Luci e ombre dei nuovi accordi in esecuzione di Piani attestati di risanamento

mercoledì 21 giugno 2023


Il decreto legislativo numero 83 del 17 giugno del 2022 ha riformato radicalmente il Codice fallimentare, sostituendolo con il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Il suddetto codice (nel prosieguo, anche Ccii) ha modificato anche la terminologia inerente, utilizzando il significante liquidazione in luogo di fallimento. Inoltre, sono stati introdotti diversi istituti, di natura negoziale e stragiudiziale, alternativi alla liquidazione giudiziale.

Nel Ccii, attuando i principi della direttiva Ue numero 1023/2019, cosiddetta “Insolvency”, al Titolo IV è stata inserita la nuova rubrica “Strumenti di regolazione della crisi” e nello specifico, all’interno del I capo (dedicato agli “Accordi”), è stata introdotta la prima sezione costituita dall’articolo 56 con il titolo di “Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento”. Il concetto di “Accordi” va interpretato come atto unilaterale, rivolto al ceto creditorio, che ha la facoltà di esprimere il proprio consenso e non il diritto di approvarlo. Grazie al succitato atto unilaterale, l’impresa ripianifica la propria attività aziendale da un punto di vista economico e patrimoniale, proponendo una strategia idonea a riequilibrare l’assetto finanziario dell’impresa.

Da un excursus storico dell’istituto giuridico in oggetto emerge che il Piano attestato di risanamento (nel prosieguo, anche Piano) non presentava un’esplicita definizione nella vecchia legge fallimentare, ma era semplicemente disciplinato in modo incidentale nei suoi effetti, in particolare in riferimento all’esenzione dall’azione revocatoria.

Il Piano in oggetto, da un punto di vista prettamente pratico, può essere considerato una sorta di business plan, il cui scopo è quello di individuare e pianificare una serie di interventi correttivi finalizzati a ottenere il risanamento dell’impresa, consistenti principalmente nel riequilibrio sia patrimoniale, sia economico e sia del rispristino della marginalità positiva della produzione imprenditoriale

L’articolo 56, comma 1, del Ccii prevede che l’imprenditore, assoggettabile alla liquidazione giudiziale, possa presentare un piano di risanamento rivolto ai creditori, in cui venga illustrata l’idoneità dello stesso a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa. Invero, il nuovo Ccii introduce una significativa novità inerente all’Istituto in oggetto, ovvero sono state definite la sua forma e la sua sostanza, mettendo gli operatori di settore nelle condizioni di conoscere precisamente le indicazioni di tutto ciò che concerne il contenuto analitico minimo del piano.

Riguardo al Piano il Ccii prevede che sia necessario allegare una relazione di attestazione inerente alla veridicità dei dati aziendali e all’idoneità dello stesso, per risanare l’esposizione debitoria e garantire il riequilibrio della situazione finanziaria dell’impresa. In sostanza, il ricorso al Piano attestato di risanamento è più opportuno per quelle imprese che si trovano in uno stato economico non ancora in grave crisi e quindi non ancora insolvente, altrimenti sarebbe più giusto ricorrere ad altri strumenti di regolazione della crisi, come gli accordi di ristrutturazione dei debiti o il concordato preventivo, grazie ai loro effetti protettivi, di cui invece il piano attestato di risanamento è privo. Invero, attraverso il ricorso all’istituto della composizione negoziata, sebbene esso debba essere sottoscritto dall’esperto negoziatore, si possono ottenere gli stessi effetti giuridici del Piano attestato di risanamento in relazione alla regolazione della crisi e dell’insolvenza.

Da quanto finora esposto, si evince che il Piano attestato di risanamento è un istituto giuridico di natura stragiudiziale e non concorsuale, come è stato ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità nella sentenza numero 9087 del 2018, in cui viene affermato che “il piano attestato di risanamento ex articolo 67 legge fallimentare non è una procedura concorsuale, ma rientra nell’amplissimo genere delle convenzioni stragiudiziali, mancando di qualsivoglia intervento giudiziale (sia esso di valutazione o di controllo) e della partecipazione necessaria del ceto creditorio, essendo piuttosto frutto di una decisione dell’impresa, come attinente alla programmazione della propria futura attività e intesa al risanamento della relativa situazione finanziaria che nella sua tradizione operativa, poi, viene ad avvalersi dell’attività contrattuale di un professionista indipendente, per la funzione di attestatore, che può anche comportare, nel caso, la conclusione di convenzioni con i creditori o terzi in genere, come conferma la possibilità di scelta di pubblicarlo o meno nel registro delle imprese a mente dell’ultimo periodo dell’articolo 67, comma 3, lettera d), che di per sé rappresenta una scelta dell’autonomia d’impresa”.

