Margaret Thatcher: la strategia della determinazione

venerdì 28 aprile 2023


A 10 anni dalla scomparsa del leggendario primo ministro inglese Margaret Thatcher, si è tenuto nella splendida cornice della Biblioteca parlamentare, a palazzo San Macuto, un convegno in memoria della prima donna a capo dell’Esecutivo nel Regno Unito.

Sono intervenuti personaggi di spicco quali il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, il vicepresidente della Camera, on Giorgio Mulè, Sir Edward Llewellyn, ambasciatore britannico in Italia e San Marino, il professore di Politica economica dell’Università degli studi Roma Tre, Cosimo Magazzino, il presidente della III Commissione Affari esteri e comunitari, Giulio Tremonti, e il giornalista Nicola Porro.

Ha aperto i lavori il presidente della Camera che ha posto in particolare risalto il carattere di Margaret Thatcher: coraggiosa, determinata e ambiziosa, come in fondo un leader di partito e di Governo dovrebbe essere. Non a caso, venne ribattezzata la “Lady di ferro” per la tenacia con cui affrontò le azioni di sciopero dei sindacati che nulla hanno potuto contro il piano di privatizzazione delle società pubbliche britanniche, desolatamente in perdita, e i conseguenziali licenziamenti di lavoratori (ben tre milioni).

La sua impronta politica – ha proseguito Fontana – è stata tanto profonda da sintetizzarsi nell’emblematico “thatcherismo”, termine ormai entrato nel vocabolario politico mondiale, ad indicare l’indirizzo di Governo improntato al liberismo senza compromessi.

Mulè ha ricordato l’intenso legame che univa la Thatcher al nostro Paese, visitato più volte, anche dopo il suo lungo periodo di Governo, nonché l’ammirazione che nutriva per le bellezze artistiche e paesaggistiche italiane. Memorabili furono anche le sue battute – ha continuato il vicepresidente della Camera – tanto che in una di queste occasioni la Thatcher ebbe a dire: “L’Italia è un Paese bellissimo, ma governato malissimo!”. E l’allora ministro degli Esteri, il liberale Antonio Martino, le rispose con un’altra folgorante battuta: “Ma è meglio un Paese bello governato male, che un brutto Paese governato bene!”. Ed in effetti i governi passano, ma la bellezza resta.

Ha poi preso la parola Sir Edward Llewellyn che negli anni Ottanta era segretario e stretto collaboratore della premier britannica. Egli ha sottolineato, riproponendo ricordi personali, tre punti focali: in primis il coraggio del primo ministro, che non solo inaugurò, per prima in tutta Europa, l’azione delle privatizzazioni, ma affrontò quasi da sola, con il parere inizialmente contrario del proprio gabinetto, di buona parte dell’establishment e dell’opinione pubblica, la guerra delle Falkland, colonia britannica nell’estremo sud dell’atlantico, invasa dall’Argentina nel 1982. Una guerra ritenuta dai più, compresi gli alleati americani, superflua e oltremodo dispendiosa. La risposta memorabile rimasta negli annali che la signora Thatcher ebbe a dare, fu: “Ci terremo in piedi sui principi, o non ci terremo in piedi affatto!”.

Il secondo aspetto rimarcato da Sua Eccellenza Llewellyn è stato rappresentato dalla trasformazione realizzata dalla Thatcher della società e dell’economia britannica: un marchio indelebile, che ha segnato irreversibilmente il Paese. Infine, cosa forse non sufficientemente ribadita, è stato l’impegno per la libertà contro l’oscura dittatura del comunismo sovietico: il suo contributo è stato decisivo per porre fine alla guerra fredda.

Tremonti si è soffermato, invece, sul processo delle privatizzazioni e sulla lotta all’inflazione, azioni che il Governo britannico perseguì sin da subito con la massima fermezza. Nel primo caso, fu un’operazione epocale che fece storia: per la prima volta dall’epoca della grande Depressione, in un Paese occidentale si intraprendeva la più grande operazione di vendita delle società pubbliche partecipate. E si faccia attenzione – ribadisce l’ex ministro delle Finanze del Governo Berlusconi – che il processo fu condotto nell’interesse dei cittadini e non dei lavoratori impiegati in tali aziende, quindi cercando di valorizzare al massimo le aziende in vendita senza badare ai licenziamenti.

L’intervento, a suo modo pioneristico, concentrò l’attenzione degli investitori istituzionali di tutto il mondo sulla Gran Bretagna, che riuscì a incamerare moltissima liquidità, preziosa sia per ripianare i deficit annuali che per ridare ossigeno ad un’economia in profondo affanno. Con egual determinazione, si fronteggiò l’aumento generalizzato dei prezzi, realizzando al contempo una stretta monetaria e un abbassamento sulla tassazione alle imprese, specie le Pmi. In sostanza, si contraeva l’offerta di moneta, compensata dalle vendite delle aziende pubbliche e si stimolava l’attività imprenditoriale che avrebbe portato nuova occupazione e benessere.

Porro ha acutamente posto l’accento sulle condizioni economiche e sociali in cui versava il Regno Unito quando la Thatcher arrivò al Governo: già nel 1974 la situazione sembrava quella del Secondo dopoguerra, con blackout frequenti, scarsità di benzina, inflazione alle stelle, milioni di ore di lavoro perse in continui scioperi inconcludenti. Tanto che la Gran Bretagna era considerata come il “grande malato d’Europa”!

Il “non fare” – ha continuato Porro – sarebbe stato del tutto deleterio e, probabilmente, irrimediabile. La situazione era già così seriamente compromessa che alle numerose proteste che provenivano dal suo stesso Gabinetto, la Thacher confermò la sua politica, dicendo: “La medicina è amara, lo so, ma necessaria affinché il malato si riprenda!”.

