Essere Luigi Di Maio

martedì 4 ottobre 2022


È difficile, in qualche modo, non provare una qualche forma di empatia nei confronti di Lugi Di Maio. Mentre nel nuovo Parlamento entreranno volti noti e nuove promesse, pronti entrambi a far di tutto pur di guadagnare un bello stipendio per i prossimi anni, l’ex ministro degli Esteri rimarrà fuori e in qualche modo dovrà riciclarsi. È abbastanza chiaro che con l’esperienza accumulata negli anni farà poca fatica a trovare un impiego diverso, e quindi tutti coloro che sperano in un futuro prossimo di trovarselo sugli spalti del Maradona di Napoli a vendere bibite rimarranno delusi. La sua parabola politica è degna di un film. E lui è sicuramente uno degli uomini politici che più verranno ricordati nel periodo post-berlusconiano. Anche se c’è da precisare che Silvio Berlusconi con 50 anni in più di Luigi Di Maio è riuscito a sopravvivergli politicamente. Sul politico campano è possibile dire di tutto, perché di fatto lui ha detto tutto e il contrario di tutto. La verità è che forse è semplicemente cresciuto in politica, ed entrando molto giovane in questo mondo dalla porta principale è complicato non cambiare idea.

Un italiano su tre, non considerando gli astenuti, si era fidato di lui e del progetto politico di cui era a capo nel 2018. Mette a capo del governo gialloverde Giuseppe Conte, che poi si rivela essere colui che di fatto segnerà l’arresto della sua esperienza politica di primo piano. Aver trovato in Mario Draghi un protettore non è bastato. Gli elettori non si sono fidati del suo progetto politico neonato. Un progetto politico diverso da quello grillino, con un programma snello e più concreto di tanti altri.

Classe 1986, figlio di una generazione fantasma, la generazione dei giovani precari, la generazione di chi non è nato digitalizzato ma è nato in un mondo nuovo lontano dalle modalità del passato. Aver fatto così tante cose a 36 anni lo rende l’ex enfant prodige della politica italiana. Le battute sul suo conto si sprecano, ma derivano principalmente dal fatto di non avere una laurea, che, cosa nota in Italia, pare dare il diritto di parlar di tutto anche non conoscendo niente, e se non ce l’hai non c’è esperienza che tenga a rimpiazzarla. Per quanto possano risultare antipatiche le sue giravolte in ambito politico, il non essere entrato in Parlamento lo rende più umano. Quello che non va fatto adesso, come italiani, è di gioire delle sconfitte altrui. Luigi Di Maio, comunque, troverà qualcosa da fare.


di Luca Crisci