venerdì 23 dicembre 2022
Nella corsa alla leadership del Partito democratico si aggiunge un quarto nome. Quello di Gianni Cuperlo. “Mi candido a segretario del Pd”, annuncia il deputato in un’intervista all’Huffington Post. Il politico è sinonimo di apparato, un tempo dalemiano di ferro dai toni eleganti. “C’è il rischio – spiega – di una deriva greca o francese del Pd. Devo farlo anche se la ragione me lo sconsiglia. Ci ho riflettuto, so benissimo che ci sono due candidature favorite, ma è un congresso talmente importante che nella prima fase, quella dove a votare saranno gli iscritti, chi ha delle idee sul dopo credo abbia persino il dovere di esporle e discuterle”. La notizia della candidatura di Cuperlo è stata lanciata dal sito di Repubblica e poi ripresa dagli altri siti. Intanto, Stefano Bonaccini, Paola De Micheli ed Elly Schlein stanno conducendo una partita all’insegna del Fair Play. Solo colpi di fioretto, nessuna sciabolata. Ma su un aspettano i tre candidati alla segreteria dem concordano: “Vogliamo cambiare gruppo dirigente”. A questo proposito, Bonaccini non rinuncia a lanciare stilettate ai due convitati di pietra della corsa alla leadership del Pd, Dario Franceschini e Matteo Renzi. “Qualche dirigente nazionale, da vent’anni in Parlamento e che ha sempre fatto il capocorrente – attacca il presidente della Regione Emilia-Romagna – dice che io non potrei garantire il pluralismo. Ma io il partito ho contribuito a fondarlo e quando ho avuto opinioni differenti con il gruppo dirigente non me ne sono mai andato. È troppo comodo andarsene, bisogna restare insieme”.
Bonaccini, accusato da più parti di rappresentare la lunga stagione del renzismo, replica duramente su Rainews24. “Io – sottolinea – non solo non ho rottamato, ma ho sempre unito e questo è il compito della classe dirigente. Non ho mai utilizzato il termine “rottamazione” neppure quando votai Renzi al congresso a fine 2013. Non mi è mai piaciuta come parola, non l’ho mai usata. È una espressione che rischia di essere non solo arrogante, ma anche non rispettosa di chiunque voglia stare in una comunità e in una famiglia. Per me non esistono nemici tra gli avversari, figuriamoci se ci sono nel Pd. Se vincerò il congresso chiederò a Elly Schlein e Paola De Micheli se vorranno dare una mano. E se vinceranno loro io un minuto dopo darò una mano, se lo vorranno. Troppe volte nella storia del Pd i dirigenti si sono combattuti l’un l’altro”. Bonaccini non rinuncia a un nuovo attacco alle correnti del partito. Il Pd “non può che essere plurale”, ma questo non significa “continuare a vivere di correnti fossilizzate, che più che dare un contributo di idee sono diventate un elemento divisione invece che di unità. E che hanno mandato avanti non i meritevoli, ma i fedeli ai capicorrente di turno”. Il governatore punta sull’identità del Pd e si smarca da quanti vogliano, a tutti i costi, siglare un accordo organico con il Movimento 5 stelle. “Come Pd dobbiamo mettere insieme culture riformiste e progressiste differenti e tornare a essere il baricentro del centrosinistra, anche perché quando si faranno le alleanze bisognerà farlo da una posizione di forza. Se qualcuno vuole diventare una fotocopia dei 5 stelle o di altro, la gente sceglierà l’originale. Io credo nel Pd, nonostante il momento complicato che stiamo vivendo abbiamo tutta la forza che ci arriva da donne e uomini in giro per l’Italia per rigenerare questo partito, che può rischiare l’irrilevanza, ma può avere anche un nuovo destino e futuro”. Bonaccini, oltre al sostegno di Dario Nardella, che sarà il “leader della mozione congressuale”, punta anche su Pina Picierno. “È vicepresidente del Parlamento europeo, una donna giovane, del sud, che ha preso voti mettendoci la faccia quando si è candidata alle Europee. Lei, al pari di tanti altri e altre, è una figura che può fare bene nel Pd. Mi affiancherà in questa sfida, come tanti altri e altre. Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai insieme. Sarà una delle figure che mi affiancheranno”.
