L’eredità di Berlusconi: c’eravamo tanto odiati

giovedì 15 giugno 2023


Silvio Berlusconi? Un “Caudillo democratico”, secondo lo scrittore Mario Vargas Llosa, che ne lodava la “straordinaria intuizione politica”. Un asso nel mettere assieme generi del tutto diversi, miscelando con genialità affari e politica, Governo del Paese e conflitti di interesse. Un grande politico-manager, cioè, che grazie ai suoi non proprio morigeratissimi costumi sessuali ha prestato il fianco a un’orda barbarica di chiamate in correo e in giudizio, per il semplice fatto di aver, nel 1994, letteralmente sfilato “ai comunisti” l’ambita preda politica del Governo del Paese, ferocemente addentata dagli eredi del Partito Comunista italiano dopo aver sgominato e sgombrato il campo per via giudiziaria (grazie al ciclone di Mani pulite) da tutti i potenziali rivali storici governisti, come la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista italiano craxiano. Da lì, i comunisti sono rabbiosamente ripartiti di gran carriera, caricando al massimo la molla della grande coalizione nazionale e internazionale, contro i presunti o reali danni del berlusconismo. Gli elettori italiani hanno così scoperto in almeno tre occasioni che si poteva governare contro il loro volere sovrano, dato che la sinistra, pur non vincendo mai una sola elezione (a parte la breve parentesi dell’Armata Brancaleone sinistra-centro dell’Ulivo prodiano), arrivava al potere attraverso le grosse koalition con dentro Forza Italia, anche formate a seguito della caduta anticipata dell’odiato tycoon, previe manovre di Palazzo appoggiate da Bruxelles e attuate dal potere quirinalizio. Emblematici in tal senso furono i Governi tecnici allargati di Mario Monti prima, e poi (seppure diverso per le motivazioni) di Mario Draghi, rispettivamente nel 2011 e nel 2021, che costituiscono un bel triangolo aureo con la caduta del primo Governo Berlusconi nel 1994 e il passaggio del testimone al Governo tecnico di Lamberto Dini.

E, come fa notare Le Figaro (“Silvio Berlusconi, le vieux lion de la droite italienne”), molti dei suoi irriducibili avversari, chi più chi meno, si esercitano oggi sul pungiball della spoglia storica di Silvio Berlusconi, per prendere metaforicamente (e del tutto inutilmente) a pugni coloro che vogliono esaltarne la sua figura di innovatore. Storicamente, invece, il Cavaliere è stato un rivoluzionario che ha profondamente modificato sia il modo di fare politica in Italia, sia la comunicazione televisiva americanizzando (per molti versi con effetti decisamente negativi) la società italiana, ponendo l’accento sui valori personali, il merito, il successo, la sete di libertà. Nella realtà, nessuno dubita obiettivamente che il suo ventennio (che qualcuno, a sproposito, equipara a quello mussoliniano) abbia modificato irreversibilmente il volto della Seconda Repubblica durante dieci anni di Governo. Il suo più grande successo politico (che costituisce un fatto “oggettivo” incontestabile) è di aver saputo unificare una destra da sempre divisa, battendo a più riprese nelle urne una sinistra incapace di resistergli, affogata com’era nel livore dell’antiberlusconismo viscerale, anziché dedicarsi da forza politica alternativa a elaborare un progetto-Paese progressista e all’altezza della sfida dei tempi. In un Paese dominato dalla burocrazia e dal corporativismo la discesa in campo di Berlusconi ha dato corpo a un progetto di ispirazione liberale, che si è poi sfibrato e dissolto cammin facendo, sia per responsabilità interne alla sua coalizione, sia per l’inadeguatezza della classe politica e dirigenziale dell’allora Partito di maggioranza relativa di Forza Italia.

Eppure, la forza elettorale del centrodestra berlusconiano ha retto per un intero ventennio, grazie all’intervento della corazzata mediatica di Mediaset e al carisma del suo leader, che ha saputo come nessun altro trasformare la comunicazione in un formidabile strumento di propaganda al servizio della sua immagine e delle sue aziende. Citando Le Figaro, “il personaggio Silvio Berlusconi ha affascinato il mondo intero, dando luogo a un’abbondante letteratura sulla sua figura. Egli fu senza alcun dubbio il dirigente che più ha contato nella vita politica italiana nell’arco di trenta anni”.

Personaggio controverso, il Cavaliere ha rappresentato nonostante i suoi limiti e contraddizioni il Pivot, o cardine fondamentale di snodo, attorno al quale tutto il resto del mondo politico italiano finiva per posizionarsi, ieri come oggi. E, seppure con differenze abissali, le sue gesta e il suo esempio hanno avuto in qualche modo eco nel più recente populismo trumpiano. Non v’è dubbio, poi, che il suo stile di governo abbia ispirato presidenti del Consiglio come Matteo Renzi e, oggi, Giorgia Meloni, per cui davvero entrambi gli sono debitori di qualcosa, come sostiene il politologo Giovanni Orsina. Restano i gravi limiti politici del Berlusconi leader, cioè di non aver lasciato nessuna riforma incisiva, rispetto all’esigenza assoluta di rinnovamento in profondità del sistema-Italia. Per di più, Forza Italia soffre dello stigma di essere a tutti gli effetti un Partito personale, per cui oggi si parla di una qualche successione dinastica, che prelude a una guerra di cacicchi che, però, non brillano di luce propria, dovendo al Cavaliere tutte le loro attuali fortune politiche.

Insomma, adattando “the Trump anthem Maga (Make America great again)”, si potrebbe utilizzare un motto similare per qualificare la vita politica di Silvio Berlusconi, racchiudendola nella conchiglia magica dello slogan Make Italy great again. Il tutto, realizzato ovviamente all’italiana, con una buona dose di smargiassate da gran guascone, miscelate al vero carburante del finanziamento pubblico e privato per il mantenimento di un costoso apparato partitico e del suo personale amministrativo. E, anche qui, si segnala il colpo di genio berlusconiano per minimizzare i costi della politica: togliere territorialità, per concentrare tutte le chance elettorali sul carisma del leader, sul Partito personale, chiedendo l’investitura legale e fiduciaria al popolo-elettore per scegliere i propri cortigiani da nominare nel Governo e nel Parlamento, rendendoli dipendenti in toto per le loro fortune dalla munificità di Re Silvio. Proprio questa configurazione padronale rende oggi praticamente impossibile la successione politica a Silvio Berlusconi, che né i figli Marina e Pier Silvio, né gli attuali vertici di Fi potranno garantire come lineare e indolore. Quello che ci si aspetta, proprio a causa e come conseguenza del rifiuto viscerale di Berlusconi di designare in vita un suo degno Delfino carismatico, è il lancio di varie “Opa” da parte di leaderini alla disperata ricerca di selvaggina elettorale, che però dovranno chiedere i necessari permessi per entrare nel bacino privilegiato di quel che resta del potere berlusconiano.

Ciò detto, Addio con grande rimpianto Cavalier Silvio Berlusconi, che hai accompagnato la gioventù del sole in tasca di così tanti di Noi!


di Maurizio Guaitoli