mercoledì 20 luglio 2022
Lega, Forza Italia e Movimento Cinque Stelle non votano la fiducia. E la maggioranza si sfalda. Questa la sterzata nel lungo mercoledì di Mario Draghi che vede ormai un Esecutivo sempre più in ginocchio e a fine corsa. “Se non partecipano al voto mancherà il numero legale? Eh, manca il numero legale”. La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, si rivolge al segretario generale di Palazzo Madama. Tutto ciò avviene dopo l’annuncio del M5S che non parteciperà al voto sulla fiducia al Governo. Stessa decisione, come detto, annunciata da Forza Italia e Lega. Parole a microfono aperto in una giornata decisamente “calda”. I senatori di Giuseppe Conte, però, garantiscono il numero legale rimanendo in Aula, come “presenti non votanti”. Alla fine il Senato – sulla risoluzione di Pier Ferdinando Casini – si esprime così: 95 voti a favore, contrari 38, nessun astenuto. Ergo, il risultato più basso ottenuto dal Governo in questa legislatura. Draghi, nel frattempo, lascia Palazzo Chigi. Il sostegno nei confronti di Supermario è sempre più flebile: domani mattina, con molta probabilità, salirà al Quirinale.
PARABOLA DI UNA CRISI: I POSSIBILI SCENARI
E adesso che succede? Mario Draghi potrebbe presentare le dimissioni a Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato, a quel punto, prenderebbe il tempo utile per riflettere sulla cosa. E domani potrebbe avere l’incontro con i presidenti delle Camere. Chiuso il cerchio, Mattarella indicherà la scelta. Nel caso di scioglimento del Parlamento, si aprirebbe la strada del voto: o il 25 settembre o il 2 ottobre. Questo lo scenario che spunta all’orizzonte di uno spartito che vede tre governi, tre maggioranze diverse e al timone sempre un tecnico: benvenuti nella diciottesima legislatura della Repubblica.
LA PREMESSA
Il nastro della cassetta è riavvolto più volte con la penna, come accadeva negli anni Ottanta del secolo scorso. Così, dopo intrecci vertiginosi, tra colloqui e mugugni, contatti e tentativi di ricucitura, arriva il 20 luglio. Ossia il momento di capire, appieno, di che “pasta” sia fatta questa crisi di Governo. Il presidente del Consiglio, nel suo intervento in mattinata al Senato, fa il punto sul perché sia stato a un passo dall’addio e allo stesso tempo rivendica il lavoro svolto del suo Esecutivo. Insomma, nessuna sorpresa. Poi è la volta del passaggio pomeridiano per la replica, sempre in Senato. E lì va in scena un altro film.
LA REPLICA DI MARIO DRAGHI
Mario Draghi, in sede di replica al Senato, riferisce: “Ringrazio tutti coloro che hanno sostenuto l’operato del Governo con lealtà e partecipazione. Il secondo punto è un’osservazione a proposito di alcune parole che avrebbero messo addirittura in discussione la natura della nostra democrazia, come se non fosse parlamentare mentre lo è e io la rispetto e mi riconosco”. A seguire: “Il sostegno che ho visto nel Paese… mi ha indotto a riproporre un patto di coalizione e sottoporlo al vostro voto, voi decidete. Niente richieste di pieni poteri”. E poi: “Sul salario minimo ho detto quello che dovevo dire, c’è una proposta della Commissione europea, abbiamo aperto un tavolo con i sindacati e Confindustria, continueremo la discussione qualunque sia la vostra decisione oggi”. Sempre Draghi: “Per il Superbonus il problema sono i meccanismi di cessione. Chi li ha disegnati senza discrimine o discernimento? Sono loro i colpevoli di questa situazione per cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti… Ora bisogna riparare al malfatto e tirare fuori dai guai quelle migliaia di imprese… Voglio essere chiaro, c’è stato un rimprovero sul perché il Governo abbia deciso di non intervenire su temi come la cannabis, lo Ius scholae, il Ddl Zan, temi di origine parlamentare, per la sua natura di Governo fondato su una ampia coalizione di unità nazionale”.
In ultimo: “Chiedo che sia posta la fiducia sulla risoluzione presentata da senatore Casini”. Successivamente la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sospende la seduta e convoca la conferenza dei capigruppo. Nella risoluzione Casini è scritto: “Il Senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, le approva”.
GLI INTERVENTI: BORDATE DI LEGA E FORZA ITALIA
“La lealtà della Lega non è mai venuta meno in alcun giorno del Governo”. Così il senatore leghista, Stefano Candiani, in dichiarazione di voto al Senato. “L’azione di questo Governo non si può reggere sull’inaffidabilità. Occorre che ci sia una compagine di Governo composta da persona serie. Non si può continuare dicendo che niente è successo e Madama la marchesa”.