Questo indurrà gli advisor delle società in uno stato di crisi a rispettare le linee guida previste dal Ccii riguardo all’applicazione del Piano attestato di risanamento, anche e soprattutto in relazione alla conservazione del beneficio per l’imprenditore in crisi della esenzione dall’azione revocatoria, nel caso che l’impresa fosse oggetto di una liquidazione giudiziale. Ciò conferma che con la nuova disciplina introdotta dal Ccii si è voluto valorizzare all’interno della stesura del Piano attestato di risanamento la centralità della sostenibilità delle attività proposte e la imprescindibile disposizione di nuove risorse finanziarie, come informazioni fondamentali per confermare la fattibilità del Piano stesso, in quanto funzionali al risanamento dell’equilibrio tanto patrimoniale quanto economico-finanziario dell’impresa in stato di crisi o d’insolvenza.

Difatti, l’articolo 56 del Ccii prevede che il Piano attestato di risanamento debba avere una data certa e una forma scritta, con un contenuto analitico, dove gli atti unilaterali o i contratti esecutivi devono essere rigorosamente provati per iscritto, riportando una data certa. Inoltre, al secondo comma, l’articolo 56 del Ccii, stabilisce anche che nel Piano attestato di risanamento deve essere menzionata la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa, le principali cause che hanno generato la crisi e devono essere previste delle strategie d’intervento, nonché i tempi necessari per garantire la stabilizzazione della situazione finanziaria. L’indicazione dei creditori e del totale dei crediti a cui si riferisce la rinegoziazione, insieme allo stato delle eventuali trattative, sono altri aspetti che secondo la nuova normativa non possono essere omessi nella redazione del piano.

Inoltre, un elemento altrettanto fondamentale che deve essere citato è l’apporto di nuove risorse finanziarie. In finale, devono essere citati i tempi delle attività da compiersi, in modo tale da poter monitorare la loro realizzazione, prevedendo gli strumenti da utilizzare nell’eventuale allontanamento dagli obiettivi prefissati a causa dell’improduttività degli atti compiuti per il risanamento dell’impresa.

All’articolo 39 del Ccii è previsto che l’imprenditore alleghi determinati documenti inerenti alla sua impresa circa il Piano attestato di risanamento, quali le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi concernenti i 3 esercizi o anni precedenti o lo storico dell’intera esistenza dell’attività (qualora essa avesse avuto una durata minore), i bilanci relativi agli ultimi 3 esercizi, la relazione aggiornata sulla situazione economica (patrimoniale e finanziaria), lo stato particolareggiato ed estimativo delle attività imprenditoriali, l’elenco nominativo dei creditori (con i rispettivi crediti vantati e le eventuali cause di prelazione), l’elenco dei nominativi dei creditori che vantino diritti reali e personali su cose in possesso dell’impresa (con l’indicazione delle cose stesse e dei titoli da cui sorge il diritto vantato), l’idonea certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi e in finale, una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione eseguiti nei 5 anni precedenti. Invero, approfondendo l’analisi normativa del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, dalla lettera o del secondo comma dell’articolo 2 emerge la conferma legislativa della presenza di un professionista indipendente, che svolga la funzione di attestare la veridicità dei dati aziendali, nonché la fattibile declinazione del Piano sia da un punto di vista economico che giuridico.

Riguardo alla figura dell’attestatore, è importante rilevare che sorge una problematica similare a quella riguardante gli organi di controllo, ossia quella della sua indipendenza soggettiva che non può essere realmente verificata o controllata da un organo esterno all’impresa. Pertanto, l’indipendenza dell’attestatore, il quale deve esercitare il proprio ruolo di garanzia in una posizione di terzietà nei confronti della società, si fonda su un requisito etico-soggettivo difficilmente monitorabile dall’esterno.

L’attività di analisi svolta dall’esperto deve essere esaustiva e declinata con professionalità e con la diligenza opportuna, come prevede l’articolo 2407 del Codice civile. La veridicità dell’attestazione rappresenta un documento di fondamentale importanza, affinché l’impresa in crisi abbia diritto all’esenzione dalle azioni revocatorie di tutti quegli atti compiuti in esecuzione del Piano attestato di risanamento, in caso di liquidazione giudiziale. Con l’entrata in vigore del nuovo Ccii, i poteri di analisi e di valutazione del Piano in oggetto da parte dell’attestatore sono aumentati, perché oltre a riguardare la fattibilità economica del Piano, monitorano anche la fattibilità dello stesso in rapporto alla normativa vigente. Quindi, l’esperto professionista in questione, oltre a sindacare sull’adeguatezza delle risorse finanziarie da investire per risolvere l’esposizione debitoria, enucleando con un’accurata illustrazione descrittiva la fattibilità di ciò, dovrà anche esercitare un sindacato sulla fattibilità giuridica del piano.

