Bilancio: i sindacati attaccano Rocca, ma le tasse le ha aumentate Zingaretti

martedì 28 marzo 2023


I sindacati, in particolare Cgil e Uil, attaccano a testa bassa Francesco Rocca sul primo atto che porta in Consiglio, il bilancio tecnico, quando negli ultimi dieci anni hanno consentito alla giunta di Nicola Zingaretti di fare il bello e il cattivo tempo. Fanno finta di non sapere, come da me denunciato mesi fa proprio su Affaritaliani.it, che le addizionali Irpef le ha aumentate al massimo consentito dalla legge nazionale la giunta Zingaretti, con il loro plauso.

Era evidente che il cosiddetto fondo taglia tasse, che esentava dall’aumento la fascia fino a 35mila euro, non avrebbe trovato copertura a causa del buco di bilancio, dell’impossibilità di fare nuovo debito e del disavanzo sanitario più alto del previsto. Se un errore ha fatto la nuova maggioranza è stato quello di non far approvare il bilancio di previsione 2023 a Zingaretti, come io avevo consigliato ai capi dell’allora opposizione, anche scontando di andare a votare a marzo – perché il centrodestra le elezioni le avrebbe vinte lo stesso – o di far approvare il bilancio tecnico al vicepresidente Daniele Leodori prima della tornata elettorale.

Quando Nicola Zingaretti si è insediato nel 2013, l’aliquota unica dell’Irpef era pari all’1,73 per cento, comprensiva della aliquota sanitaria dello 0,50 per cento, che serviva a coprire il disavanzo sanitario che era pari a 650 milioni di euro. Mi chiedo, però, dov’era il sindacato quando sin dalla prima manovra di bilancio la giunta Zingaretti aumentava le aliquote Irpef nel silenzio generale. Infatti, l’assessore Alessandra Sartore, con l’articolo 2, denominato ironia della sorte proprio pagamento dei debiti della Regione, della legge finanziaria 29 aprile 2013, si faceva autorizzare ad accedere al prestito dello Stato di 10 miliardi di euro, previsto dal dl 35 del 2013.

Ma a copertura del prestito Sartore non presenta un piano di razionalizzazione della spesa bensì, con una norma che rimandava al decreto legislativo sul federalismo fiscale, aumenta le tasse senza dirlo chiaramente e senza neanche farlo capire. Tanto che i più se ne accorsero mesi dopo. L’articolo 6 del decreto legislativo 68/2021, richiamato da Sartore, prevede infatti che l’aliquota base dell’addizionale regionale è pari all’1,23 per cento e che negli anni può essere maggiorata di 0,5 per cento (1,73) per gli anni 2012 e 2013; dell’1,1 per cento (1,23) per l’anno 2014 e del 2,1 per cento (3,3) a decorrere dall’anno 2015. E infatti, nell’anno di imposta 2015, le addizionali regionali Irpef erano così modulate: sino a 15mila euro addizionale Irpef pari a 1,73 per cento; tra 15mila e 28mila a 2,73; da 28mila a 55mila al 2,93; da 55mila a 75mila al 3,23 ed oltre 75mila al 3,33.

Mi chiedo dov’era il sindacato quando Zingaretti, invece di pagare le rate di ammortamento del debito con lo Stato, si faceva approvare una norma nel decreto terremoto di Amatrice per rinviare il pagamento al 2023. Così che la giunta Zingaretti ha preso 10 miliardi di prestito dallo Stato, che è debito. Ha aumentato le tasse per coprirlo e ha rinviato il pagamento all’attuale presidente. Non so se è chiaro a tutti ma con questa manovra l’indebitamento della Regione supera i 30 miliardi di euro, una cifra monstre mai raggiunta prima.

Mi chiedo ancora dov’era il sindacato quando la Regione, uscita dal commissariamento e con disavanzo quasi azzerato, decideva di mantenere fisso il balzello della sanità che pagano tutti, anche i ceti poveri sotto i 15mila euro. Perché il sindacato, nonostante mie diverse sollecitazioni proprio su Affaritalini.it, non ha mai preso posizione su questo ed ha sempre accettato questo balzello iniquo e dannoso per i ceti meno abbienti? Lo sa il sindacato che quella tassa, insieme alla maggiorazione Irap, cuba quasi un miliardo l’anno e produce un extragettito che viene usato non per la sanità ma per coprire altri servizi come il Tpl che hanno altre e distinte coperture finanziarie.

Lo sa il sindacato che non era vero quello che i diversi assessori dicevano in aula che si trattava di un obbligo di legge nazionale. E che più volte il tavolo di monitoraggio del Mef ha autorizzato la Regione ad abbassare l’aliquota, tenendo ferma solo la parte di copertura del disavanzo? Ancora oggi nella relazione tecnica allegata alla pdl 8/2023, che è in aula, gli uffici scrivono che la Regione essendo ancora in piano di rientro è obbligata a mantenere la maggiorazione dell’Irap (+0,92 per cento) e dell’Irpef (+0,50 per cento).

