martedì 19 luglio 2022
In inglese si chiama content analysis e in italiano indica l’analisi statistica dei termini linguistici presenti in un documento, sia esso scritto oppure orale. L’interesse fondamentale di questa tecnica di ricerca consiste nella tesi, ragionevolmente vera, che, quanto più un termine compare in un testo, tanto più esso è valutato come centrale nell’argomentazione che il testo propone. Nell’attuale e vasta polemica circa la crisi politica che stiamo vivendo la content analysis non è però necessaria poiché il termine “responsabilità” la fa chiaramente da padrona nelle dichiarazioni di tutti gli esponenti dei partiti. In effetti, da destra a sinistra, ogni dichiarazione fa riferimento alla responsabilità di chi, nella contingenza attuale, potrebbe porsi come partito o movimento “decisivo” per la soluzione della crisi e, in particolare, per la possibile prosecuzione del Governo guidato da Mario Draghi.
Inutile dire che, varie fonti interne quanto internazionali, indicano con crescente chiarezza la responsabilità dello stesso Draghi in quanto soggetto dalla cui decisione pare dipendere la continuazione, o meno, di un’azione di governo capace di esprimere il meglio a fronte della polivalente crisi di questi mesi. Sarebbe, però, interessante chiedere ai vari esponenti politici così devoti verso il termine “responsabilità” cosa essi intendano con questo concetto. Che essi abbiano o meno letto Max Weber o Aristotele, sono sicuro che le loro risposte sarebbero facilmente e invariabilmente ricostruibili nell’asserzione, del resto ripetuta fino alla noia, “i partiti devono pensare prima di tutto al bene dell’Italia”, dando implicitamente per scontato che chi parla appartenga a un partito che già lo fa. In altre parole, ogni richiamo si rivolge alla responsabilità degli altri.
È evidente che un simile atteggiamento è parzialmente comprensibile, anche pensando alle elezioni politiche che si avvicinano, ma è molto meno evidente perché mai nessun partito, con qualche piccola eccezione che va da Forza Italia ad Azione o, pur con qualche ambiguità, a Italia viva, dichiari apertamente di essere pronto a rinunciare a qualche propria “bandierina” per porsi davvero al servizio del Paese e di una politica i cui caratteri dominanti sono purtroppo sempre più chiari in fatto di soluzioni possibili, le quali implicano una sola costante tremendamente prevedibile: sacrifici, sacrifici e ancora sacrifici. È di fronte a questo inevitabile scenario che i partiti, e i loro leader, dovrebbero mostrare la propria responsabilità assumendola come prezzo da pagare, magari anche in termini elettorali, in nome del tanto declamato “bene comune”. Ma è ovvio che il senso profondo della responsabilità non alberga nell’animo umano da solo, perché esso è certamente legato all’etica ma anche, e forse soprattutto, alla lungimiranza, la quale, a sua volta, è strettamente connessa all’intelligenza.
Chi, fra gli uomini politici attuali, punta alla vittoria nelle piccole battaglie contingenti, senza preoccuparsi di ciò che ne deriverà domani, dimostra di essere incapace di intendere e di volere al di là del proprio naso e del banale fiuto elettorale a esso associato. Proprio per questo, in fondo, nessun tribunale ordinario potrà condannare un soggetto del genere, visti i limiti della personalità che sta esibendo e dunque a fronte alla “causa naturale” che sta determinandone il comportamento irresponsabile. Ma è certo che il tribunale della Storia non riserverà per uomini e donne del genere grandi spazi encomiastici. Auguriamoci solo che, ai massimi livelli, qualcosa sia di segno opposto e Draghi, costi quel che costi, dia a tutti un esempio di rigorosa e intelligente responsabilità.
di Massimo Negrotti