lunedì 18 luglio 2022
Il conto alla rovescia risuona nelle stanze del Palazzo. Mercoledì Mario Draghi riferirà in Parlamento, dopo le sue dimissioni respinte dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. C’è chi spinge per un proseguimento del Governo, chi chiede le elezioni, chi prova a ricomporre i cocci di un giocattolo ormai rotto. I telefonini ribollono e la diplomazia istituzionale si muove per trovare un pertugio confortevole. Mentre nel Cinque Stelle è bagarre, con il braccio di ferro tra governisti e i duri e puri dopo la mancata fiducia in Senato al Decreto Aiuti. Insomma, un grande caos.
La posizione di Lega e Forza Italia
Forza Italia e Lega mettono i puntini sulle “i”: chiusura a un Esecutivo con il Movimento Cinque Stelle e motori scaldati per andare al volo. Al termine dell’incontro, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, come riportato in una nota, trovano la convergenza. Ritornano sulle recenti dichiarazioni di Giuseppe Conte, sottolineando la rottura di quel “patto di fiducia” evidenziato dal premier, elemento questo alla base delle sue dimissioni. Il Cavaliere e il Capitano sostengono, quindi, che non esiste la possibilità di governare da qui in avanti con i pentastellati, per la loro “incompetenza” e “inaffidabilità”.
Sindaci pro-Draghi e l’ira di Giorgia Meloni
Nel novero della questione c’è pure la lettera aperta dei sindaci che implorano l’ex governatore della Banca centrale europea nel rimanere al timone della nave Italia. Sono oltre mille i primi cittadini firmatari che affermano: “Chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di Governo”. Una melassa su carta che resta indigesta a Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia, difatti, entra a gamba tesa: “Mi chiedo se tutti i cittadini rappresentati da Roberto Gualtieri, Beppe Sala, Dario Nardella o da altri sindaci e presidenti di Regione che si sono espressi in questo senso, condividano l’appello perché un Governo e un Parlamento distanti ormai anni luce dall’Italia reale vadano avanti imperterriti, condannando questa Nazione all’immobilismo solo per garantire lo stipendio dei parlamentari e la sinistra al Governo. E, indipendentemente da chi li ha votati – continua – mi chiedo se sia corretto che questi sindaci e governatori che rappresentano tutti i cittadini che amministrano, anche quelli che la pensano diversamente, usino le Istituzioni così, senza pudore, come se fossero sezioni di partito. La mancanza di regole e di buonsenso nella classe dirigente in Italia comincia a fare paura”. Sempre Meloni su Twitter: “Appelli, ripensamenti, suppliche e giravolte: per paura di esser sconfitta, la sinistra è disposta a tutto pur di scongiurare il ritorno al voto. Possono fuggire quanto vogliono, arriverà presto il giorno in cui dovranno fare i conti col giudizio degli italiani”.
Le parole di Confalonieri
“Se dovessi dare un consiglio a Silvio, gli direi di puntare sulla Meloni. È lei che può riportare il centrodestra a Palazzo Chigi”. Così Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset e della Veneranda fabbrica del Duomo di Milano, in una intervista al Corriere della Sera. E ancora: “Io nel Silvio delle origini vedevo una punta di populismo: quel rifiuto del teatrino della politica, che un po’ è stato anche dei Cinque Stelle… Sarebbe il momento di fondare un grande partito conservatore, che vada da Gianni Letta e dalla Ronzulli, la nostra donna forte, sino a Salvini e alla Meloni”.
Che succede?
Secondo quanto appreso, si tratterà di “comunicazioni fiduciarie”: intervento del primo ministro, discussione, voto nominale su risoluzioni di fiducia, quelle che terrà Draghi alla Camera e al Senato mercoledì. Lo ha detto il presidente della Camera, Roberto Fico, nel corso della conferenza dei capigruppo. La riunione è stata aggiornata a domani (ore 16,30) dopo quella del Senato, per decidere gli orari. I presidenti, in sostanza, dovranno indicare in quale delle due Camere si svolgerà prima il voto di fiducia. Nel frattempo, le lancette dell’orologio corrono veloci. Il Partito Democratico, in debito di ossigeno, si muove per ricomporre il puzzle della maggioranza. E per far ciò, strizza l’occhio al fronte governista del M5S. Anche se nel Movimento, dopo l’ultima riunione dei parlamentari, la bufera non intende cessare. Gli scenari, pertanto, si dipanano in una nebulosa che prende corpo tra le calde temperature di luglio, tra un bis di Supermario e le elezioni in autunno. Il tutto surfando l’onda della crisi, in attesa di un mercoledì da Draghi. Mentre al largo qualcuno sussurra che ora la decisione non spetta al M5S, ma al presidente del Consiglio. Questo, in soldoni, il senso dell’intervento di Giuseppe Conte nel corso dell’assemblea congiunta dei gruppi pentastellati. Al peggio non c’è mai fine.
di Claudio Bellumori