Pd, l’autocritica di Letta suona come un’autoassoluzione

venerdì 7 ottobre 2022


La direzione del Pd certifica lo stato confusionale della sinistra. L’autocritica è una specialità della casa. Ma, quando è generica come quella pronunciata da Enrico Letta, suona come una sorta di autoassoluzione. Eppure, per il segretario dimissionario la sua è “un’analisi senza nessuno sconto, a partire da me stesso”. Letta, nella sua controreplica, ritiene che il partito debba essere “in grado di parlare a quella larga fascia di italiani che non ce la fa”. La relazione dell’ex leader viene approvata con il voto contrario di Monica Cirinnà.

“L’opposizione – afferma Letta – ci farà bene per rigenerarci, pensare al nostro futuro in raccordo con il Paese. È un punto di partenza fondamentale. All’inizio della decima ora di discussione. Voglio dire che dobbiamo essere tutti molto più orgogliosi di quello che siamo: un partito capace di una discussione collettiva a fronte di leadership personalistiche di altri partiti. Questa è la differenza molto forte tra noi e gli altri”.

Letta si impegna a “portare alla prossima riunione una proposta molto precisa sulla modalità sulle quattro fasi in vista del congresso”. L’idea è quella di arrivare a una nuova leadership entro la primavera. Letta ricorda che oggi “cominciamo un percorso congressuale ma questo è intimamente connesso al lavoro di opposizione che da oggi comincia, dobbiamo vestire da subito i panni dell’opposizione, perché il mandato che ci ha dato il voto è quello di guida dell’opposizione”.

Per il deputato dem Enrico Borghi, “la direzione ha dato indicazioni importanti. Il partito democratico non si scioglie e non cambia simbolo. Il percorso congressuale servirà per rientrare in sintonia col Paese e confrontarci come fanno i partiti democratico europei, esprimendo una nuova classe dirigente e mettendoci in condizione di ricandidarci contro una destra che non farà cose importanti per il Paese”.

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando si dichiara “disinteressato al tema dei tempi del congresso. Il problema è se si vuol fare una discussione vera. Se si vuole si può fare anche in una settimana”. L’ex sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, intervistata dalla Stampa, pone come dirimente la questione femminile. È necessario che “la Conferenza delle donne abbia voce in capitolo sulle candidature. È uno dei punti su cui lavorare al congresso costituente. Servirebbe una sorta di parere obbligatorio delle donne sulle candidature. Purtroppo, la verità è che alla fine tante di noi preferiscono usare il sistema delle correnti per avere spazio”.

Frattanto, Stefano Bonaccini, il candidato più accreditato alla segreteria del Pd, in una conferenza stampa rivendica l’orgoglio dem. “Io penso – afferma il presidente dell’Emilia-Romagna – che il Partito democratico sia un progetto ancora tutto attuale, per le ragioni per le quali nacque e, soprattutto, se si partisse dal cancellarne il nome e il simbolo affronteremmo un congresso in cui si guarda alla forma, invece no, dovremmo parlare soprattutto di sostanza e contenuti”.

E sulla leadership, Bonaccini precisa: “Sarà il congresso il luogo e il momento nel quale ognuno di noi proverà a dare il proprio contributo insieme a una comunità. Dobbiamo rigenerarci, arrivare ad avere un nuovo gruppo dirigente, provare a indicare una strada per il futuro, che potrebbe anche essere una traversata nel deserto. Io credo che stare all’opposizione ci farà bene”.

Secondo Bonaccini, il Pd ha sempre fatto bene a prendersi “la responsabilità di pensare all’Italia e non alla nostra parte politica di rappresentanza. Però è vero che da una parte di italiani siamo visti come quelli che sono rimasti al governo quasi sempre, pur non vincendo mai di fatto o in maniera netta le elezioni”. Per Bonaccini, “è stata esclusa l’idea rispettabile, a mio parere bizzarra e profondamente sbagliata, di uno scioglimento, come qualcuno chiedeva, del Partito democratico, perché vorrebbe dire concedere il più grande regalo a chi ha vinto le elezioni, alla destra”.


di Mino Tebaldi