Cosa che non è del tutto vero, basta osservare la legge 191/2009 – articolo 2 comma 80 – che dice espressamente che la Regione che ha un disavanzo inferiore al gettito derivante dalla maggiorazione può abbassare l’aliquota sino alla sua copertura o usare l’extragettito per pagare altri pubblici servizi. Dunque, non c’è un obbligo della legge statale ma una precisa volontà della Regione di abbassare l’aliquota o usare l’extragettito per altro. Ed è grave che la Regione si sia rifiutata per esempio di utilizzare l’extragettito per fini sanitari bocciando alcuni emendamenti presentati in aula in tal senso.

Oltretutto, l’extragettito e le tasse al massimo consentito hanno drogato il bilancio, nel senso che hanno fatto affluire una quantità enorme di denaro in parte corrente nelle casse della Regione che ha portato a un aumento a dismisura della spesa, e come tutti sanno una volta che la spesa è aumentata è difficile rinunciare a quelle risorse. Mi chiedo, ancora, come ha fatto il sindacato ad applaudire alla manovra della Regione del marzo dello scorso anno, quando con la legge numero 7, nel diminuire gli scaglioni di reddito da cinque a quattro, in ottemperanza alla norma nazionale voluta da Mario Draghi, ha aumentato le aliquote Irpef, portandole al massimo del 3,33 di tutti gli scaglioni (15-28 mila euro; 28-50 mila; oltre 50 mila) tranne quello sino a 15 mila euro con aliquota all’1,73. È vero che, contemporaneamente, veniva previsto il fondo taglia tasse che esentava dall’aumento i redditi sotto i 35mila euro, ma l’aumento per i redditi al di sopra era consistente e il fondo era provvisorio, solo per il 2022, e di incerta copertura.

Ricordo che un manifesto della Cgil pensionati plaudiva al fatto di aver limitato l’aumento dell’addizionale all’1,6 per cento, dimenticando che quello era il massimo consentito dalla legge nazionale. Altrimenti, forse, la Regione sarebbe andata anche oltre. Rammento, poi, qualche altro che dichiarava che senza il contributo del sindacato saremmo finiti con l’aliquota unica al 2,03 (come la Calabria). Non sapendo, probabilmente, che la Calabria a causa del commissariamento della sanità deve applicare la maggiorazione dello 0,50 per cento, alla quale si aggiunge un’altra maggiorazione dello 0,30, che porta l’aliquota base dall’1,73 al 2,03, per non avere rispettato il piano di rientro. E comunque il 2,03 della Calabria è inferiore al 3,33 applicato dalla Regione Lazio.

Oltretutto, il cosiddetto fondo taglia tasse valeva nel 2022 – se non erro – 250 milioni, quanto vale oggi il disavanzo sanitario che doveva essere pari a zero ed invece è di 216 milioni. Il sindacato osservi bene la tabella allegata per capire che la Regione Lazio ha il massimo delle aliquote Irpef, e questo con la giunta di sinistra. Quanto alla maggioranza gli do un consiglio non richiesto, come ho fatto prima della campagna elettorale e durante.

Sono stato facile profeta nel denunciare mesi fa sia il buco di bilancio che il disavanzo crescente della sanità. E so bene che oggi la situazione è grave. Capisco che la prima cosa che si possa fare è rivolgersi al Governo amico, per avere qualche fondo aggiuntivo. Anche se non credo che il Governo abbia soldi da distribuire dal momento che le Regioni nel loro complesso chiedono 5 miliardi per la sanità. E che non più tardi di qualche settimana fa il sistema degli Enti locali e il Governo non hanno chiuso l’intesa sul fondo di solidarietà comunale per venti milioni. Questo significa che soldi non ce ne sono.

Forse, si potrà avere qualche norma che consenta di rinviare il pagamento delle rate del prestito statale e sarebbe già molto, ma non credo niente di più. Quindi, occorre affrontare il problema per come è. La Regione – con gli Enti regionali, le aziende partecipate, i vari centri di spesa e la sanità – è diventata un pachiderma con una spesa insostenibile.

Zingaretti in questi anni ha fatto solo operazioni di facciata, si dice di restyling, accorpando società ed Enti solo per far vedere che diminuiva i numeri dei cda, la rappresentanza e la spesa relativa alla rappresentanza, che lui chiamava costi della politica, mentre costruiva delle società monstre che sono più grandi della stessa Regione: spesso fanno le stesse cose e con una spesa strutturale dilatata.

Il punto è quello di affrontare una riforma strutturale della Regione, dei suoi Enti e delle società. A cominciare dalla sanità. So bene che è un compito difficile, dove si trovano pochi alleati ma questa è la situazione. Hic Rhodus, hic salta.


di Donato Robilotta