Elly Schlein, intervistata dalla Stampa, ritiene necessario cambiare gruppo dirigente. Ma questo non basta. Non è possibile “senza un’identità chiara e un blocco sociale di riferimento”. Per la deputata “la Manovra è un caos: dicevano di essere pronti, invece siamo al dilettantismo al governo: colpisce i poveri e aumenta la precarietà, debole sugli investimenti e incerta nell’attuazione del Pnrr. Strizza l’occhio a chi evade e contiene tagli nascosti a sanità e scuola, perché non prende atto dell’inflazione”. Rispetto al congresso del partito, dice, “se non vogliamo fare una discussione tutta ombelicale, deve intrecciare i temi del governo e dell’opposizione. Dobbiamo occuparci di disuguaglianze, che Giorgia Meloni non vede. Di precarietà. E di questione climatica. I sondaggi scendono e salgono, non mi preoccupano. Dobbiamo ricostruire una credibilità. Lo scandalo dell’Europarlamento è vergognoso. Ma non basta indignarsi: dobbiamo rafforzare gli strumenti di controllo”. In un Pd guidato da Schlein anche i più centristi si sentiranno a casa? “Il pluralismo del partito sarà salvaguardato. Io troppo radicale? Non penso che porre oggi il tema della necessità del salario minimo sia un tema radicale”. Rispetto all’idea di introdurre la parola “lavoro” nel nome del partito “è una valutazione che spetta agli iscritti, ma è uno stimolo positivo”. Infine, l’annuncio: “Antonio Misiani sarà coordinatore del lavoro di costruzione del programma”.
“La Vitamina Elly per rigenerare il partito” è lo slogan scelto dal Comitato di Bologna “Parte da noi” per promuovere e sostenere la parlamentare fresca di tessera del Pd Elly Schlein nella sua corsa alla segreteria nazionale del partito. A presentare al Circolo Passepartout di via Galliera il comitato i due coordinatori provinciali Stefano Caliandro, consigliere regionale e la sindaca di Bentivoglio Erika Ferranti, insieme all’ex Sardina Mattia Santori, anche lui appena tesserato. C’era anche la delegata Fiom Cgil “ma soprattutto operaia” Roberta Zacchiroli. Trentacinque i nomi che compongono l’elenco dei promotori bolognesi del comitato, tra cui esponenti della giunta comunale come Daniele Ara e il capo di gabinetto della città metropolitana Sergio Lo Giudice, consiglieri regionali quali Marilena Pillati e Antonio Mumolo, ma anche membri della società civile e di realtà associative. “Una composizione volutamente meticcia”, ha commentato Caliandro, a dimostrazione di quello slancio di “apertura alla base” di un partito, il Pd, che nel corso degli anni si sarebbe “irrigidito” secondo Santori. Arroccandosi in “un atteggiamento quasi aristocratico” colpevole di aver allontanato tanti elettori. “Credo che Elly porti davvero con sé un ricostituente, questa cosa si respira tantissimo e ha a che fare con la pluralità”, ha detto Santori. “È chiaro – ha aggiunto – che c’è una grandissima differenza tra l’impostazione di Stefano Bonaccini e quella di Elly Schlein. È chiaro che da una parte c’è una pluralità e dall’altra parte c’è una voglia di leadership”. “Noi siamo la giusta causa – ha detto Caliandro – quella saltata con il Jobs Act, quella dell’ambiente”. E anche contro l’abolizione del Reddito di cittadinanza e per il salario minimo, per il clima e femminista. Lo ha ribadito anche Schlein, che si è collegata dopo i vari interventi spiegando di essersi dovuta trattenere a Roma per l’imminente voto alla Camera alla Manovra. “Questa non deve essere una corsa alle tessere”, ha detto, ricordando però l’importanza di aderire al percorso, in vista del voto alle primarie di febbraio. In soli 19 giorni, ha concluso “si sono già iscritte oltre 18mila persone”.
Un bolognese d’adozione doc come l’ex leader della Cgil Sergio Cofferati, già sindaco della città felsinea (dal 2004 al 2009), non punta sui nomi, ma sulla rifondazione del Pd. In un’intervista a Repubblica, Cofferati sostiene la necessità di “recuperare un rapporto diretto con i cittadini, non solo i suoi iscritti. Oggi chi li porta più, in piazza? Il partito leggero rischia di diventare evanescente”. A suo avviso, la crisi della sinistra si inverte “attraverso due passaggi indispensabili. La rifondazione del Pd e l’accordo politico più ampio con Sinistra italiana, Verdi e M5s. Che al momento si può e si deve considerare a tutti gli effetti una forza di sinistra, anche se ai più costa fatica dirlo”. Rispetto al percorso congressuale “mi pare – dice – che le buone intenzioni iniziali si siano rapidamente dissolte. In un processo ricostituente si dovrebbe andare per temi. Un partito della sinistra è tale se ha dei valori di riferimento ben definiti: difesa dei più deboli, giustizia, equità sociale, qualità del vivere e un’idea di società nella quale lo sviluppo economico serva a creare ricchezza da redistribuire equamente. È su questo, che si deve interrogare il Pd: non sui nomi e le formule del congresso”. In merito al Qatargate, “gli scandali ripropongono la questione morale. Gli anni dei governi di responsabilità hanno confuso. Ma mi pare che la discussione sul congresso stia allontanando anche una parte dell’elettorato storico”. Schlein o Bonaccini? “È l’unica domanda a cui mi pare si sia ridotta la discussione, il problema è proprio questo. Il cittadino che ha passione o cerca risposte nella politica, nel Pd, non vede uno spazio dove discutere”.
di Mino Tebaldi