“Craxi profeta” di Antonio Cornacchia (ovvero la Quercia caduta)

venerdì 30 dicembre 2022


Il generale dei carabinieri Antonio Cornacchia (a riposo), nell’approssimarsi della ricorrenza dei 40 anni dalla nascita del primo governo Craxi, ha realizzato un accurato volume in memoria della scomparsa di uno Statista venuto a mancare in terra straniera, in seguito ad una persecuzione giudiziaria politicamente orientata, rivalutato solo post mortem, dal titolo Craxi Profeta (Armando Curcio editore). Si tratta in realtà di due libri in uno: la prima parte è significativamente intitolata Mani pulite, concernente l’humus storico-politico, nel quale venne a maturarsi uno tsunami che travolse non solo l’ex segretario del Psi, ma l’intera classe dei partiti di governo, nonché l’equilibrio sancito dalla Costituzione fra i tre tradizionali poteri: legislativo (quello sovrano per eccellenza), esecutivo e giudiziario, il qual ultimo attraverso la componente di Magistratura democratica riuscì a scardinare in via giudiziaria con marchingegni processuali, la democrazia stessa. La seconda parte è dedicata a Bettino Craxi in particolare, la cui persecuzione non poteva essere de-contestualizzata dall’ampia ricostruzione del citato fenomeno “Mani pulite”. Una minoranza agguerrita di giudici in prevalenza di orientamento comunista, stravolse la volontà liberamente espressa dal Popolo, e fece cadere l’Esecutivo a guida Craxi, comprendente la Dc, il Psi, il Pri, il Psdi ed il Pli, sicché alcune Toghe da Potere tecnico si trasformarono in un vero e proprio potere politico, ovviamente senza alcuna investitura popolare.

La caduta del Muro di Berlino fu il dies a quo per il venir meno del comunismo internazionale e specularmente – per ciò che concerne l’Italia – della necessità da parte americana di sostenere le forze politiche che fino a quel momento avevano fatto argine contro il rischio di un avvento del Pci al potere. Inoltre gli Stati Uniti non avevano dimenticato la fermezza dimostrata da Craxi nella vicenda di Sigonella, col rifiuto di consegnare ai tradizionali alleati il palestinese Abu Abbas, responsabile dell’omicidio del cittadino statunitense Leon Klinghoffer. Un gruppo di magistrati – il cosiddetto “Pool di Mani Pulite” – nel quale si distinse Antonio Di Pietro – riuscì a maneggiare con spregiudicata abilità ed efficacia i mezzi di comunicazione di massa ed il consenso di una parte del pubblico e della classe politica all’opposizione. Fu una drammatica stagione di suicidi di imprenditori (Raul Gardini tra gli altri) e di uomini politici colpiti da una infamante campagna di fango (Silvio Berlusconi in primis), di arresti arbitrari e di interrogatori ben stigmatizzati dal presidente Oscar Luigi Scalfaro quando criticò l’eccesso del ricorso alla carcerazione preventiva, strumento di pressione sull’indagato, abusato da qualche magistrato “un po’ rozzo” come vero e proprio mezzo di tortura: “il tintinnare le manette in faccia ad uno che viene interrogato da qualche collaboratore – disse con felicissima espressione onomatopeica – questo è un sistema abietto, perché è di offesa. Anche l’imputato di imputazioni peggiori ha diritto al rispetto”.

 Le inchieste condotte nella vicenda di Tangentopoli – osserva l’autore – risparmiò significativamente nel filone del finanziamento dei Partiti, il Pci, che era stato costantemente sovvenzionato dall’Unione Sovietica, prima del suo disfacimento. Il pool di Mani pulite “indusse a far credere che la semplice iscrizione nel registro degli indagati, fosse un atto di colpevolezza”, ma purtroppo – ci sia dato osservare – questa deformazione aberrante del principio della presunzione di innocenza fino al giudizio definitivo, è tuttora operante, come un cancro della razionalità, prima ancora che della giustizia in senso formale e sostanziale.

Sicché nonostante la solida maggioranza conseguita dal quadripartito in Parlamento dopo le elezioni del 1992, grazie a quello che più di commentatore definì un “golpe mediatico-giudiziario”, si susseguirono una serie di eventi che determinarono la fine traumatica della Prima Repubblica, al cui riguardo Craxi con estrema lucidità affermò “Non c’è una mano unica dietro questo disegno, ma più centri di potere economico, finanziario ed editoriale, una cupola che vorrebbe avere mano libera, sgombrando il campo dai partiti, per trasformare l’Italia a proprio uso e consumo, in una democrazia”.

