Via l’abuso d’ufficio, sindaci Pd esultano: altra batosta per Schlein

venerdì 16 giugno 2023


Un Partito Democratico in ordine sparso. È questa la fotografia scattata sul tema della riforma della giustizia e, in particolare, sull’abolizione dell’abuso di ufficio. Il segretario dem, Elly Schlein, sostiene: “Sull’abuso d’ufficio noi non siamo per l’abrogazione, siamo sicuramente disponibili al confronto su una riforma che possa delineare meglio la fattispecie ed evitare anche degli effetti distorsivi, però non l’abrogazione, perché si porrebbe anche in contrasto con gli impegni internazionali e la discussione sulla direttiva europea, che si sta per approvare contro la corruzione che chiede a tutti gli stati membri comunque di avere una simile fattispecie”. I sindaci d’area, però, sono di altro avviso. E così scoppia il caos.

Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro e coordinatore delle fasce tricolori Pd, intervistato dal Messaggero, è chiaro: “Sull’abuso d’ufficio bisogna essere coerenti: per anni noi sindaci abbiamo chiesto un intervento. Non è che se lo fa il Governo di centrodestra possiamo schierarci contro. Ha vinto il buon senso, hanno vinto gli amministratori. A prescindere dal colore politico”. Ma non finisce qui: “Ci saremmo accontentati di una revisione del reato, Nordio è andato oltre. Ma per noi amministratori si tratta comunque di una vittoria”. E sicuramente, questa, non è musica per Schlein.

Sempre Ricci: “Sono almeno dieci anni che in ogni assemblea nazionale dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani, i sindaci chiedono di mettere mano all’abuso d’ufficio. Perché è evidente che il reato, così com’è, non funziona: su 5.800 contestazioni, le condanne in primo grado finora sono state in tutto una ventina, molte delle quali annullate in appello o in Cassazione. Parliamo di un 98 per cento di assoluzioni o archiviazioni”.

Un reato, per Ricci, “inutile e per certi versi dannoso. Perché quando scatta l’avviso di garanzia, tanti bravi amministratori o dirigenti vedono rovinato il loro percorso, perché di colpo si trovano indagati. E se qualcuno viene condannato in primo grado deve dimettersi, per effetto della legge Severino, anche se magari poi è assolto in appello. Così si fa un danno al Comune”.

Infine, la doccia fredda per Schlein: “Il 99 per cento dei sindaci di centrosinistra la pensa così. Non è una questione ideologica, è statistica: il reato così com’è non funziona, crea incertezza amministrativa, infanga carriere e ingolfa la giustizia. Il Pd sa come la pensano i suoi sindaci, e credo che farebbe bene ad ascoltarli”.

Anche la posizione di Beppe Sala, sindaco di Milano, prosegue sullo stesso solco: “Suggerisco al Pd di non scagliarsi contro la riforma, ma che guardi non ideologicamente la cosa, perché tutti i suoi sindaci sono convinti che si debba mettere mano all’abuso d’ufficio. E parlo di sindaci con tessera del Pd”. Queste le sue parole a margine della programmazione di SkyTg24 da Palazzo Reale a Milano. “A noi scoccia che ci facciano passare per quelli che combattono l’odioso abuso d’ufficio, non è così. Ci abbiamo convissuto per tanto tempo, però è chiaro che così non funziona per due motivi. Il primo è che non c’è una chiara separazione tra quali sono i rischi dell’abuso d’ufficio e i rischi sull’omissione di atti d’ufficio, su questo tanti sindaci va a finire che non firmano. La seconda cosa è che quando il 90 per cento dei giudizi finisce in nulla, allora c’è qualcosa che non va”.

Infine, il dibattito infiamma pure su Twitter, dove Marco Taradash osserva: “Una riforma prudente, un piccolo passo verso una giustizia meno legata al codice Rocco, risucchia la sinistra nel gorgo populista-giustizialista di cui da trent’anni è prigioniera. La destra meno garantista del mondo incassa il premio. Il Pd resta schiavo dei fantasmi autoritari”. Mentre Anna Paola Concia, ex parlamentare Pd, è protagonista dell’ennesima staffilata: “Segnalo sommessamente a sinistra, che Bertinotti (ospite a L’Aria che tira su La7, ndr) sta facendo un discorso garantista in favore del ddl di Nordio che abolisce l’abuso d’ufficio, raccontando giustamente che questa cultura era del Pci. Amen”.

ABUSO D’UFFICIO E INTERCETTAZIONI

Dallo stop all’abuso d’ufficio alle intercettazioni. Approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri e su proposta del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il disegno di legge con modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario. È abrogata la fattispecie dell’abuso d’ufficio (articolo 323 del codice penale) ed è introdotta un’ampia riformulazione del reato di traffico di influenze illecite (articolo 346-bis), che rispetto a prima prevede: le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere sfruttate (non solo vantate), inoltre devono essere esistenti (non solo asserite); le relazioni devono risultare che siano sfruttate “intenzionalmente”; l’utilità data o promessa al mediatore deve, in sintesi, essere economica; il denaro o altra utilità deve essere dato/promesso per ricompensare il soggetto pubblico oppure per far realizzare al mediatore una mediazione illecita (della quale viene data una definizione normativa); il trattamento sanzionatorio del minimo edittale va da un anno a un anno e sei mesi. Sono applicabili anche per il traffico d’influenze illecite le attenuanti per la particolare tenuità oppure per chi si sia adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, “per assicurare le prove dei reati – si legge sull’Andkronos – e per l’individuazione degli altri responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite”. Si vieta al giudice di acquisire (nel cosiddetto stralcio) le registrazioni e i verbali di intercettazione che riguardino soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza.

Sulle intercettazioni, riporta l’AdnKronos, “si amplia il divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, che viene consentita solo se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento. Si stabilisce il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni delle quali è vietata la pubblicazione, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che tale richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato. Si afferma il divieto per la polizia giudiziaria di riportare nei verbali di intercettazione i dati relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini”. E in più: “Si stabilisce il divieto per il pubblico ministero d’indicare nella richiesta di misura cautelare, con riguardo alle conversazioni intercettate, i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. In modo corrispondente, si vieta al giudice di indicare tali dati nell’ordinanza di misura cautelare”.


di Claudio Bellumori