Pd, Bonaccini: “Disponibile a dare una mano”

giovedì 2 marzo 2023


Stefano Bonaccini è convinto che il Partito democratico non possa più permettersi “fratture e lotte intestine”. Il governatore dell’Emilia-Romagna, in un’intervista al Corriere della Sera, ammette che, pur non avendo mai pensato di avere la vittoria in tasca alle primarie del Pd, era “fiducioso di potercela fare. Non sono però pentito di essermi candidato: i tantissimi iscritti ed elettori che mi hanno votato meritavano e meritano di essere rappresentati”. Lo sconfitto alle primarie del Pd ricorda il proprio impegno: “Negli ultimi tre mesi ha detto cento volte che se avessi vinto avrei chiesto a Elly Schlein, a Paola De Micheli e a Gianni Cuperlo di essere al mio fianco, e che se avessi perso mi sarei messo a disposizione della nuova leadership. Quindi ribadisco la mia disponibilità a dare una mano. Non parliamo adesso di incarichi, perché il tema non è Stefano Bonaccini, ma unire e rafforzare il Pd. E credo spetti ad Elly indicare il modo in cui si possa darle una mano”.

Bonaccini vuole aiutare “a tenere unito il partito, rilanciando la sua natura riformista e la sua vocazione di governo. Naturalmente la linea la deve e la può dare solo la segretaria, per il mandato che ha ricevuto dagli elettori. Ma è importante che tutta la comunità del Pd si senta pienamente coinvolta e impegnata: non possiamo più permetterci fratture, lotte intestine, mancanza di solidarietà”. Le regole delle primarie “le abbiamo condivise a monte e sarebbe sbagliato contestarle o recriminare dopo il voto. Quindi la vittoria di Elly è chiara”. Rispetto alla posizione sulla guerra in Ucraina, “siamo, e sono convinto continueremo a essere, al fianco del popolo ucraino, che è stato aggredito da chi pensava di poter soggiogare impunemente un Paese straniero, in spregio al diritto internazionale. Non ci possono essere dubbi su questo. E chiedere una più forte iniziativa diplomatica da parte dell’Unione europea non mette minimamente in discussione il nostro sostegno all’Ucraina, al fianco dell’Europa e della Nato”. L’obiettivo del Pd “dovrà essere – sottolinea – quello di diventare il primo partito alle Europee del 2024. E insieme ce la possiamo fare”.

Dario Nardella ritiene che adesso spetti a Elly Schlein “l’onore e l’onere di indicare al Pd una strada, facendosi carico dell’esito di questo congresso in cui rientra anche il voto dei circoli”. Il sindaco di Firenze e capo del comitato Bonaccini, in un’intervista a Repubblica, sottolinea che, “per guidare un grande partito si deve guardare al risultato complessivo, che include sia il volere degli iscritti, sia il dato dell’area riformista. La vittoria di Schlein è chiara, l’importante ora è valorizzare il pluralismo politico del Pd”. Nardella è d’accordo con Romano Prodi nel suggerire alla neosegretaria di “unire tutti i riformisti. Non dimentichiamo che il Pd è nato per tenere insieme riformisti e radicali, altrimenti diventa una cosa diversa”. La sfida “non è essere sinistra, ma fare la sinistra. La battaglia identitaria si deve misurare con la concretezza, la vita reale delle persone. È quello che fanno tutti i giorni gli amministratori dem che penso possano essere d’aiuto al nuovo gruppo dirigente”. Elly Schlein “ha interpretato con più efficacia il cambiamento, soprattutto per i non iscritti: lo dimostra la differenza tra il voto dei circoli e il voto nei gazebo”.

Nardella, comunque, non si sente “né sconfitto, né escluso, perché ha vinto anzitutto il partito, con un milione di votanti alle primarie, grazie anche al mio contributo e a quello di tutti i riformisti. Ripartiamo da qui per restare uniti”. Il sindaco di Firenze non pensa che la scissione sia un’ipotesi reale, “dobbiamo lavorare tutti per evitarlo. Quelle passate non hanno aiutato né chi è rimasto né chi è uscito. Per questo serve un partito che garantisca la pluralità delle voci interne al Pd”. Se con Schlein “sapremo dare forza e dignità sia all’anima radicale che a quella riformista – osserva – recupereremo tanti elettori che in passato hanno votato sia il M5s, sia il Terzo polo, o si sono astenuti”.


di Mino Tebaldi