Allo smantellamento dei partiti – osserva il Cornacchia – si affiancò come logica conseguenza, la vendita delle industrie pubbliche e le continue privatizzazioni con la svendita delle grandi aziende italiane alle multinazionali straniere. Nel 1992 lo Stato aveva il controllo dei treni, degli aerei e delle autostrade; dell’acqua, dell’elettricità e del gas; dell’80 per cento del sistema bancario, della telefonia, della Rai, di porzioni rilevanti della chimica e della siderurgia, nonché numerose partecipazioni a colossi dell’industri italiana (Locatelli, Invernizzi, Buitoni, Perugina, Galbani, Negroni, Ferrarelle, Peroni, Moretti, Fini). Negli anni a seguire furono ceduti molti di quei marchi, nonché Motta, Alemagna, Surgela, Sip, nel quadro di una continua deindustrializzazione, privatizzazioni e svendite dei gioielli di famiglia a multinazionali estere. La seconda parte del libro, come accennato, è dedicata a Craxi, dopo l’excursus senza il quale la sua vicenda non avrebbe potuto comprendersi fino in fondo, essendo egli soltanto la punta dell’iceberg del crollo di un intero sistema di rappresentanza democratica nel senso etimologico, storico e giuridico della parola. Craxi – ricorda l’autore – sin dai primi mesi della sua segreteria del Psi, diede inizio ad una revisione ideologica del partito, con la rivalutazione del pensiero socialista libertario rispetto al marxismo, con la conseguente accentuazione dei contrasti con il Pci, manifestatisi nel sostenere una soluzione umanitaria, di contro alla linea della fermezza sostenuta dal Pci e dalla stessa Dc che ebbe l’epilogo nell’assassinio di Moro.

Craxi fu il primo leader ad invitare anche il Msi alle consultazioni per il varo di un nuovo governo, che venne a formarsi con il pentapartito Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli, la cui formula durò per due Esecutivi, dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987, conseguendo così il risultato della governabilità più longeva della Repubblica. Nell’ambito dei rapporti con Oltretevere, venne stipulato un nuovo Concordato nel 1984 che sostituì quello del 1929, a segno ulteriore che il partito del premier aveva totalmente superato la tradizione anticlericale del socialismo storico. Sotto il profilo economico, durante la sua presidenza l’inflazione calò dal 12,30 per cento al 5,20 per cento e si ebbe una crescita salariale di quasi 2 punti sopra l’inflazione, il che consentì all’Italia di diventare la quinta potenza industriale a livello mondiale, seppure con un disavanzo che crebbe da 234 a 522 miliardi di lire. Un capitolo ad hoc è dedicato al patto segreto di Tangentopoli tra il pool di Mani Pulite ed il Pds che venne a determinare una sorta di “colpo di Stato giudiziario”.

La politica abdicò alle sue funzioni e si consegnò nelle mani della magistratura, che si auto investì di una funzione palingenetica in totale contrasto con i dettami della nostra Costituzione. A margine di ciò, si determinò altresì una sorta di pactum sceleris fra il mondo dell’informazione e quella parte della magistratura interessata a sovvertire gli equilibri politici ed a portare al governo i comunisti. Craxi – afferma l’autore – può essere definito come l’ultimo grande vero statista, che aveva un progetto per l’Italia. In uno dei suoi scritti inediti pubblicati postumi nella raccolta “Io parlo e continuerò a parlare”, profetizzò che l’Italia sarebbe andata incontro ad un futuro catastrofico per la giustizia politicizzata, l’informazione sempre più controllata dai poteri economici e politici, le svendite del patrimonio pubblico. E che sarebbe stata preda della globalizzazione devastanti. A distanza di dieci anni dalla scomparsa dello Statista, il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini nel rendere omaggio alla sua memoria, ricordò la sua lungimiranza di socialista autonomo ed anticomunista. Negli anni a seguire, numerose furono le attestazioni postume di stima da parte di politici di diversa estrazione: da Fassino a Napolitano, da De Mita Rampelli, a Berlusconi che lo paragonò a De Gasperi.

Ci sia consentito, a margine di questo articolo, di ricordare una poesia della nostra infanzia, che ben si attaglia alla sorte dello Scomparso:

Dov’era l’ombra, or sé la quercia spande

morta, né più coi turbini tenzona.

La gente dice: Or vedo: era pur grande!

Pendono qua e là dalla corona

i nidietti della primavera.

Dice la gente: Or vedo: era pur buona!

Ognuno loda, ognuno taglia. A sera

ognuno col suo grave fascio va.

Nell’aria, un pianto … d’una capinera

che cerca il nido che non troverà.

(*) Craxi Profeta di Antonio Cornacchia, Armando Curcio editore, 397 pagine, 16,90 euro


di Tito Lucrezio Rizzo