I giorni della paura

lunedì 21 novembre 2022


Questi sono giorni che, forse, saranno difficili da dimenticare: c’è la paura di chi per la prima volta deve diventare il riferimento portante della gestione del Paese. Mi riferisco al presidente Giorgia Meloni, che è all’interno di una coalizione completamente sbilanciata. Una coalizione in cui la destra, quella di Fratelli d’Italia, rappresenta lo schieramento dominante. Quindi, è umano e comprensibile che scatti uno stato di tensione, dovendo dimostrare di non commettere errori e, soprattutto, di mantenere la dote che, le va dato atto, le ha consentito di aggregare in pochissimi anni un consenso diffuso. Mi riferisco alla dote della “coerenza”.

Meloni deve governare mantenendo nel suo dna la logica della coerenza. Ed è proprio questo il momento più difficile, quello in cui la paura raggiunge i livelli più alti e, al tempo stesso, più patologici, in particolare con la scelta della squadra di Governo e dell’identificazione dei ministri. Quindi, scatta la paura di scegliere male o di perdere, nella scelta, quella dote che avevo invocato prima, cioè la “coerenza”. In fondo, ci chiediamo: Meloni sarà in grado di resistere alle forzature e ai “ricatti comportamentali” imposti dai leader degli altri schieramenti della coalizione? Questa paura non dura, purtroppo, un giorno, una settimana o un mese. È una paura che sicuramente è traumatica all’inizio, dalla convocazione al Quirinale fino alla proposta dei ministri. Ma è una paura che caratterizzerà, certamente, la fase legata al primo impegno difficile e, allo stato attuale, noto per le problematiche ma privo delle possibili soluzioni. Ovvero il disegno di legge di Stabilità 2023. Nei primi sessanta giorni, quindi, Meloni dovrà cercare in tutti i modi, e in modo autonomo, di affrontare almeno sei aree tematiche:

– la rivisitazione del Pnrr. O meglio la trasformazione spot, già avviata con l’articolo 30 del decreto legge Aiuti Ter, in cui si è deciso di utilizzare le risorse del Pnrr per coprire gli aumenti dei prezzi delle opere infrastrutturali, in una rivisitazione organica in cui forse sarà opportuno modificare la parte legata al comparto delle infrastrutture. E bisognerà chiedere all’Unione europea di trasferire almeno 30 miliardi di euro per il superamento della crisi energetica;

– l’intervento nel Mezzogiorno, una realtà che da otto anni riceve sistematicamente assicurazioni sulle percentuali delle risorse da assegnare per la realizzazione di interventi e che per otto anni sono rimasti solo un impegno mediatico. Un Mezzogiorno in cui si è spenta volutamente la luce del rilancio, la luce della volontà per evitare che il Sud abbia come risorse da parte dello Stato solo il Reddito di cittadinanza. Un impegno questo che sembra quasi volere mantenere il dato più umiliante che caratterizza il Meridione: il reddito pro capite al di sotto della metà del reddito pro capite del centro-nord;

l’aspetto sempre legato all’emergenza Sud è quello relativo ai Livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Ricordo che nel comparto della Sanità è penoso l’indicatore che caratterizza i Lep, specialmente in alcune aree del Sud. Ed è carico di difficoltà il processo che dovrebbe cercare in tutti i modi di ridimensionare le distanze tra il Sud e l’intero Paese;

– i fondi comunitari. Mi riferisco sia ai Fondi di sviluppo e coesione 2014-2020, sia a quelli del periodo 2021-2027. Per il primo periodo, il Governo dovrà affrontare una emergenza che è leggibile in un solo dato: su 54 miliardi assegnati nel 2014, a oggi si è stati in grado di spenderne appena 5-6 miliardi di euro e si rischia alla fine del 2023 di perdere definitivamente circa 30 miliardi di euro. Invece, per il periodo 2021-2027 l’assegnazione si aggira sui 70 miliardi di euro ma allo stato c’è poca chiarezza sulle assegnazioni e sulle reali modalità di spesa. La legge di Stabilità dovrebbe affrontare e chiarie una simile emergenza che riguarda anche il resto del Paese (il Fondo, infatti, per il 20 per cento è relativo al centro-nord).

istituire di nuovo un Fondo rotativo per le opere pubbliche, cioè ricreare un Fondo (tra l’altro istituito già nel 2002) che recuperi nel tempo sia i proventi prodotti da quelle infrastrutture realizzate con fondi pubblici, sia l’extra gettito dell’Iva generata dalla movimentazione delle merci nei porti, per realizzare nuove opere o per manutenerle. Ci avviamo verso anni non facili, con una forte possibilità di entrare in fase recessiva e quindi sarà utile dare vita a un Fondo che consenta, in futuro, di poter contare su un utile tesoretto;

– la fase recessiva e la inflazione. Sicuramente è l’emergenza più preoccupante e la cosa più grave è che tale fenomeno amplifica ulteriormente le negatività prima dette del Mezzogiorno e su cui è nota, in modo dettagliato, la diagnosi. Invece, allo stato non si conosce alcuna terapia.

Lo so non è facile in una legge di Stabilità, da varare entro il 31 dicembre 2022, affrontare tante tematiche, tante emergenze così difficili. E allora penso che la soluzione più igienica sia quella di approvare almeno tre provvedimenti collegati alla legge di Stabilità da trasformare in legge entro il 30 aprile del 2023. Ebbene, quella descritta finora è la paura di chi si appresta a governare il Paese. Poi c’è la paura di noi cittadini che apprendiamo, giorno dopo giorno, le criticità che, su scala nazionale e sovranazionale, saremo costretti a vivere. Tra noi, però, c’è un timore più incisivo. Ed è quello di coloro che hanno scelto Meloni e il suo schieramento, perché era necessario e opportuno “cambiare”. Mai, finora, una donna era andata a presiedere il Consiglio dei ministri. Mai, finora, come detto prima, c’era stata una dominanza di un partito di destra nel Governo del Paese. In fondo, il voto di questa fascia di elettori si è basata essenzialmente sulla ricerca di un cambiamento, di una alternativa gestionale. Questo rilevante numero di elettori è più preoccupato, perché ha scommesso su un futuro le cui garanzie, oggi, sono legate alla capacità di una donna sola al comando. Ma, soprattutto, sulle capacità di una squadra da costruire.

Dovendo vivere nei prossimi anni tante paure legate essenzialmente alle crisi economiche pesanti, speriamo che almeno questi due tipi di paure si spengano o si ridimensionino nei prossimi giorni con i primi atti, con le prime scelte del Governo.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)