mercoledì 31 agosto 2022
Forma e sostanza, ma non quella declamata da Giovanni Lindo Ferretti. Perché, da che mondo è mondo, ci sono i compagni che sbagliano e quelli che stappano bottiglie (senza capire di cosa, ma non importa). Uno di questi è Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista, che su Twitter (probabilmente la tecnologia non gli crea pruriti anticapitalisti), partorisce un pensiero che fa così: “Era dal 26 dicembre 1991 che avevo aspettato di stappare la migliore bottiglia che avevo”. Così il nostalgico del tazebao commenta la morte di Mikhail Gorbaciov, deceduto a 91 anni dopo una lunga malattia.
Al di là degli interventi di cordoglio che sono seguiti, inevitabili se così vogliamo dire, soprattutto in periodo di campagna elettorale, Rizzo non nasconde il pugno e torna indietro di un secolo, cullato da una dialettica figlia di un tempo che di certo non va dimenticato – ed è difficile in un Paese dove non c’è memoria – ma che, allo stesso modo, rende ridicola un’uscita senza senso.
Non parliamo di politicamente corretto o amenità simili: Gorbaciov ha rappresentato una fase di cambiamento dell’Urss, prima del crollo del “gigante sovietico”. Parliamo del Muro di Berlino, della Guerra fredda, del disarmo nucleare, di perestrojka e glasnost. Di una personalità che, volente o nolente, aveva aperto gli occhi. E lo ha fatto trent’anni e passa prima di Rizzo.
Quest’ultimo, a seguito delle polemiche divampate dopo la twittata, sui social torna sull’argomento. Ma la toppa è peggio del buco: “Una provocazione dadaista può svelare l’ipocrisia del mondo. Ci sono persone che muoiono per guerra, per fame, per infortuni sul lavoro, per correlazioni coi vaccini. Ogni giorno, ogni sacro giorno. Muore uno della banda dei globalizzatori, uno che ha tradito il proprio Paese, la propria storia. Metti una bottiglia di spumante, senza esplicitare un nome. Si scatena l’inferno. Di chi? Dei giornaloni, di quelli che hanno come editori quelli che costruiscono armi per uccidere. I loro lettori si indignano principalmente per la “caduta di stile”. Fottetevi, felice di esser diverso dai vostri padroni e da voi”.
Firmato Marco Rizzo, un rosso senza vergogna.
di Claudio Bellumori