“Non la votiamo. La risoluzione di Casini? Certo che non la votiamo”: questo il pensiero di Matteo Salvini in una pausa dei lavori al Senato. Ancora: “Noi la proposta l’abbiamo fatta: se c’è un Governo nuovo e più forte bene, sennò… farò quello che mi dice di fare il mio capogruppo, sui tecnicismi io ci capisco poco”.
“Con amarezza il gruppo di Forza Italia al Senato non parteciperà al voto sulla fiducia posta dal Governo solo sulla risoluzione Casini”. Niente giri di parole per la capogruppo di Forza Italia, Annamaria Bernini: “Tutti noi abbiamo cercato di dare il nostro apporto per l’azione di Governo. Forza Italia ha capito da subito la gravità dell’ora. La sua nota di biasimo ci ha un toccati, visto che quando abbiamo fatto notare qualcosa lo abbiamo fatto con garbo. Noi siamo quelli che hanno rinnovato la fiducia per 55 volte al suo Governo, anche quando il risultato non ci soddisfaceva pienamente. Saremmo andati avanti con la stessa energia e obiettivi, se la cronaca di questi giorni non cui avesse travolto. Non siamo stati noi a volere la crisi ma questa ci ha messo di fronte a degli interrogativi”.
CASTELLONE (M5S): “TOGLIAMO IL DISTURBO”
Mariolina Castellone, capogruppo del Movimento Cinque Stelle, racconta: “In questi 18 mesi sono state smantellate tutte le nostre misure”. Successivamente annuncia che il M5S non parteciperà al voto: “Togliamo il disturbo ma ci saremo sempre quando si tratterà di discutere e approvare provvedimenti utili. Continueremo le nostre battaglie qui e nel Paese”.
MALPEZZI (PD): “SARANNO MESI DIFFICILISSIMI”
“Non abbiamo paura del voto ma lasciare il Paese senza guida nei prossimi mesi, che saranno mesi difficilissimi”. Questo il tono dell’intervento di Simona Malpezzi, capogruppo del Partito Democratico, annunciando il sì alla fiducia nel corso delle dichiarazioni di voto sulle comunicazioni del premier Mario Draghi.
GELMINI LASCIA FORZA ITALIA
Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le autonomie, lascia Forza Italia. In una nota, difatti, segnala: “Ho ascoltato gli interventi in Aula della Lega e di Forza Italia, apprendendo la volontà di non votare la fiducia al Governo (esattamente quello che ha fatto il Movimento 5 Stelle giovedì scorso). In un momento drammatico per la vita del Paese, mentre nel cuore dell’Europa infuria la guerra e nel pieno vortice di una crisi senza precedenti, una forza politica europeista, atlantista, liberale e popolare oggi avrebbe scelto di stare, senza se e senza ma, dalla parte di Mario Draghi. Forza Italia ha invece definitivamente voltato le spalle agli italiani – prosegue – alle famiglie, alle imprese, ai ceti produttivi e alla sua storia, e ha ceduto lo scettro a Matteo Salvini. Se i danni prodotti al Paese dalle convulsioni del Movimento Cinque Stelle erano scontati, mai avrei immaginato che il centrodestra di governo sarebbe riuscito nella missione, quasi impossibile, di sfilare a Conte la responsabilità della crisi: non era facile, ma quando a dettare la linea è una Lega a trazione populista, preoccupata unicamente di inseguire Giorgia Meloni, questi sono i risultati. Questa Forza Italia non è il movimento politico in cui ho militato per quasi venticinque anni: non posso restare un minuto di più in questo partito”.
IL TWEET DI LETTA
“In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia. Noi abbiamo messo tutto l’impegno possibile per evitarlo e sostenere il governo Draghi. Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti”. Lo scrive su Twitter il segretario del Pd, Enrico Letta.
“MAGGIORANZA PRESA A SCHIAFFONI”
Luca De Carlo, senatore e coordinatore veneto di Fratelli d’Italia, commenta: “Da una parte c’è una maggioranza ormai sfilacciata e inesistente che è stata presa a schiaffoni dal suo stesso premier; dall’altra, un presidente del Consiglio che è venuto in aula convinto di ottenere i pieni poteri e ne è uscito invece solo da leader del Pd. La situazione è ormai implosa e la strada segnata: acceleriamo e andiamo al più presto al voto per dare a questa nazione un Governo forte e compatto, in grado di rispondere realmente alle esigenze dei cittadini senza perdere tempo in giochi di palazzo”.
GLI AGGIORNAMENTI DELLA GIORNATA
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – giocoforza – dà il via alle consultazioni telefoniche con i leader della maggioranza: l’obiettivo è fare il punto della situazione dopo il dibattito in Senato sulla fiducia. “Siamo pronti a votare la risoluzione del centrodestra. Non possiamo votare una risoluzione che preveda il Movimento Cinque Stelle al Governo. Il presidente Berlusconi lo ha anticipato al Presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio”. Lo dice Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia. Una risoluzione che, in sostanza, “chiede un patto per un nuovo Governo, profondamente rinnovato, guidato ancora da Mario Draghi e senza il Movimento Cinque Stelle”. Ancora Tajani: “Chi ha tolto la fiducia al Governo non può rimanere a fare la guerriglia. Immaginiamo che da qui alla fine della legislatura ci saranno altre situazioni di difficoltà e non possiamo avere al Governo chi fa la guerriglia, creando instabilità”.
LA MATTINATA: IL DISCORSO DI MARIO DRAGHI
Il premier giunge in Senato, per le comunicazioni in un’Aula gremita: “Mercoledì scorso ho rassegnato le dimissioni. Questa decisione è seguita al venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato il Governo dalla sua nascita. Il Capo dello Stato le ha respinte e chiesto di informare il Parlamento. Decisione che ho condiviso”. Da qui l’occasione, prosegue l’ex governatore della Banca centrale europea, di spiegare “questa decisione tanto sofferta quanto dovuta”.
Draghi insiste: “L’altissimo consenso di cui il Governo ha goduto in Parlamento ha consentito di avere quella tempestività delle decisioni chiesta dal Presidente della Repubblica. A lungo le forze di maggioranza hanno saputo tenere da parte le divisioni, per interventi rapidi ed efficaci, per il bene di tutti i cittadini”. E poi: “Le riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti oltre alla corposa agenda delle semplificazioni sono un passo essenziale per l’Italia. A oggi, tutti gli obiettivi del Pnrr sono stati raggiunti”. Mentre i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle non mostrano alcuna emozione, Mario Draghi puntualizza che ricostruire il patto di fiducia è l’unico modo per stare insieme.
Volgendo lo sguardo alla situazione italiana, Mario Draghi nota: “La riforma della concorrenza tocca i servizi pubblici locali, inclusi i taxi, e le concessioni di beni e servizi, comprese le concessioni balneari”. Pertanto, dice, “c’è bisogno di un sostegno convinto all’azione dell’Esecutivo, non di un sostegno a proteste non autorizzate, e talvolta violente, contro la maggioranza di Governo”. In più, incalza: “Fin dall’avvio del Governo abbiamo condiviso con i sindacati e le associazioni delle imprese un metodo di lavoro, che prevede incontri regolari e tavoli di lavoro. Questo metodo è già servito per gestire alcune emergenze del Paese: dalla ripresa delle attività produttive nella fase pandemica fino alla sicurezza del lavoro, su cui molto è stato fatto e molto resta ancora da fare”. A seguire, l’osservazione: “Oggi è essenziale proseguire in questo confronto e definire in una prospettiva condivisa gli interventi da realizzare nella prossima legge di bilancio. Quest’anno, l’andamento della finanza pubblica è migliore delle attese e ci permette di intervenire, come abbiamo fatto finora, senza nuovi scostamenti di bilancio”. In parole povere, segnala Draghi, “bisogna adottare entro i primi giorni di agosto un provvedimento corposo per attenuare l’impatto su cittadini e imprese dell’aumento dei costi dell’energia, e poi per rafforzare il potere d'acquisto, soprattutto delle fasce più deboli della popolazione. Ridurre il carico fiscale sui lavoratori, a partire dai salari più bassi è un obiettivo di medio termine”.
Quindi l’appello: “Superare il principio di unanimità nell’Unione europea e riforma del bilancio. Su questo l’Italia ha molto da dire. Ma tutto questo ha bisogno di un Governo forte e coeso. All’Italia serve un nuovo patto di sviluppo concreto e sincero. Partiti, siete pronti a ricostruire questo patto? Siamo qui in quest’Aula solo perché gli italiani lo hanno chiesto. È una risposta che dovete dare a tutti gli italiani”. Nessun senatore pentastellato, e quasi nessuno della Lega, applaude alla fine del discorso di Draghi, che ricorda: “Il Governo si identifica nell’Europa e nella Nato. La posizione è chiara e forte nel cuore dell’Ue, del G7 e della Nato. Bisogna sostenere l’Ucraina in ogni modo. Come ripetuto ieri al presidente ucraino armare l’Ucraina è l'unico per aiutare gli ucraini a difendersi”. Con la chiosa: “Ritengo che un presidente del Consiglio, che non si è mai presentato davanti agli elettori, debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile”.