Invero, è proprio questa ultima funzione dell’attestatore a rappresentare un aspetto critico del nuovo Ccii, visto che dalla normativa vigente non è prevista una sua competenza giuridica specifica e ciò indurrà il suddetto professionista a rivolgersi ad esperti legali per ricevere opportune consulenze sulla fattibilità giuridica del piano.

Riguardo ai requisiti richiesti per svolgere il suo ruolo, l’articolo 2 del Ccii stabilisce che l’attestatore, oltre a essere iscritto all’albo dei gestori della crisi e dell’insolvenza delle imprese e nel registro dei revisori legali, deve possedere i requisiti previsti all’articolo 2399 del Codice civile e non avere alcun legame familiare o professionale e neanche qualsiasi altro conflitto d’interesse con l’impresa in crisi.

Da un punto di vista tributario, nel nuovo Ccii è prevista la possibilità di ricevere dei benefici fiscali, in riferimento all’articolo 88 del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi) che norma il trattamento fiscale riservato alle sopravvenienze attive nascenti dalla diminuzione dell’esposizione debitoria, mediante un piano attestato di risanamento o un accordo di ristrutturazione dei debiti. La suesposta agevolazione fiscale sorge in conseguenza della facoltà da parte dell’imprenditore debitore di pubblicare il piano attestato di risanamento nel registro delle imprese. Infatti, ciò, sebbene comporti una diminuzione della propria riservatezza, determina il beneficio di ottenere delle agevolazioni fiscali. Inoltre, l’articolo 101, III comma, del Tuir prevede che il debitore possa dedurre la perdita sui crediti, qualora egli sia ricorso al piano attestato di risanamento.

Dopo avere delineato gli aspetti generici e normativi dell’istituto del Piano, bisogna analizzare nello specifico i suoi presupposti oggettivi e soggettivi. Riguardo al presupposto oggettivo, per formulare e fruire di un Piano attestato di risanamento, l’impresa non può non trovarsi in uno stato di crisi o di insolvenza secondo come specificato alla lettera a) ed alla lettera b) dell’articolo 2 del Ccii. Nel caso che un’impresa si trovi in uno stato di insolvenza, sarà necessario che una risorsa finanziaria esterna intervenga nel risanamento, la quale però, secondo quanto stabilito all’articolo 56 del Ccii sarà esente dal beneficio della garanzia della pre-deduzione, che invece risulta prevista per le ipotesi degli accordi di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo.

L’obiettivo del Piano attestato di risanamento risiede esclusivamente nel risanamento aziendale e nella conservazione della continuità dell’impresa, tanto da potere escludere in modo assoluto che esso possa essere funzionale ad alcuna liquidazione giudiziale. L’unico scopo del Piano attestato di risanamento previsto dalla normativa in oggetto è il ripristino dell’equilibrio economico-finanziario finalizzato alla continuazione dell’attività aziendale tramite il suo risanamento, il quale non può prescindere dalla riduzione dell’esposizione debitoria aziendale, riequilibrando l’assetto finanziario dell’impresa.

Invece, per quanto riguarda il presupposto soggettivo, si evince che l’imprenditore deve essere assoggettabile alla liquidazione giudiziale, perché se il primo obiettivo del Piano attestato di risanamento è caratterizzato dal risanamento dell’impresa, l’obiettivo successivo ed eventuale resta quello di ottenere l’esenzione dall’azione revocatoria, qualora il piano in oggetto avesse un esito negativo e di conseguenza subentrasse la liquidazione giudiziale.

Da un’attenta analisi delle riforme normative introdotte, con l’entrata in vigore del Ccii emergono dei vuoti legislativi inerenti alla durata del Piano attestato di risanamento, perché in realtà, non è normato alcun termine massimo temporale entro il quale debba realizzarsi, sebbene al comma secondo dell’articolo 56 del Ccii (come precedentemente esposto) si preveda l’indicazione dei tempi, entro i quali andrebbero svolte le attività per la declinazione del suddetto piano.

Un’altra mancanza legislativa alquanto esecrabile è rappresentata dall’assordante silenzio che il legislatore ha dimostrato nel disciplinare la gestione dei crediti sorti in esecuzione del Piano attestato di risanamento, i quali sono esclusi da qualsiasi diritto di pre-deduzione, nel caso di subentro della liquidazione giudiziale. Pertanto, per una completa rigenerazione del Piano attestato di risanamento sarebbe stato opportuno che il legislatore avesse considerato prededucibile la natura dei crediti subentrati per il finanziamento dell’impresa.

