Sassolini di Lehner: antifascismo e umanitarismo di Craxi

venerdì 7 aprile 2023


C’è antifascismo ed antifascismo. C’è quello dell’Anpi, che non ha mai cassato tra i suoi “eroi” il partigiano Francesco Moranino, né mai censurato quel comandante della Garibaldi che usava uccidere i prigionieri fascisti, squarciandoli a colpi di vanga. E c’è quello del liberalsocialista Bettino Craxi.

Fu Giorgio Bocca a denunciare i metodi criminali di Rocca nella seguente relazione inviata al Comando regionale di Giustizia e Libertà: “coi Garibaldini i rapporti sono per ora buoni. Sono dispostissimi a sottostare alle norme del Cln. Sono però delle delizie. Il trattare con il loro capo Rocca è cosa deliziosa. Appena mi ha conosciuto subito dopo le presentazioni, così, per complimento mi ha detto che finirà per rompermi una gamba, quindi in macchina mi ha puntato l’arma sulla pancia dicendomi: ora siamo soli ed aggiustiamo i conti. Recitava così bene o forse la frase rispondeva talmente al suo desiderio che irresistibilmente la mia mano destra senza che me ne accorgessi aveva tolto la sicurezza alla pistola. Questo Rocca è quello che uccide personalmente i fascisti a colpi di pala squartandoli” (cfr. Aldo Alessandro Mola, Giellisti, Documenti, Cuneo 1997).

Preferisco senz’altro l’antifascismo coniugato con l’umanitarismo di Craxi. Ecco un memorabile esempio.

Non fu Bettino Craxi a parlarmene, bensì Romano Mussolini. Mi trovavo a Mondello e dopo una nuotata nella piscina dell’hotel, mi accingevo a scrivere un pezzo per l’Avanti!. Era il 1988. A quei tempi, si scriveva su carta sulla quale era stampigliata la testata del giornale. Avevo appena inserito il foglio nel rullo della Lettera 22, quando una persona che non conoscevo, appostata dietro di me, mi disse: “Mi scusi se la disturbo ma ho visto che scrive per il giornale del Psi... È bene che mi presenti: sono Romano, uno dei figli di Mussolini”.

Rimasi un attimo senza parole, quindi, lo invitai a sedersi vicino a me e, magari, a gradire un caffè. Si trovava a Palermo con la sua orchestra jazz e questo lo sapevo, avendo sbirciato una locandina che ne dava l’annuncio. 

“Perché – gli domandai – è così interessato all’Avanti!... Beh, immagino perché un tempo suo padre ne fu il direttore, fra l’altro un notevole direttore...”.

“Certo – rispose Romano – ma in questo momento lo seguo con interesse perché, confesso, sono un tifoso di Bettino Craxi, il leader politico, il solo che può far grande l’Italia...”.

Lo ringraziai un po’ incredulo e, forse, Romano scorse nel mio sguardo il segno del dubbio.

“Veda – riprese – io sono anche affezionato a Craxi come persona e non solo come politico”.

Io, sempre più stupito, chiesi ragione di cotale affezione verso il leader di un partito sicuramente antifascista. Invero, Bettino era stato il primo premier italiano a sdoganare l’Msi, ma si trattava di una vicenda del tutto politica e legata all’utopia craxiana di riportare dentro la grande madre socialista tutti gli scappati di casa, dai mussoliniani ai leninisti.

Ed ecco la sorprendente testimonianza di Romano:

“Dopo un’esibizione in un locale di Milano si avvicinò Bettino Craxi per farmi i complimenti. Craxi amava la musica, pensai, al punto da passare sopra il mio cognome. Mi chiese come mi trovassi nella ‘sua’ Milano... Ed io non potei evitare di lamentarmi. Sono un Mussolini e questo marchio qui a Milano significa emarginazione e solitudine. Craxi mi mise la mano sulla spalla e, guardandomi dritto negli occhi, esclamò un po’ contrariato”: «Ma come, Milano ha cuore... Lo sa che la rivista dove scrisse i primi articoli Filippo Turati s’intitolava ‘Cuore e critica’? Qui, c’è la più viva tradizione del socialismo umanitario... Comunque, la invito sabato prossimo a cena a casa mia. Ci saranno amici politici, ma anche uomini di cultura e di sicuro anche amanti del jazz. Si troverà bene e farà nuove amicizie...».

“Ero felice, sorpreso e non poco imbarazzato, perché quel sabato avevo promesso alla bambina di rimanere con lei. Mi feci forza  e spiegai a Craxi che avevo un impegno con la mia figliola Alessandra... e Bettino reagì”: «Che problema c’è? Venga con la bambina. A proposito, Alessandra... ma il grande socialista romagnolo Alessandro non era il padre di Benito?».

“Il sabato successivo, dunque, ci demmo un’aggiustata – non navigavo nell’oro – ed io ed Alessandra ci recammo a casa Craxi. C’era parecchia gente e un certo brusìo. Fummo accolti con straordinario garbo dalla signora Anna, quindi si avvicinò Bettino, che volle presentarmi con nome e cognome”: «Questa sera, con noi, c’è Romano, gran musicista, sì Romano Mussolini, il figlio di Benito».

“A questo punto, un socialista con trascorsi da partigiano e, in quel momento, assai influente, obiettò ad alta voce”: «Un fascista fra di noi! No, non può essere vero... pure figlio di Mussolini... Bettino che ti è saltato in testa?».

“Craxi ebbe un fremito, per così dire di sdegno, esclamò che a casa sua gli ospiti erano sacri, mentre erano sgraditi i maleducati, gli intolleranti e gli stalinisti. Prese per un orecchio quel suo importante compagno di partito e trascinandolo sin sull’uscio, stava quasi per buttarlo fuori di casa a calci nel sedere, se non fosse intervenuta Anna. Comunque, lo cacciò in malo modo, per difendere il mio diritto ad esistere. Da allora, tornai spesso a casa Craxi e debbo dire che ad uomini così non si può non voler bene e portare rispetto. Io, figlio di Mussolini, ammiro Craxi”.

Queste, se la memoria non mi inganna, le precise parole di Romano.

L’influente socialista cacciato di casa da Bettino ha un nome ed un cognome, che non rivelo, essendo ormai da tempo nel mondo dei più. Posso dire che se la legò al dito e continuò da allora a sputare veleno insieme ai comunisti. Osteggiò sempre la politica di Craxi e, quando la Cia e il pool di Milano decisero di eliminare Bettino, si unì di gusto alla cagnara giustizialista.


di Giancarlo Lehner