“Il Riformista”, “L’Unità”, “Domani”: la linea ondivaga dei giornali progressisti

venerdì 7 aprile 2023


Carlo Calenda non ha gradito. La nomina di Matteo Renzi alla direzione editoriale del Riformista (esecutiva dal prossimo 3 maggio) non è proprio andata giù al leader di Azione. Secondo una retroscena del Corriere della Sera pare che Calenda abbia parlato di “fulmine a ciel sereno. C’è un rischio di conflitti di interesse”. Addirittura? Pare proprio di sì. Secondo il capo del futuro partito unico del Terzo polo, il senatore di Rignano sull’Arno, leader di Italia viva, gli avrebbe comunicato la notizia del nuovo incarico “giusto un quarto d’ora prima che diventasse di dominio pubblico”. Calenda non nasconde le preoccupazioni. Di più: non riesce a dissimulare l’irritazione. Ai suoi fedelissimi avrebbe detto: “Quando Renzi prenderà una posizione, lo farà come esponente politico o come direttore? Lui ha fatto il paragone con Walter Veltroni all’Unità e Sergio Mattarella al Popolo. Ma quelli erano giornali di partito, si muovevano lungo una linea politica ben definita. Il Riformista è un quotidiano indipendente e non è e non sarà l’organo del Terzo polo”. Il presidente di Azione non sarebbe stato interpellato prima che l’alleato decidesse di accettare la proposta dell’editore Alfredo Romeo (coimputato del padre di Renzi nell’inchiesta Consip). Sul sito del Rifomista si legge anche che, “dopo oltre tre anni, il direttore Piero Sansonetti lascia la direzione per passare a quella dell’Unità, testata storica salvata da Romeo Editore, che verrà rilanciata dopo gli anni bui che l’hanno portata al fallimento”. Ma Calenda appare poco interessato al mélange della stampa progressista. “Quando è finita l’esperienza da ministro – avrebbe detto – per un anno io non ho accettato né consulenze né incarichi da privati. Se vogliamo rifare l’Italia dobbiamo essere in grado di garantire assoluta trasparenza. La chiarezza dei ruoli per me è indispensabile”. Calenda non avrebbe dubbi: “L’informazione è un contropotere rispetto alla politica. Come si può essere un contropotere di sé stessi?”. Il leader di Azione ammetterebbe il rischio di una crisi del progetto del partito unico dei liberaldemocratici. Renzi, a suo avviso, come direttore editoriale di un quotidiano indipendente rischierebbe di “confondere gli elettori, facendo passare opinioni personali, non concordate ma di per sé legittime, come posizioni del Terzo polo”. Dal canto suo, l’ex premier, nella sua e-news settimanale, ha fatto riferimento al suo nuovo ruolo: “Faremo del nostro meglio. Continuando a fare politica anche quando gli altri non se ne accorgono”. Un fatto è certo: la sovraesposizione di Renzi potrebbe far saltare i piani della leadership centrista di Calenda. Ma l’ex segretario del Pd interpreta da sempre il personaggio del battitore libero e sembra non curarsi dei timori del sodale: “Proveremo a costruire un quotidiano che sia un luogo di libertà e di confronto, una casa di valori e una palestra di idee”. Ci riuscirà? All’orizzonte s’intravedono le prove tecniche di scissione

Intanto, il mondo dell’informazione è attraversato da un’altra vicenda esplosiva. Carlo De Benedetti, fondatore del quotidiano Domani, in passato editore di Repubblica (ora appartenente a Gedi, a sua volta parte del gruppo Exor), ha dato il benservito al direttore Stefano Feltri. Un licenziamento su due piedi comunicato con una nota di Editoriale Domani Spa, la società che edita il quotidiano, nella quale De Benedetti e il Cda ringraziano Feltri “per l’impegno e il lavoro svolto in questi anni” e “augurano al nuovo direttore di affrontare con passione l’importante sfida che lo attende”. Il nuovo direttore è Emiliano Fittipaldi, il vice di Feltri fino all’altro ieri, nonché giornalista autore di diverse inchieste, compresa quella su Vatileaks ed ex firma dell’Espresso. “Cosa è accaduto nelle ultime ore?”, si è interrogato ieri il quotidiano Libero. Fino all’altra sera Stefano Feltri era ospite di Otto e mezzo di Lilli Gruber, su La7. Il sottopancia lo indicava come direttore di Domani. Poi ieri mattina è arrivato l’annuncio sui social ai suoi follower con un post dal titolo: “Domani è un altro giorno. Dopo quasi tre anni di intenso e appassionante lavoro – chiarisce Feltri – si chiude la mia esperienza di direttore del quotidiano Domani che ho contribuito a fondare con un team piccolo, ma battagliero di giornalisti nel 2020”. Poi, dopo aver riportato il comunicato di Domani aggiunge chiarendo che la separazione non si è conclusa consensualmente: “Non è mio costume fare polemiche o commenti sui posti in cui ho lavorato, quindi non chiedetemeli”. La spiegazione che dà De Benedetti nella nota è che “ha deciso di sostenere il giornale con nuovi importanti investimenti in ambito digitale al fine di consolidare il ruolo che Domani si è conquistato nell’ambito del panorama informativo italiano”. C’è chi maligna che la decisione di De Benedetti sia, invece, tutta “politica”. L’endorsement dell’Ingegnere nei confronti della neosegretaria del Pd Elly Schlein avrebbe spostato la linea del giornale più a sinistra. E Fittipaldi, secondo questa lettura, pare garantire un’impronta più progressista. Forse le ragioni del cambio di guardia possono risalire a “un editoriale della discordia” di Feltri, datato 3 novembre 2022. Alla vigila delle candidature per le Regionali in Lombardia l’allora direttore di Domani scriveva: “Il governatore uscente Attilio Fontana, della Lega, rappresenta tutto ciò che un elettore Pd considera agli antipodi. Ma il Pd non è riuscito, negli ultimi cinque anni, a costruire una candidatura alternativa credibile per la regione più ricca e importante d’Italia. Si apre ora una crepa imprevista nel fronte della destra con la candidatura di Letizia Moratti: il Pd potrebbe, diciamo così, turarsi il naso e sostenere Moratti”. Sappiamo tutti com’è finita questa storia...


di Mino Tebaldi