martedì 6 settembre 2022
Ma la Russia del terzo decennio del XXI secolo è fascista, comunista, o è al contempo antifascista e anticomunista? E la Cina, dove sta in questi quattro cantoni ideologici? Intanto, una possibile risposta “scultorea” risiede nelle due attuali, diverse configurazioni del Giano Bifronte euroasiatico. La prima versione ha il suo basamento sulla Piazza Rossa moscovita, con la prima faccia orientata a Est per la riconquista cristiana dell’ex Urss e di Bisanzio, da utilizzare come una potente arma ideologica contro il decadentismo etico-morale dell’Occidente. La seconda faccia di questo Giano-1 è di tipo tellurocratico e mira al recupero integrale dell’immenso spazio territoriale e politico appartenuto alla Grande Madre Russia.
In questo contesto, il carburante del nazionalismo guerrafondaio putiniano riscalda oggi così tanto il popolo russo, da sciogliere il gelo delle privazioni inferte ai suoi cittadini come effetto diretto delle sanzioni economiche imposte dall’Occidente, che hanno tra l’altro uno scarso peso sulle aree rurali nelle quali vive la maggioranza della popolazione russa, poco sensibile a tali privazioni grazie all’autoconsumo di prodotti alimentari di prima necessità, al contrario di quella residente nelle regioni fortemente urbanizzate.
Del resto, considerato che in un’economia arretrata come quella della Russia contemporanea, fortemente sussidiata dalla rendita energetica, non è possibile fare fronte con produzioni autarchiche alla scarsità di prodotti e beni di consumo d’importazione (ormai merce rara nei negozi e nei supermercati del Paese), Vladimir Putin fa affidamento sulla capacità di sopportazione dei suoi cittadini, in maggioranza anziani, abituati alle file per il pane durante i tragici settanta anni in cui è vissuta l’Urss.
L’altra gigantesca statua del Giano Bifronte si erige al centro dell’immensa piazza pechinese di Tienanmen, il cui la testa di Confucio è gemellata a quella di Mao e delle consustanziali istituzioni maoiste del potere, il Congresso nazionale (in cui è in corso un forte ricambio generazionale, con nuovi leader locali e nazionali nati dopo la fine del regime di Mao) e il Comitato centrale. Qui, però, non c’è la figura rediviva dello Zar a farla da padrone, ma quella dell’imperatore celeste e dei suoi mandarini. Un Impero praticamente intatto, quello cinese, che si espande verso l’oceano come la più grande potenza talassocratica dopo gli Stati Uniti, e ha come obiettivo dichiarato del potere quello di liberare dalla povertà materiale 1,4 miliardi di cittadini cinesi. La sua conquista del mondo è, pertanto, immateriale da un lato, in quanto ispirata ai principi confuciani, ma materialissima dall’altro, perché ha il bisogno vitale di espandere i consumi mondiali dei suoi prodotti industriali, mantenendo a tutti i costi il suo ruolo esclusivo di prima fabbrica manifatturiera e di hub commerciale del mondo globalizzato.
Gli Dèi che abitano attualmente nel Palazzo imperiale di Pechino, pertanto, cadranno o usciranno vittoriosi solo se non vi saranno né ostacoli, né sanzioni alla libera circolazione delle merci cinesi. Motivo per cui la Cina, oggi ancor più di ieri, non può davvero sposarsi con la Russia putiniana, rischiando di essere fortemente impoverita e di entrare in profonda recessione, a causa delle sanzioni economiche collaterali decretate dall’Occidente. Per questo la sua vittoria è scontata: nessuno al mondo può davvero muovere guerra alla Cina con un radicale “decoupling” tra la sua economia e quella dell’Occidente, a causa di catene mondiali di valore che è impossibile ridurre o ridimensionare significativamente per i prossimi due decenni.
