Democristiani in salsa green

mercoledì 22 febbraio 2023


Democristiani in salsa green: sembrerebbe questa la nuova versione post millennium 2.0 da oggi nel nuovo formato Udc-Verde è popolare. Questo brogliaccio mi ricorda un pochino la vecchia componente targata Alleanza Nazionale di Nino SospiriAmbiente e vita – che non ebbe grande successo. Anche se, in quella coalizione, campeggiavano delle sigle ambientaliste di vecchia data che, soprattutto, scimmiottavano programmi e temi dei verdi-rossi, privi di una loro precisa identità.

Dal programma della nuova formazione bianco-verde si evince che l’unica cultura, interamente basata sul rapporto fecondo e incontestabile fra ambiente, persona e comunità riconosciuta, è quella cristiana. Perdonatemi ma è un grosso abbaglio. Ho sempre disconosciuto certi messaggi escatologici: rifiutando a priori l’equazione che verde fosse rosso, allo stesso modo non posso sposare questa nuova sintesi.

Per dovere di analisi, il movimento verde è nato al di fuori dei partiti e delle vecchie ideologie dei primi del Novecento, poiché – per primo – si è presentato in antitesi a certi schemi desueti, che rappresentavano non più programmi ma logiche di geopolitica. Logiche, eterodirette da nazioni oltre i nostri confini, che ambivano a irretire e gestire le nostre politiche per fini a noi avversi e di loro comodo. I verdi, alla fine degli anni Ottanta, portarono alla luce una rottura dei vecchi contrafforti. E in qualche modo contribuirono ad anticipare gli eventi, riportando il confronto dei partiti su temi e programmi. Gli spauracchi del passato – comunismo e fascismo – con i nuovi eventi storici fino alla caduta del muro di Berlino erano finalmente seppelliti dalla storia. Destra e sinistra, finalmente, venivano private di ogni significato! Anche se non fu così.

Quel finto blocco, penetrato dai servizi segreti di mezzo mondo, che aveva imposto lo scontro tra fazioni su semplici schemi di destra e sinistra, senza mai un confronto vero sui programmi, era ormai al tracollo e non più credibile. La conventio ad excludendum finalmente, grande intuizione di Aldo Moro, uno statista immeritato, veniva finalmente messa al bando per i nuovi equilibri di geopolitica. Il movimento verde ottenne un grande successo, proprio perché per primo si presentò agli elettori con un programma, al di fuori dei partiti. E la sua parabola discendente, non a caso, iniziò il momento in cui si tinse di rosso, collocandosi all’estrema sinistra. Una deriva che il padre fondatore, Alex Langer, rifiutò senza se e senza ma.

Alcune di queste fazioni estreme, extra-parlamentari e non, permeate da derive e contatti con alcuni Paesi, e infiltrate – ma in verità, questo sia a destra che a sinistra, a un certo punto non più utili allo scopo – si sono riciclate nelle formazioni rosso-verdi! La protezione che alcuni di loro ebbero dalla dottrina di François Mitterrand è una cartina tornasole. Dunque l’anticapitalismo, una visione tipica di una certa cultura di estrema sinistra, diventava il simbolo di battaglie a favore dell’ambiente, in quanto era colpevole del disastro ecologico. Il tutto si saldava a un falso ontologico, ovvero che uomo, natura ed esseri animali fossero sullo stesso piano. Una versione nichilista che promuoveva una visione biocentrica, che rifiutava la superiorità ontologica dell’uomo, al quale sono state affidate la tutela, la gestione e la protezione della madre terra. Per questa accezione e deriva, l’uomo è il cattivo, il nemico. E solo alcuni sono gli eletti che possono elevarsi, interpretare e condurre. Ditemi se gli schemi non sono gli stessi di un certo pensiero che ha intriso il Novecento. Schemi adottati proprio da quei finti ambientalisti in salsa verde-rossa. Le stesse identiche visioni del pensiero marxista che, sconfitto dalla storia, come l’Araba fenice risorgeva camaleonticamente.

L’animalismo è la punta dell’iceberg di questo processo, dove per assurdo gli animali diventano portatori di diritti soggettivi attivi. Un falso ontologico clamoroso con ben altre mire, arrivando persino a reinterpretare il cantico di San Francesco. Cantico che, diversamente, era un inno alla vita e vedeva nella natura il progetto di un essere superiore, in cui, specchiandoci, potevamo comprendere il suo disegno e la sua natura! Ed è qui semmai che l’Udc dovrebbe avere un ruolo, se professa una certa fede. Oggi il cantico è diventato lo slogan dove si esalta la sacralità del lupo. Come se, in quei secoli, dove questi animali rappresentavano un serio pericolo per l’incolumità, potesse avere l’accezione attribuita non solo di bestiame ma anche di persone, trattandosi diversamente di revisionismo per subdoli fini.