Di particolare spessore è stato l’intervento del professor Magazzino, che alle politiche liberali della signora Thatcher ha dedicato, in tempi non sospetti, il libro “La politica economica di Margaret Thatcher”, edito da Franco Angeli.

A fine convegno, abbiamo avvicinato il professor Magazzino per rivolgergli alcune domande e avere maggiori dettagli tecnici sulla politica economica, anche esulando un po’ dal tratteggio storico-personale del primo ministro inglese.

Professor Magazzino, Thatcher è stata primo ministro per oltre un decennio, attraverso tre mandati elettorali, ma le riforme le intraprese sin dal primo anno; il suo programma di Governo è stato dunque un adattamento anno dopo anno, oppure una programmazione in gran parte predefinita che poi ha trovato l’opportunità di realizzarsi?

Margaret Thatcher si preparò per anni alla dura prova di guidare il Paese. Si nutrì del pensiero liberale per decenni, e il thatcherismo finì per essere la fusione, nella pratica, di individualismo, metodismo, monetarismo, oggettivismo, conservatorismo e patriottismo. La Lady di Ferro fu il primo personaggio politico a dar voce a correnti di pensiero sino ad allora ritenute minoritarie e non mainstream. Il thatcherismo fu una rivoluzione culturale sotto molteplici aspetti, frutto di una determinazione che fece ribadire alla Thatcher più volte come l’efficienza dovesse essere privilegiata rispetto all’equità, la competitività all’eguaglianza, la concorrenza al monopolio, il mercato allo Stato, l’individuo alla società, le politiche economiche dell’offerta a quelle della domanda, le privatizzazioni alle nazionalizzazioni, i tagli alla spesa pubblica ai sussidi pubblici, la deregulation alle regolamentazioni.

Le privatizzazioni hanno avuto successo perché sono state le prime nel Vecchio Continente oppure sono da farsi in tutti i casi in cui un’azienda pubblica persiste in perdita, come è stato il caso dell’Alitalia, che da azienda di eccellenza si è trasformata in un buco nero mangiasoldi?

Nella politica industriale la Thatcher perseguì la “dottrina Moore”, secondo cui la privatizzazione arreca dei guadagni di efficienza, e sfociò nella vendita dei “gioielli di famiglia”: nel corso della seconda legislatura passarono dalla mano pubblica a quella privata, tra gli altri, Rolls Royce, British Leyland, British Ports, British Aerospace, British Telecom, British Gas, British Petroleum, Britoil, British Airways, British Airport Authority, National Freigth Consortium, Jaguar, Rover, National Bus Company, British Sugar Corporation, British Steel, British Rail Hotels, Cable & Wireless, Amersham International, Ferranti, Sealink Ferries. Col risultato di creare 9 milioni di piccoli risparmiatori e azionisti. La Thatcher vedeva con favore il lasciar fallire le imprese marginali, affermando un principio economico difficilmente criticabile: lo Stato non avrebbe più sussidiato imprese non suscettibili di risanamento economico.

Il prezzo sociale che la società britannica ha dovuto sostenere è stato enorme, tanto che gli stessi commentatori britannici, pur nella loro indiscussa fedeltà al proprio Paese, hanno avuto modo di definire che “le politiche dell’ultraliberismo hanno portato alla perdita del senso di comunità a favore di un esasperato individualismo”. Ne è valsa davvero la pena? Non si può raggiungere un equilibrio dei conti pubblici senza fare macelleria sociale?

Sfatiamo un falso mito: la Thatcher non fece alcuna macelleria sociale! Altrimenti non avrebbe vinto tre elezioni generali consecutivamente… Da oltre un secolo, Margaret Thatcher è la premier britannica che ha governato più a lungo. Nel corso dei suoi circa 11 anni di governo il Paese si arricchì, passando dall’essere il “Grande malato d’Europa”, com’era definito prima del suo arrivo a Downing Street, a una delle economie più floride dell’intero pianeta. Come in ogni fase di crescita tumultuosa, aumentarono le disuguaglianze, perché il processo di crescita inevitabilmente genera vincitori e vinti. Ma questo non basta a controbilanciare gli enormi meriti che la Thatcher ebbe nel risanare l’economia britannica.

Sono passati ormai più di trent’anni dalla fine dell’ultimo Governo Thatcher e i suoi successori conservatori non pare abbiano brillato, a cominciare dal referendum sulla “Brexit” che ha proposto Cameron, fedelissimo della Thatcher. Referendum che come è noto ha portato ad un inevitabile isolazionismo del Regno Unito con conseguenziali aumenti di costi dell’approvvigionamento delle merci, anche quelle di prima necessità, specie in questi tempi di guerra. Quale può essere allora l’eredità del Thatcherismo nel 21esimo secolo?

Margaret Thatcher incentrò la sua rivoluzione sulla responsabilità individuale, sulla libertà dell’individuo di arricchirsi in base ai propri talenti naturali, sulla rimozione degli ostacoli che lo stato talvolta pone alla libera iniziativa dei privati. A dieci anni dalla sua morte, resta la possibilità per una donna di essere leader di un partito prima, e premier poi; la possibilità per un Governo di domare l’inflazione e ottenere la stabilità dei prezzi contestualmente a una condotta prudente sui conti pubblici; la capacità di un leader di non piegarsi davanti ai soprusi, di qualsiasi natura; ma soprattutto resta l’esempio di come una donna colta, intelligente e determinata possa arrivare. Un fulgido esempio di riscatto individuale, sociale e di genere.


di Pierpaolo Signorelli