mercoledì 13 luglio 2022
Più proporzionale per meno astensionismo? Evidentemente per l’elettore italiano vale il detto della memoria corta, mentre un sistema politico in stato confusionale tende a far dimenticare alle più giovani generazioni lo stallo dell’ingovernabilità che portò nel 1993 alla rivoluzione di Mario Segni e all’introduzione del Mattarellum con la prevalenza di una forte aliquota uninominale. Ora, i paladini del ritorno all’antico come giustificano una scelta simile? Luciano Violante, magistrato e politico d’assalto dell’ex Partito comunista occhettiano, illustra le ragioni del Sì, parlando addirittura di urgenza del proporzionale nel suo intervento su Repubblica del 1° luglio scorso.
Tra i difetti principali (incontestabili, d’altronde) del Rosatellum (nomignolo assegnato all’attuale legge elettorale di cui il parlamentare del Pd, Ettore Rosato, fu il primo tra i firmatari) che, a suo giudizio, rendono inevitabile una sorta di riedizione speciale di Ritorno al futuro, vengono citati i seguenti.
1) Il Rosatellum rende eleggibili soltanto gli appartenenti ai diversi cerchi magici. Vero: ma quanta malafede c’è stata anche da parte del centrosinistra per aver condiviso un metodo (quello delle liste elettorali bloccate a livello nazionale) che dava sia alle segreterie di partito, sia ai leader dei così detti partiti padronali il massimo del potere discrezionale per inserire nei posti utili delle liste propri fedelissimi, spesso privi di un reale consenso popolare?
Una sorta, come si vede, di motto alla Marchese del Grillo per cui, caro popolo, Io sono Io e voi non siete… altro che un beneamato Nulla. Non poteva funzionare e, com’era del tutto prevedibile, ha creato mostri come la rappresentanza parlamentare dei cinque stelle, che sono arrivati a vincere nel 2018 centinaia di seggi parlamentari, promuovendo alla più alta responsabilità politica perfetti sconosciuti inseriti nelle liste bloccate nazionali, per decisione del Grillo garante, dopo essersi autocandidati in base a curricula di fantasia e premiati nella loro perfetta incompetenza con qualche centinaio di like ottenuti sulla Piattaforma Rousseau dai votanti iscritti al Movimento. Domanda: dov’era l’onorevole Violante all’epoca dei fatti citati? Non era forse bastato ciò che era avvenuto identicamente nel 2013? E perché si è lasciata scorrere un’intera Legislatura senza modificare quel monstrum giuridico-elettorale?
2) Poiché il Rosatellum favorisce le coalizioni, in prossimità del voto vengono costituite alleanze fittizie fatte non per governare, ma per vincere. Si premiano, quindi, le microformazioni (che da sole non supererebbero nessun quorum!), a discapito del progetto politico unitario, obbligandole a loro volta ad annacquarsi un po’ per non rendersi troppo distinguibili, al limite della compatibilità con le ragioni della coalizione stessa.
Tutto ciò è ovvio che accada: non essendoci vincolo di mandato, né sistemi all’inglese di Recall (per cui è nella facoltà dell’elettore far dimettere il proprio rappresentante che ha mancato di parola), nessuno è in grado di sanzionare a posteriori quei partiti della coalizione che vadano per conto proprio una volta eletto il nuovo Parlamento. Si parla tanto dell’estensione del modello del sindaco d’Italia per l’elezione diretta del premier, ma nulla si dice sulla bontà del sistema uninominale inglese first-past-the-post, per cui chi vince anche con un solo voto in più ottiene il seggio.
Questo metodo pannelliano, tra l’altro, tende a garantire un costante rapporto tra eletto e gli elettori del suo collegio, obbligando i partiti a mettere in lizza candidati veri (vale qui, più che altrove, la preselezione delle primarie!), motivati e altamente preparati per svolgere il ruolo di rappresentanti del popolo. Secondo Violante, tutti i difetti riscontrati nel Rosatellum verrebbero meno introducendo il proporzionale, che costringerebbe ciascun Partito a rendere palese sia la propria identità che i suoi obiettivi prioritari, restituendo “ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti”. Il che ancora una volta bypassa volutamente la questione centrale della qualità della politica! La conclusione è, poi, altrettanto disarmante, dato che si sostiene come “il sistema proporzionale, imponendo un faccia-a-faccia diretto e immediato tra partiti e popolo” favorisce la consapevolezza della responsabilità di ciascun partito nei confronti dei cittadini.
Peccato che la storia italiana, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, dimostri esattamente il contrario, a proposito della bontà del proporzionale, con governi e partiti che hanno agito nella massima irresponsabilità, una volta ottenuto il voto degli elettori, dando vita a un numero impressionante di Governi così detti balneari o di transizione, il cui unico scopo era quello dell’alternanza interna al potere da parte delle varie correnti di partito. Ma, almeno, questo schema perverso ha avuto un suo senso fin quando sono esistiti i Partiti-Chiesa, tenuti assieme al loro interno da un’ideologia comune che facevano da legante indissolubile tra le varie anime correntizie.
Ma, oggi che le scelte della politica fanno surf sugli umori dei social, che senso avrebbe questo Ritorno al futuro? Piuttosto, varrebbe la pena rivisitare l’unico modello alternativo che nelle ultime due Legislature ha attirato decine di milioni di elettori, soprattutto tra le fasce più giovani, e che le cronache recenti hanno definito come Il Metodo Rousseau. La cosa funzionerebbe così: a partire dalla base degli iscritti, ogni partito indice le primarie di collegio per la scelta dei candidati tramite un voto online certificato, sulla base di un curriculum e di un programma individuale (presentato in video e di persona) dell’aspirante parlamentare, da orientare sempre all’interno di quello più generale della forza politica di appartenenza.
L’inserimento in lista tiene conto della graduatoria delle preferenze espresse online dagli iscritti, e i candidati così selezionati sono poi sottoposti al voto di preferenza degli aventi diritto al voto nella circoscrizione elettorale di riferimento. Questo meccanismo, quindi, da un lato garantisce la più stretta prossimità tra eletto ed elettore, operando per di più dall’altro una selezione meritocratica dal basso, anziché per cooptazione di mandarinato. Ci sarebbe molto ancora da chiarire, a proposito del rapporto di fatto inesistente tra il popolo e i suoi rappresentanti. Ma, forse, è troppo tardi.
di Maurizio Guaitoli