Un aspetto innovativo della normativa che disciplina il piano attestato di risanamento è la previsione all’articolo 4 del Ccii dei principi dei doveri di informazione e di correttezza, nonché di buona fede, su cui devono fondarsi le condotte del debitore e dei creditori, quando essi ricorrono agli strumenti di regolazione della crisi, come il piano in oggetto. In particolare, per il debitore è previsto il rispetto dell’obbligo di trasparenza, tempestività e prudenza, mentre per il creditore è cogente il rispetto della riservatezza, della collaborazione e della lealtà, per il raggiungimento dell’obiettivo (comune a entrambi), di risolvere positivamente lo stato di crisi aziendale e di trovare la soluzione migliore in caso d’insolvenza.

L’articolo 166, al comma 3, lettera d) del Ccii non fa altro che proseguire il percorso normativo intrapreso con quanto previsto nell’articolo 67 della legge fallimentare, secondo il quale gli atti, i pagamenti, nonché le garanzie riconosciute ai beni del debitore, oggetto dell’esecuzione del Piano attestato di risanamento non sono soggetti all’azione di revocatoria. La condicio sine qua non perché possa sussistere tale beneficio è che l’iniziativa di risanamento sia seria, intrapresa senza che sia stato compiuto alcun atto doloso o gravemente colposo, sia da parte del professionista attestatore che da parte del debitore (con la complicità del creditore) e senza che emerga l’inconfutabile irrealizzabilità del piano proposto.

Alla luce delle innovative modifiche introdotte nel Ccii, grazie alla disposizione finale dell’articolo 166 e più precisamente alla lettera d) del terzo comma, viene risolto definitivamente un annoso contrasto giurisprudenziale, stabilendo che l’esenzione dall’azione revocatoria riguarda non solo quella fallimentare, ma anche quella ordinaria. Proprio il succitato aspetto determina la rilevanza dell’istituto del Piano attestato di risanamento, in una prospettiva liquidatoria, con la sua analisi ex post in funzione della conferma dell’esenzione suddetta. Pertanto, in caso di subentro della fase di liquidazione giudiziale (ex fallimento) verrà valutata e verificata la validità del Piano proposto e dell’attestazione compiuta dall’esperto professionista, verificando se concretamente saranno funzionali a produrre gli effetti che l’ordinamento prevede.

Con questi dati, da un lato il curatore analizzerà i presupposti per esercitare l’azione revocatoria e dall’altro lato il Tribunale verificherà la tenuta esentiva del Piano attestato di risanamento, diventando in tal modo proprio il giudizio di revocatoria l’esame fondamentale per compiere un accurato controllo da parte del giudice.

La chiave di lettura per comprendere la validità del Piano proposto sarà il giudizio ex ante sulla sua manifesta attitudine alla risoluzione della crisi, in sostanza, sarà una sorta di valutazione sulla “manifesta idoneità” ab origine. Infatti, pure nel caso di esito negativo del piano, se si dimostrerà che ciò sarà dipeso dal sopravvenire di circostanze imprevedibili, il Giudice in presenza di una inconfutabile manifesta idoneità non potrà non consentire il beneficio dell’esenzione da revocatoria. Comunque sia, il riferimento normativo per verificare la mancanza di una manifesta inattitudine del Piano attestato di risanamento, rendendo lo stesso di conseguenza idoneo a beneficiare dell’esenzione da revocatoria, è imprescindibilmente il nuovo articolo 56 del Codice della crisi d’impresa e dell’Insolvenza.

Un’altra fondamentale novità del Ccii è caratterizzata dagli effetti premiali consistenti nell’esenzione dalla responsabilità penale in riferimento a due fattispecie di reato, quale quella della bancarotta preferenziale e quella riguardante la bancarotta semplice. Pertanto, un Piano attestato di risanamento, con manifesta idoneità a determinare il risanamento dell’impresa, in riferimento ai pagamenti e alle operazioni compiute nella sua esecuzione, secondo quanto previsto dall’art. 324 del Ccii, consentirà l’esclusione dell’applicabilità sia dell’articolo 322, comma 3, del Ccii, inerente all’illecito della bancarotta preferenziale e sia dell’articolo 323 del Ccii riguardante la bancarotta semplice.

Al postutto, dopo avere delineato gli aspetti positivi e negativi emersi nello studio analitico dell’istituto del piano attestato di risanamento, solo nel prosieguo della sua applicazione secondo quanto previsto dalla nuova normativa, sancita nel Ccii, si potrà verificare se sarà raggiunto pienamente l’obiettivo, prefissato dal legislatore, di incentivare l’utilizzo di istituti negoziali e stragiudiziali, come il Piano attestato di risanamento, affinché il mondo imprenditoriale, già alquanto provato dalla crisi causata dalla pandemia passata, possa risorgere, contribuendo in tal modo alla crescita del sistema economico italiano.


di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno