Governo: pressing su Draghi e grandi manovre

martedì 19 luglio 2022


Ci sono i pontieri, tra chi va di cesello e che impugna la mazza. Ma la costruzione dell’impalcatura va a rilento. Domani, mercoledì 20 luglio, è il giorno della verità per il Governo. Il premier Mario Draghi riferirà in Parlamento, dopo aver meditato cosa dire tra dimissioni presentate e successivamente respinte dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. I partiti fremono in ordine sparso: una parte vuol ricucire lo strappo, un’altra chiede subito le elezioni. Nel mezzo il Movimento Cinque Stelle, alle prese con una discussione interna che sbalza qua e là sulla spinta dei venti di scissione. Gli scenari hanno pochi bivi: andare avanti con una maggioranza larga con i fuoriusciti a Cinque Stelle o l’opzione del ritorno alle urne, strada questa che non nasconde delle insidie. Di certo Draghi, come uno studente tutto casa e libri, vorrà andare preparato in Aula.

La giornata

È una giornata calda per l’ex governatore della Banca centrale europea: l’incontro con il Capo dello Stato e il colloquio con Enrico Letta, segretario del Partito Democratico. Intorno una macedonia di interventi, tra l’appello dei sindaci che chiedono al presidente del Consiglio di non abbandonare il timone della nave Italia e Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che twitta: “A sentire la stampa sembra che tutta Italia stia supplicando Draghi di rimanere, come se questo Governo fosse nel cuore di tutti gli italiani. Però, poi, la stessa stampa avverte che se si votasse stravincerebbe chi sta all’opposizione. Tipiche dissonanze cognitive della sinistra”. Dal fronte della Lega, invece, al termine della riunione tra Matteo Salvini, i ministri e i sottosegretari del Carroccio, il messaggio è chiaro: il partito non è disposto a portare avanti il lavoro con il Movimento Cinque Stelle. E l’obiettivo è fornire al Paese soluzioni all’altezza. Il centrodestra sta giocando la sua partita, c’è poco da girarci intorno: il vertice all’ora di pranzo a Villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi, è un segnale. Come è un segnale il pressing della stessa Meloni. Le forze di centrodestra di Governo riunite a Villa Grande, peraltro, intendono chiedere un incontro al premier Mario Draghi.

Bufera a Cinque Stelle

Se Atene piange, Sparta non ride. E dalle parti del M5S i musi sono lunghi. O meglio, le anime grilline corrono in ordine sparso, tra governisti e anti-governisti, in un travaglio che l’assemblea del Movimento non riesce a placare. Anche perché non mancano le voci circa la fuga di un gruppo di deputati e di alcuni senatori, con il rischio di una scissione sempre più vicina. Ad alimentare la discussione, poi, ci pensa Lucia Azzolina, approdata a Insieme per il futuro dopo l’addio al M5S. In una intervista su La Stampa, l’ex ministro dell’Istruzione afferma: “Chi vuole votare la fiducia lo ha già detto chiaramente, non ha bisogno dei miei messaggi o delle mie chiamate”. E ancora: “Quando sono andata via io, nessuno mi ha contattata per dirmi di venire. Nel partito di Conte dovrebbero chiedersi invece perché in 60 se ne siano già andati e perché altri vogliano fare lo stesso. Stiamo assistendo ad un teatrino che tiene in ostaggio il Paese”. In ultimo, riguardo i possibili Cinque Stelle ai saluti, assicura: “Non abbiamo ancora discusso della possibilità di accogliere o meno i fuoriusciti”.

Nel novero delle dichiarazioni non passa inosservata nemmeno quella del ministro Luigi Di Maio, intervenuta all’assemblea di Insieme per il futuro: “Diciamo la verità, il partito di Conte ha già deciso di non votare la fiducia al Governo Draghi. Conte sta scommettendo sul voto anticipato, ma sarebbe un ulteriore crollo nei sondaggi. Mi spiace per la caccia alle streghe dentro il partito di Conte contro i nostri ex colleghi. Sappiamo cosa si prova, lo hanno già fatto anche con noi. Li incoraggiamo ad andare fino in fondo, per stare dalla parte giusta della storia, dalla parte del Paese. Il partito di Conte sta diventando il picconatore del Governo Draghi. Siamo in una situazione surreale, dovevamo occuparci di problemi reali del Paese, pensando a famiglie e imprese, ma siamo invece in mezzo a una crisi di Governo. La maggioranza dei cittadini sa chi è il responsabile di questa crisi, ha un nome e cognome: è Giuseppe Conte”.


di Mimmo Fornari