Europa, Europa… perché non impari mai dai tuoi errori?

venerdì 7 aprile 2023


Il presidente francese, Emmanuel Macron, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sono a Pechino per incontrare il dittatore cinese, Xi Jinping. Argomento del vertice trilaterale sarà, ovviamente, la pace in Ucraina: almeno per von der Leyen. Già, perché il capo dell’Eliseo ha anche altro in mente: accreditarsi come principale interlocutore della Cina in Europa e, naturalmente, rafforzare le relazioni economiche con la super-potenza asiatica. A questo proposito, non può essere un caso che tra il folto seguito del presidente francese ci siano anche sessanta tra i maggiori imprenditori transalpini.

Al netto dei calcoli da bottegaio di Macron, anche la missione della presidente della Commissione europea va nella direzione opposta a ciò che dovrebbe essere l’impegno europeo in questa congiuntura storica. Andare da Xi Jinping – quello stesso autocrate che è il maggior alleato di Vladimir Putin, che nega l’esistenza di un conflitto preferendo parlare di “crisi” e che lavora instancabilmente per indebolire il fronte euro-americano – a discutere di Ucraina e del piano di pace cinese è un errore clamoroso, che avrà delle conseguenze catastrofiche sulla sicurezza del Vecchio Continente.

Una storia già vista, in fondo. Un tempo l’Europa era in corrispondenza d’amorosi sensi con la Russia di Putin, alla quale si è vincolata dal punto di vista energetico, salvo poi accorgersi di aver fatto male i conti ed essere costretta a correre ai ripari, quando la vera natura del regime russo si è manifestata in tutta la sua violenza e atrocità. Ebbene, lo stesso errore l’Europa lo sta commettendo con la Cina. C’è da scommettere che un giorno si risveglierà bruscamente anche da questa infatuazione: magari nel momento in cui la Cina aggredirà Taiwan (e lo farà prima o poi). Per allora, tuttavia, saremo economicamente dipendenti dal Dragone, e forse anche politicamente, giacché la pazienza degli Stati Uniti con noialtri è si grande, ma non è illimitata e potrebbe venire meno proprio dinanzi alla “poligamia” delle alleanze nella quale l’Europa pretende di vivere. E la dipendenza dalla Cina sarà anche peggiore: la rivoluzione eco-fondamentalista verso la quale l’Europa si sta avviando, nel lungo periodo metterà il Vecchio Continente nelle condizioni di dipendere totalmente dalle importazioni cinesi di quelle componenti necessarie a rendere, sostenibile, tale rivoluzione pseudo-ambientalista.

Gioiscono stolidamente i pacifisti: finalmente l’Europa si dissocia dai guerrafondai a stelle e strisce e si decide a giocare un ruolo diplomatico, proprio assieme a quella Cina che è la maggior rivale degli Usa e che, in fin dei conti, è l’unica super-potenza capace di contendere agli americani il primato globale che detengono da decenni e decenni. A questo punto, bisognerebbe porre ai leader europei una semplice domanda: da che parte stiamo andando? A forza di cercare un’indipendenza che l’Europa non raggiungerà mai – e non per colpa dei sovranisti, ma delle insuperabili divisioni e diversità di interessi – e di illuderci di poter seguire una nostra politica svincolata da quella statunitense, finiremo per cadere nelle mani di qualche autocrate o per restare schiacciati nella guerra tra super-potenze che si profila all’orizzonte e che caratterizzerà il futuro.

Von der Leyen ha dichiarato che porrà Xi di fronte a una scelta: o l’amicizia senza limiti con la Russia o l’avvicinamento all’Europa e la progressiva democratizzazione della Cina che questo comporterà. E, secondo la presidente, Xi sarà così sciocco da fare questa scelta o da dichiarare chiaramente quale sia la sua preferenza tra le due opzioni? No, i cinesi sono maestri di ambiguità e l’hanno dimostrato proprio in occasione della guerra in Ucraina: aiutano economicamente (e forse anche militarmente) l’aggressore, ma mettono a punto piani di pace e cercano di accreditarsi come negoziatori; dicono “no” all’uso di armi nucleari ma stanno aumentando il loro arsenale, anche grazie all’aiuto dei tecnici e delle infrastrutture russe; sostengono la soluzione diplomatica delle crisi, ma minacciano Taiwan.

Xi ha già detto che farà del suo meglio, affinché l’Europa si prefigga quale obbiettivo il raggiungimento dell’indipendenza “strategica”. Che vuol dire? Che Xi farà tutto quello che potrà per dividere l’Europa dagli Usa, affinché il Vecchio Continente possa diventare terreno di scorribande per gli imprenditori cinesi e finire, lentamente, sotto l’orbita di Pechino. Anche la Russia doveva democratizzarsi grazie allo scambio economico e culturale con l’Europa: questa era la convinzione dei leader europei di allora, Angela Merkel in primis (sarà proprio un vizio tedesco?). Ebbene, l’avvicinamento tra Europa e Russia ha esposto la prima a un gravissimo pericolo per la sua sicurezza e la sua libertà e non ha affatto democratizzato l’altra, il cui regime negli anni è diventato sempre più spietato e repressivo. I russi hanno fatto credere all’Europa che avrebbero recepito i suoi valori, ma dietro le quinte – con la propaganda, gli affari, il mecenatismo e gli scambi culturali – cercavano di imporre i loro all’Europa e solo per un soffio hanno mancato l’obiettivo. I cinesi faranno altrettanto.

Questo dimostra che l’Europa a trazione franco-tedesca non ha imparato nulla dai suoi errori: anzi, persevera in essi. Cambiano i leader, cambiano le condizioni, ma la sostanza rimane sempre la stessa. Poi dice che uno si butta sul sovranismo e diventa euroscettico: come si fa a credere in una Europa che si riempie la bocca di diritti, di libertà e di democrazia e poi se la intende con le dittature. E, pur consapevole della sua debolezza congenita, rischia continuamente di cadere sotto l’influenza di queste? Come si può credere in un’Europa che parla di indipendenza e non si sforza minimamente di perseguirla concretamente, attraverso l’autosufficienza energetica, industriale e tecnologica in primis, assieme al suo alleato naturale, gli Usa?


di Gabriele Minotti