venerdì 30 dicembre 2022
Giorgia Meloni è visibilmente evoluta politicamente e anche umanamente in soli due mesi e rotti di governo. Altri dentro e soprattutto fuori dalla sua maggioranza, no di certo. E le differenze traspaiono impietose solo guardando la maniera cortese e decisa con cui la prima premier donna della storia d’Italia ha risposto alle domande della conferenza stampa di fine 2022.
Se sia stato Mario Draghi a istruirla prima, durante la breve fase di transizione, o se si tratti di un caso di evoluzione politica autodidatta, per ora non è dato sapere. Certo, l’impressione – per uno che come chi scrive non può certamente essere accusato di opportunismo politico né tantomeno di comunanza di idee con Fratelli d’Italia – è stata notevole. Tra la Meloni di oggi e i suoi competitor dentro e fuori dalla maggioranza sembra essersi scavato un fossato di quelli medievali collegati al castello del potere da un ponte levatoio. Un fossato ovviamente pieno di acqua stagnante con gli immancabili coccodrilli. Quando si sentono i politologi straparlare di “statista” in contrapposizione a “propagandista”; ecco, la premier di oggi assomiglia più alla Thatcher di fine anni Settanta in Inghilterra rispetto a quella che conoscevamo tre o quattro anni fa. Non una parola fuori posto nelle risposte, non un ammiccamento di troppo, non una singola battuta detta “a cavolo”.
Quando qualcuno verso la fine della conferenza stampa di fine anno la provoca sulle prossime elezioni regionali di febbraio in Lazio e Lombardia chiedendole se si sarebbe comportata da capo di un governo o da capo di un partito, risponde ridendo: “Non ci avevo proprio pensato, in questo momento ci sono altre priorità, vorrà dire che studierò la prassi seguita dai miei predecessori e mi regolerò di conseguenza”. Della serie: “becca e porta a casa”.
Mi sbaglierò ma, se il trend dei prossimi mesi e anni dovesse continuare a essere questo, Giorgia Meloni oltre a diventare la “Thatcher de’ noantri” rischia seriamente di metterci le tende a Palazzo Chigi. Fosse pure per mancanza di alternative credibili. Inoltre da certe risposte date ai giornalisti su precari, povertà, reddito di cittadinanza, giustizia e persino immigrazione, traspariva anche una discreta bontà d’animo che non guasta mai. Gli altri continueranno a incartarsi tra propaganda e demagogia, che poi sono gli ingredienti principali del populismo di destra o di sinistra, lei però sembra avere spiccato il volo. Su cui fino a pochi mesi fa in pochissimi avrebbero scommesso.
di Dimitri Buffa