Immigrazione: che sia la volta buona?

lunedì 13 febbraio 2023


Il Consiglio europeo straordinario si è concluso – come dichiarato anche dalla premier Giorgia Meloni – in maniera assai soddisfacente per l’Italia, almeno sul tema dei migranti. Dopo anni di ipocrisia sulla questione, sembra che l’Unione europea si sia decisa ad affrontare l’annoso problema in maniera seria e realistica. In questo contesto di “risveglio”, l’Italia è riuscita a ottenere da Bruxelles il riconoscimento della “specificità delle frontiere marittime”, oltre all’impegno ad affrontare i flussi migratori in maniera congiunta, a livello comunitario. Perché è così importante che l’Europa abbia riconosciuto il fatto che, oltre ai confini terrestri, esistono anche quelli marittimi? Perché in questo modo si prende definitivamente atto che il problema non è solo quello dei movimenti “secondari” (vale a dire dal Paese di primo approdo a un altro), ma degli arrivi incontrollati e dell’assenza di una strategia di difesa di quelle frontiere che possono essere attraversate con estrema facilità grazie all’opera delle pseudo-organizzazioni umanitarie e degli scafisti, oltre che al disinteresse e talvolta alla connivenza di alcuni Stati membri.

Perché – come ha detto Meloni rispondendo al premier olandese, Mark Rutte, che voleva sanzionare il nostro Paese, colpevole di non fare abbastanza per impedire che i migranti non ancora identificati andassero in giro per l’Europa – l’unico modo per fermare i movimenti secondari è fermare quelli primari. L’intesa raggiunta sarebbe il frutto del paziente lavoro diplomatico dell’Italia: secondo le indiscrezioni, Meloni avrebbe assecondato le richieste di quei Paesi (specialmente di quelli dell’est e dell’estremo nord, come pure dell’Austria) desiderosi di ottenere i finanziamenti comunitari per “recintare” i loro confini, ottenendo in cambio l’appoggio di questi Paesi per il riconoscimento del problema “a monte”, cioè della necessità di difendere congiuntamente anche i confini marittimi, chiudendo così la rotta mediterranea assieme a quella balcanica. Nel momento in cui è venuta meno l’ipocrisia di chi diceva “no ai muri”, salvo poi appoggiarne finanziariamente la costruzione e lasciare che i Paesi del sud (impossibilitati per ragioni geografiche a erigere barriere ai confini) si occupassero di tutto, anche l’ipocrisia di chi insisteva a ignorare le richieste italiane è diventata difficile da sostenere. Ora si spera che alle dichiarazioni di principio seguano i fatti: una volta dichiarata l’esistenza e l’inviolabilità dei confini marittimi dell’Europa, la logica conseguenza di questo sarebbe che tutti gli Stati membri si impegnassero, ciascuno secondo le sue possibilità, a limitare le attività delle Ong e degli scafisti.

Non solo: sarà necessario anche che l’Europa – e non i singoli Stati – cerchino delle intese coi Paesi del Nord Africa per potenziare la lotta ai trafficanti d’uomini e alle partenze irregolari. Se nemmeno questo riuscirà a risolvere definitivamente la questione, allora bisognerà ricorrere, come già proposto da Meloni, a una missione navale con capacità militari in grado di pattugliare e proteggere i confini marittimi e/o all’erogazione di fondi ai Paesi nordafricani perché chiudano le loro frontiere meridionali, da sempre rotta privilegiata dei migranti irregolari. Certo, per ora tutto è ancora vago e incerto, ma si tratta di un passo avanti. Sembra – e questo anche grazie all’opera dell’Italia e della premier – che la stagione della demagogia umanitaria e del perbenismo sia finita: quella della presa di coscienza circa la problematicità di un fenomeno capace di stravolgere completamente il futuro delle nazioni europee è giunta. C’è ancora molto da fare e molte battaglie da combattere, ma le premesse, se non altro, lasciano ben sperare.


di Gabriele Minotti