20 per cento dei voti, quindi gli equilibri politici tradizionali sono sicuramente scossi, e bisogna vedere come andranno le prossime elezioni in Germania, dove Cdu è nettamente in testa rispetto al partito socialista.
Quindi i socialisti potrebbero rimanere fuori?
Sicuramente l’alleanza socialisti-democristiani non sarà in grado di governare l’Europa di domani. Potrebbero tentare di allargare questa maggioranza imbarcando la sinistra, ma potrebbero anche puntare verso un sistema più bipolare, se si forma contemporaneamente in Europa una destra pulita, una destra con cui il centro si può alleare. Una destra pulita significa che isoli i fascisti di Afd (Alternative fur Deutschland) e magari anche Marine Le Pen, che non sembra disposta a rinunciare all’alleanza con la Afd. In questo la Meloni potrebbe giocare un ruolo importante, perché perno di una destra pulita fatta solo di conservatori e di riformisti di cui è il presidente. Se riuscisse a portare la Lega dentro con i conservatori e i riformisti, sarebbe un grosso passo avanti.
di Vanessa Seffer