Migrazioni: le frontiere sono comuni, le soluzioni anche

lunedì 7 novembre 2022


Il braccio di ferro tra Ong e autorità italiane sul preteso diritto di sbarcare nel nostro Paese qualsiasi migrante venga raccolto nelle poche miglia di mare tra le nostre coste e il Nordafrica, riporta in primo piano l’urgenza di più efficaci strumenti diretti al contrasto dei flussi migratori irregolari. Secondo le Ong e le opposizioni, dovere di soccorso in mare e diritto di asilo sarebbero intimamente collegati e inscindibili. Non è così, ma la farraginosità delle procedure di esame per il riconoscimento dello status di rifugiato e la difficoltà dei rimpatri rendono, di fatto, concretamente inespellibile gran parte dei migranti privi dei requisiti per l’accoglienza. E le Ong in questo confidano.

Così l’Italia – per la sua posizione geografica, più di ogni altro Paese dell’Ue – si trova costretta da un intricato combinato di convenzioni internazionali e norme interne, originariamente disegnate per gestire situazioni straordinarie e contingibili, a dover fronteggiare, invece, un costante flusso migratorio, dall’esterno dei confini europei. Un fenomeno mai gestito dai governi dei Paesi coinvolti e che, per questo, offre ampio spazio agli interessi di sfruttatori e trafficanti. Servono, quindi, nuovi strumenti per mettersi in competizione con gli interessi di chi lucra, all’esterno (e, ahimè, anche da noi) sul business dell’immigrazione: ossia trafficanti e profittatori dell’accoglienza.

Per esempio, stanziare un contributo per ogni rimpatrio, almeno pari al costo medio che i trafficanti richiedono ai migranti per la traversata, ossia, alcune migliaia di euro. La politica di incentivazione ai rientri volontari non è una novità, anche se gli esperimenti di questo tipo, in Italia, sono stati molto contenuti, sia in numero che per importi. Non abbastanza, quindi, per motivare i tanti irregolari a lasciare, spontaneamente, il territorio della penisola. Per superare il vero problema dei rimpatri che è la riluttanza o l’inerzia della nazione di origine alla riammissione, l’incentivo dovrebbe essere ripartito tra il suo governo e il rimpatriante. Anticipando le possibili critiche, va ricordato che la collettività spende tra i 50 e i 100 euro al giorno per ogni migrante accolto: il costo dell’incentivo sarebbe assai inferiore al peso annuale, sulle casse dello Stato, per il suo mantenimento nel nostro Paese.

Il contenimento della popolazione irregolarmente residente contribuirebbe, inoltre, a ridurre i noti e crescenti problemi di illegalità e sfruttamento. Gli immigrati irregolari sarebbero in grado, a loro volta, di recuperare, una volta rimpatriati, gran parte o tutto il denaro speso per la traversata. Mentre il marketing della tratta diventerebbe più difficile per scafisti e trafficanti. Ovviamente, come già sperimentato con successo negli accordi con la Turchia, questo meccanismo di incentivi potrebbe risultare realmente efficace con le sue controparti, solo se, ad adottarlo fosse, non un singolo governo, ma l’Unione Europea, nello spirito del comune dovere di protezione delle frontiere e di condivisione degli oneri e delle responsabilità verso il fenomeno migratorio.


di Raffaello Savarese