domenica 31 luglio 2022
Il campo largo di Enrico Letta è ormai disseminato di mine. Per di più la sua “Agenda Draghi” senza Draghi è un diario dei sogni che ben presto potrebbe incontrare la sua Morte Nera a Bruxelles, per l’incapacità manifesta della sinistra (ma anche del centrodestra!) di portare a termine le complicatissime missioni del Pnrr, procedendo contestualmente alle dolorose, connesse riforme, praticamente impossibili da realizzare entro i tempi prefissati, così come concordati con l’Unione europea. Dopo il 25 settembre, c’è da giurarci, non saranno più le manovre decennali di palazzo a conservare il Pd al potere, senza che la sinistra abbia mai vinto una sola elezione nel frattempo! Ed è il tritolo della sindrome dei tanti perdenti posto a far sì che le aspirazioni individuali saltino come tante cavallette voraci sugli sterpi aridi, resi sterili dalla siccità elettorale incombente.
Coloro che prima camminavano allegri su quel suolo quasi sacro, oggi stentano a muovere il secondo passo avendo l’impressione di aver messo il piede sul detonatore. E fu così che la “gioiosa macchina da guerra” occhettiana di ieri è divenuta oggi semplicemente “noiosa”. Pertanto, la seconda parte del famoso refrain “Vengo anch’io? No, tu no!” è stata modificata dagli interessati del Nazareno in “Magari!”, talmente tanti sono stati i passi del gambero dei potenziali candidati (Matteo Renzi, Carlo Calenda, centristi vari). Per di più, di recente, il segretario del Pd ha dovuto serrare preventivamente il portone della sua Maison politica per impedire un’ulteriore scissione dei suoi, divisi tra vedovelle dei Cinque stelle e i duri e puri che vogliono andare da soli in tutti i collegi, per un braccio di ferro decisivo con la destra di Giorgia Meloni.
In tutti quei campi più o meno aridi, però, continuano pericolosamente a prendere fuoco le stoppie, inondando di fumo e di nebbia la strada della Premiership che tutti vorrebbero, ma che nessuno ragionevolmente sa di poter conquistare da solo (finita per fortuna l’utopia grillina dell’arrembaggio solitario al 50 per cento), se non a prezzo di appiattirsi su di una coalizione di comodo, per poi sfilarsi a Parlamento rinnovato. Questo perché tutti i partiti, nessuno escluso, hanno ritenuto di ballare per una sola notte come le falene, facendo gli gnorri sull’assoluta necessità di cambiare la legge elettorale, dopo il taglio costituzionale del numero dei parlamentari.
Segretari di partito e leader “padronali” (Beppe Grillo, Giuseppe Conte ed Enrico Letta in testa a tutti) volevano conservare il potere di mettere nelle liste bloccate personaggi di loro gradimento, rifuggendo come la peste da eventuali primarie di collegio e di lista. Si stenterebbe a credere, ma nemmeno gli utopisti “dell’uno-vale-uno” si sono sognati di rinverdire la prassi statutaria di dare la parola alla base degli iscritti, per l’individuazione delle candidature. Troppo pericoloso, infatti, per la sopravvivenza di tanti boss stellati, falcidiati dalla loro stessa tagliola della riduzione del numero dei parlamentari e terrorizzati dalla caduta verticale (stimata) dei consensi per il Movimento 5 stelle.
All’interno dei mini-partiti, vedi Matteo Renzi e Carlo Calenda, i volti famosi alla Luigi Di Maio hanno fatto il ragionamento politico superegotico di mettersi in proprio, per poi associarsi a un potente alleato, sapendo che sarebbe stata l’unica soluzione per la propria sopravvivenza, visto che a malapena arriveranno all’un per cento, in base alle intenzioni di voto. Almeno loro, cioè (vedi Renzi, Calenda, Di Maio, Paragone e così via) hanno la ragionevole speranza di conquistare per sé almeno un seggio come capilista! Si può ben immaginare che campo di faine è divenuto ormai il “campo largo”, senza più un ricco pollaio da spennare, visto che gli elettori snob delle Ztl borghesi sono troppo pochi per garantire la sopravvivenza elettorale a tutti i questuanti del campo sinistro, ormai santo e minato.
Però, come al solito, qui in Italia siamo un po’ troppo ripiegati a rimirarci il nostro ombelico bizantino, senza tener conto che il resto del mondo ci guarda. Con ben opposte intenzioni. Vladmir Putin attiverà al solito le sue potenti “armade” di cyberwarrior per cercare di trarre il massimo profitto dalle nostre divisioni, con l’obiettivo primario di fermare il flusso di armi italiane all’Ucraina e rafforzare tutti gli avamposti filoputiniani presenti sul nostro palcoscenico della politica e dei media. Per poi vedere l’effetto che fa, prima di ripeterlo in grande stile in occasione delle elezioni americane di midterm, fissate a novembre.
Sull’altro versante, Joe Biden e Bruxelles sono letteralmente terrorizzati dall’imminente cambio di passo della politica italiana che, con quasi certezza, vedrà la destra conservatrice insediarsi a Palazzo Chigi. Finora, però, la globalizzazione ha dimostrato di poter digerire di tutto (M5s e sovranisti populisti compresi) mantenendo intatto il proprio potere sul mondo, e c’è da credere che continuerà a farlo anche dopo il 25 settembre! Infine, c’è da chiedersi quali esiti avranno gli scontati attacchi degli eserciti di centinaia di migliaia di cyberguerrieri, così simili a soldatini prodigio (specie di Harry Potter delle magie digitali), che ci inonderanno di miliardi di messaggi-spazzatura, attraverso i loro bot quasi umani. Questi ultimi sono in realtà degli automi o creature digitali dell’A.I., che sui social agiscono e si confondono con le persone reali.
Come disinnescare, quindi, la prevedibile invasione massiva di fake news su Tik Tok (il must social cinese per centinaia di milioni di giovani utenti), Meta, Twitter, Instagram, e così via? C’è forse da dubitare se molti astensionisti (compresa la componente di destra del M5s), soprattutto tra i delusi dalla politica, carichi di rabbia e frustrazioni, troveranno nel voto di protesta a favore della mostrificanda Georgia Meloni il loro naturale approdo elettorale? In proposito: a quando un attacco in grande stile della magistratura italiana nei confronti della leader di Fratelli d’Italia? Solo che anche stavolta potrebbe finire molto male per la sinistra, così come accadde negli anni 2000, nel caso di Silvio Berlusconi!
di Maurizio Guaitoli