IL VERTICE DEL CENTRODESTRA
Matteo Salvini si reca a Villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi, per un nuovo vertice delle forze di centrodestra di Governo. Vertice convocato a seguito delle comunicazioni del premier Draghi. Salvini, poco prima delle 15, sulla sua pagina Facebook pubblica una nota del centrodestra di Governo: “Come ha correttamente sottolineato il presidente Mario Draghi nel corso del suo intervento, la decisione del Movimento Cinque Stelle ha rotto il “patto di fiducia” che era alla base del Governo di unità nazionale, che pure ha affrontato – con successo ed ha avviato con il nostro leale contributo – gravi emergenze e avviato un lavoro prezioso sul Pnrr. Il centrodestra di Governo è disponibile a un “nuovo patto” di Governo e continuerà a dare il suo contributo per risolvere i problemi dell’Italia soltanto con un nuovo governo, guidato ancora da Mario Draghi, senza il Movimento Cinque Stelle e profondamente rinnovato”. Giorgia Meloni, da par sua, non si sposta di una virgola dal proprio fronte: “Draghi arriva in Parlamento e di fatto pretende pieni poteri, sostenendo che glielo hanno chiesto gli italiani. Ma in una democrazia la volontà popolare si esprime solo con il voto, non sulle piattaforme grilline o con gli appelli del Pd. Sono le autocrazie che rivendicano di rappresentare il popolo senza bisogno di far votare i cittadini, non le democrazie occidentali. Fratelli d’Italia non intende assecondare questa pericolosa deriva. Decidano gli italiani del proprio futuro, non questo Parlamento delegittimato e impaurito. Elezioni subito”.
LA VIGILIA
Chi fa i conti e chi valuta, al netto di tutto, una strategia vincente. In questo marasma scorrono le ventiquattro ore che precedono l’intervento di Mario Draghi. Enrico Letta, segretario del Partito Democratico, parla del momento della verità e giura che questo è un Governo nato in Parlamento, oltre a segnalare un aspetto: “Quello che conta sono le parole che si dicono in Parlamento. Ascolteremo il premier e poi ognuno dirà la sua. Ognuno dirà quale è la sua posizione, ognuno si assumerà le proprie responsabilità”. Mentre il M5S resta spaccato tra governisti e non, con un vento di scissione che non smette di cessare.
Colloqui anche da parte del centrodestra con il premier, in una giornata che vede il vertice della coalizione a Villa Grande. Matteo Salvini, leader della Lega, ammette: “Dopo la crisi di Governo causata dai Cinque Stelle, dopo giorni di minacce e provocazioni, con decine di parlamentari che cambiano partito per salvare la poltrona e con un Pd che insiste a parlare di Ius Soli, Ddl Zan e legge elettorale, invece di mettere al centro stipendi, bollette e lavoro, oggi si decide. E la Lega, unita e compatta, deciderà solo e soltanto per il bene e il futuro dell’Italia”. Duro l’affondo di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera in quota Fratelli d’Italia: “Il Governo Draghi è soggetto a un accanimento terapeutico con la celebrazione postuma della grandezza del presidente del Consiglio che, solo fino a qualche mese fa, non veniva considerato adatto per diventare Capo dello Stato. Non lo propose nessuno della sua maggioranza, e fra sindaci, governatori, sindacati e associazioni di categoria nessuno spese una parola. Se Draghi è il più grande statista del secolo, l’equilibratore, lo stabilizzatore, non sarebbe stato più utile nello svolgimento di un ruolo di garanzia nazionale e internazionale andando al Quirinale? Assistiamo a uno scenario imbarazzante. La filosofia dell’uomo solo al comando, che anche oggi si celebra, non è in sintonia con la democrazia – prosegue – ci vogliono le elezioni anticipate, criminalizzate da ogni commentatore, nonostante si siano svolte competizioni elettorali ovunque, come in Germania. La pistola fumante della crisi di governo è del Pd, che ha “politicizzato” un Governo, che nasceva con un mandato preciso su pandemia e gestione Pnrr, tramite leggi in Parlamento come Ddl Zan, cittadinanza facile agli immigrati, legalizzazione della droga e perfino l’inceneritore di Roma messo in un decreto. Hanno cercato la rissa e gli è partito un colpo di pistola accidentale”.
di Claudio Bellumori