La Russa sul Governo: “Nomi? La sintesi spetta ai leader”

martedì 4 ottobre 2022


Giorgia Meloni parla di “prudenza”. Già, cautela. Un’accortezza doverosa soprattutto in questo periodo, con la coalizione di centrodestra al lavoro per puntellare la futura squadra di Governo. La leader di Fratelli d’Italia evita di inciampare nelle ricostruzioni giornalistiche impegnate a sviscerare il dilemma: tecnico o politico? Una domanda, peraltro, che rimbalza da giorni in merito alla natura del prossimo Esecutivo.

Giovanni Donzelli, responsabile nazionale organizzazione di FdI, rimarca: “Sarà un Governo politico, con chiara indicazione politica”. Con una aggiunta: “Per la riduzione di Camera e Senato mettere troppe persone al Governo che devono stare in Aula rischia di non garantire la serietà della maggioranza”. Una considerazione legittima, che corre parallela con l’ipotesi di poter individuare delle figure tecniche d’area. Argomento, questo, che potrebbe finire al centro dell’agenda dell’esecutivo nazionale di FdI, in programma domani.

La questione, quindi, è calda. E non mancano gli interventi. Uno di questi è firmato da Ignazio La Russa, senatore di Fratelli d’Italia, che a Radio Anch’io – su Radio 1 – sostiene un aspetto: un Esecutivo si qualifica “tecnico non in base al numero dei tecnici, una certa quota c’è sempre stata, ma si qualifica così quando è guidato da un tecnico”. Perciò “il Governo che stanno preparando i leader si fonda un programma comune di forze politiche che lo hanno presentato agli elettori e sarà guidato, se Sergio Mattarella darà l’incarico a Giorgia Meloni, da un leader di partito. Quindi, è un Governo politico che potrà giovarsi, perché no, di un numero, certamente non grande, di persone che non hanno messo la loro faccia in campagna elettorale non essendo candidati. Il loro numero non sarà preponderante”.

La Russa, poi, sulle modalità utilizzata nella scelta dei ministri (ossia pescare o meno personalità che abbiano già ricoperto lo stesso ruolo), sottolinea: “Credo che non ci sia nessuna regola ufficiale, anche se mi sembrerebbe un giusto criterio per dare un senso di novità e di cambiamento per il Governo. Ma non credo che ci siano cose tassative”. In ultimo, sui nomi, sintetizza: “Io credo che in questa fase se ne occupino solo i leader, che poi si confrontano con le proprie classi dirigenti. È un dato normale, ma la sintesi spetta ai leader e Meloni sta lavorando giorno e notte, perché sa che bisogna fare presto. Le urgenze sono tante e non c’è tempo da perdere”. 

Nel calderone dell’alleanza di centrodestra, allo stesso tempo, resta in piedi il dibattito sul fronte del Carroccio. Paolo Grimoldi, ex segretario lombardo della Lega, in un’intervista al Corriere della Sera, ammette: “Si tenga subito il congresso in Lombardia”. Grimoldi, incaricato da Umberto Bossi di gettare le fondamenta per il Comitato del Nord, aggiunge: “Bossi ha cominciato a chiamarmi a metà agosto. Ci siamo sentiti molte volte e abbiamo condiviso la preoccupazione sulla deriva centralista che stava prendendo il partito… Umberto mi ha chiamato a Gemonio e mi ha affidato il compito di gestire gli aspetti organizzativi”.

Da qui la considerazione: “Non è possibile che in un movimento autonomista tutte le decisioni vengano prese dal centro. C’è un problema reale di rappresentanza democratica e di rappresentatività dei territori. Non è una banalità”. Infine, sull’eventuale cambio di segretario, ammette: “Dovete chiederlo a Molinari, a Romeo, ai governatori. Non so se anche loro sono davvero soddisfatti e se non hanno richieste di cambiamento. Di certo, se andiamo avanti così presto la Lega arriverà al 4 per cento”. Il partito, termina Grimoldi, “non è un uomo solo al comando. È una comunità che discute e si confronta. E sa correggere i suoi errori”.


di Mimmo Fornari