Spiace, oggi, che il Partito Democratico possa nuovamente accogliere tra le sue fila proprio quelle rappresentanze, dimostrando da una parte poco interesse per le questioni ambientali, e dall’altra, più attenzione per quelle elettorali. Ma la parola “sinistra” che campeggia in gran vista sotto il simbolo verde non aiuterà il Pd, a mio avviso, a ricomporsi e a trovare finalmente una sua precisa identità! È ovvio che tali accozzaglie hanno solo una valenza elettorale.

Oggi Wikipedia, ritiene che il fondatore del pensiero ecologista liberale sia stato coniato nel 1998 e Marcel Wissenburg annota la nostra componente tra coloro che hanno alimentato questo pensiero. Niente di più errato: i verdi liberal-democratici, e poi i verdi-verdi, dunque la nostra componente, è stata la prima ad affrontare queste tematiche con un approccio non statalista di un’economia ecologica di mercato, non dirigista, rifiutando ogni biocentrismo.

Nel centrodestra, in verità, non abbiamo trovato un terreno fertile. Per primi, e scusate se rivendichiamo il merito, abbiamo iniziato a parlare di ecologia umanistica. Questo era allora come oggi il nostro appello (http://verdiverdi.it/appello.htm).

Tornando alla salsa verde post Democrazia Cristiana, leggendo il programma non posso non osservare che non vi sia un minimo accenno alla gestione e mantenimento della biodiversità. Non vi è nessun riferimento al tipo di approccio che dovrebbe ispirare le politiche di economia e di sviluppo. Non si comprende come il reddito di cittadinanza possa essere tra i perni del programma. Si analizzano questioni come il lavoro e l’edilizia, ma con un approccio tipico di un qualsiasi altro partito senza alcuna connotazione propriamente verde-verde.

Ricordo un certo slogan, promosso dall’Udc in alcune campagne elettorali: Io c’entro. Uno slogan che inviai alla segreteria di Mario Baccini in tempi non sospetti, che il sottoscritto coniò alla fine degli anni Novanta. Uno slogan che avrebbe dovuto essere il tema di un convegno che, invero, non venne mai organizzato. Doveva essere un punto di partenza per un progetto politico. Non posso non ricordare, dopo tanto lavoro, la presenza in una riunione di una componente, i verdi federalisti, rappresentati da Laura Scalabrini e Giancarlo Capobianco. Ex democristiani ancor prima che verdi, sponsorizzati allora da un noto deputato che è oggi tra i rappresentanti e sponsor di questa nuova Dc in salsa Verde.

Ma ovviamente non c’è alcuna, sono solo riflessioni. Sono personaggi che crearono non pochi problemi. E che, a tempo debito, tradendo ogni programma, tentarono un accordo con i Verdi del Sole che ride. Accordo che mi rifiutai di avallare e portò alle mie dimissioni dopo aver preso pubblicamente le distanze.

Ritengo pertanto la scelta in salsa verde della nuova Udc legittima, ma poco credibile. Come non è credibile l’anima ambientalista dei Cinque Stelle. Una componente verde, per avere successo, necessita di alcuni ingredienti. In primis, un programma autenticamente ambientalista. Poi deve essere rappresentata da persone con una precisa connotazione e con una determinata storia. Ancora più importante è che una qualsiasi componente verde, per avere successo ed appeal, dovrà porsi al di fuori di ogni vecchia ideologia e dai partiti che hanno tutta un’altra storia.

La gestione delle risorse del nostro pianeta non è una questione che può essere democristiana o di qualsiasi altra area politica, bensì è trasversale. Abbiamo tutti noi ereditato la terra dai nostri padri per i nostri figli. Figli di ogni colore, razza, opinione, religione. Per questo, i verdi-rossi si sono consunti e ben presto, come avevo anticipato nel libro Da una grigia ad una verde politica, saranno fuori dal Parlamento. Il verde è verde e non potrà mai essere bianco, nero, rosso ma appartiene a una vasta area politico-culturale.

(*) Presidente Movimento Ecologisti


di Roberto De Santis (*)