Allora: “Chi” è il nostro “Nemico”, oggi? Per rispondere basta guardare ai nodi del randello che, come in un teatro siciliano dei pupi, viene ripetutamente calato sulla testa e sulla fronte di un decadentissimo Occidente, a sua volta malato terminale di “antioccidentalismo” partorito nel suo stesso seno dall’interno dei sancta sanctorum delle più prestigiose università mondiali, che lo fanno rassomigliare sempre di più a una mostruosa creatura mitologica che divora se stessa. Se ben quarant’anni fa, all’incirca, Pier Paolo Pasolini (P.P.P.) dichiarava nel 1974 al suo intervistatore, Massimo Fini, che il vero fascismo stava nel monopolio delle anime e delle menti esercitato dal costruendo monstrum consumista (poi diventato Leviatano mondiale con la globalizzazione del XXI secolo), è proprio lì che oggi si nasconde di fatto il nostro nemico storico che odia l’Europa e l’America.
Se per più di trenta anni l’islamismo radicale ha svolto la funzione storica di nemico “comune” (vedi la repressione cinese contro il terrorismo uiguro musulmano; la guerra spietata del proto Putin contro i separatisti musulmani ceceni, per finire alle invasioni americane di Afghanistan e Iraq), oggi quella nera figura collettiva appare definitivamente tramontata e sempre più periferica, relegata alle regioni depresse dell’Africa profonda, dopo le clamorose sconfitte dell’Isis e di Al Qaeda. Ma, proprio per questo la fine della storia è appena al suo inizio (e arriverà soltanto all’atto della nostra estinzione!), perché la stessa sostanza spirituale dell’essere umano senziente si basa sullo schema ancestrale di “amico-nemico”.
Vuol dire che proprio questa configurazione binaria, che nasce con l’Uomo contro se stesso, ha mille volti e altrettante facce, che la sintesi filosofica riporta a un unico problema: l’antropocentrismo universale. Bene, ma oggi come si declina politicamente questo “Dual-Core” incomprimibile e insostituibile? “Chi” è, dunque, il nostro “Nemico” comune esterno e in quali forme si manifesta? Paradossalmente, anche quest’ultimo ha nel suo funzionamento più intimo una doppia, se non tripla anima, religiosa, politica ed economica. E queste Tre Parche battono all’unisono e con grande violenza nel cuore della Patria di Tolstoi e dello Zar che, da un lato, tenta la riconquista dello spazio cristiano facendosi dall’altro sempre più “tellurica” e imperialista, secondo la visione del nuovo-vecchio regime che si incista come un tumore maligno nelle stanze dorate del Cremlino.
Il problema vero è che Xi Jinping, il neo-imperatore celeste, laico e agnostico, è parimenti prigioniero del suo peculiare Moloch politico-economico che ha un bisogno assoluto di dosi sempre crescenti di nazionalismo diplomatico-militare, per puntellare il suo potere e la propria sopravvivenza economica. Quindi, l’Occidente è destinato a scontrarsi a ogni livello (militare, politico ed economico) con queste due gigantesche figure che rappresentano l’attuale configurazione “nemica” della geopolitica mondiale. Quindi, invece di dedicarsi a sterili e insane formule sull’antifascismo militante, vuoto di contenuti e di idee, ma perfetto per reclutare elettoralmente una discreta massa di “utili idioti” post-comunisti, il mondo politico dovrebbe interrogarsi, soprattutto a sinistra, sulla necessità di opporre un vero e proprio “nazionalismo” paneuropeo allo strapotere dei due principali nazionalismi mondiali russo-cinesi e euroasiatici.
E, un modo molto concreto di farlo, è riconoscere che una guerra condotta con le armi ha come suo inevitabile duale gemello la guerra politico-economica che, come dimostrato nei due grandi conflitti mondiali, affama i popoli in conflitto con la borsa nera (in particolare, con la strategia putiniana di chiudere i rubinetti del gas per strangolare l’economia europea, fortemente dipendente dai giacimenti siberiani). La risposta, pertanto, non può che essere quella di mettere tra parentesi, finché la guerra dura, le regole del libero mercato, calmierando “de iure” con tetti comuni i prezzi delle materie prime energetiche, facendo “cartello” tra tutti i Paesi della Ue per istituzionalizzare a livello europeo la figura monopolista (e “monopolitica”!) dell’acquirente unico. Anche suggerendo a Paesi a noi alleati nella Nato, come Usa e Norvegia, grandi produttori di gas e petrolio, che la solidarietà non va espressa solo a parole ma, preferibilmente, vendendo a noi a prezzo calmierato i loro surplus di materie prime energetiche! Cari leader appannati italiani, occidentali ed europei, battete dunque un colpo!
di Maurizio Guaitoli