Mattarella chiede lumi a Draghi: i misteriosi accordi del premier

lunedì 16 maggio 2022


Il Governo di Mario Draghi non si può certo dire spicchi per trasparenza, anzi Supermario amministra l’Italia “come fosse la propria fattoria” (come si diceva di Alfredo Stroessner dittatore del Paraguay). Una modalità che nei primi tempi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fatto finta di sopportare, e solo per superare lo stallo dovuto al combinato disposto fra tramonto del Governo di Giuseppe Conte e la piena crisi economica da pandemia.

Ma ora il Colle vorrebbe sapere, soprattutto capire, quali impegni internazionali avrebbe preso il premier presso le alte corti della speculazione occidentale. E perché Mattarella si sente trattato da Draghi un po’ come un vecchio nonno, che deve subire senza fiatare l’effervescenza affaristica del nipote sveglio e desideroso di giocare nelle borse i risparmi di famiglia. Oggi voci di corridoio ci dicono che, conti alla mano, l’inquilino del Colle avrebbe chiesto lumi su impegni, investimenti ed uso del Pnrr al signorotto di Palazzo Chigi. Voci malevole rimarcherebbero che qualche consigliere avrebbe ricordato a Mattarella la figura del predecessore democristiano Francesco Cossiga, soprattutto le parole del Picconatore all’indomani della riunione sullo yacht Britannia, dove venne tracciata la linea delle privatizzazioni: “… è un vile affarista… venderà l’Italia”. Parole con accento sardo che pare s’odano al tramonto in una certa ala del Quirinale. Qualche giornalista ricorda anche la chiosa di Indro Montanelli al crepuscolo della Prima Repubblica, ovvero “l’Italia che siamo abituati a considerare non esisterà più, sopravvivranno gli italiani nei panni di camerieri, sarti, tutto fare…”: vi risparmiamo i suoi presagi sul trionfante ritorno al ruolo di “espressione geografica” (usava ricordare Metternich).

Così Mattarella sarebbe stato scosso dal ricordo di certe profezie. E avrebbe considerato quanto poco rispetto della rappresentanza e della partecipazione democratica abbia Mario Draghi. Del resto, nei primi mesi di Governo ha bistrattato a pezza da piedi i sindacati e durante più tavoli di trattativa, permettendo così alle multinazionali (come Amazon per esempio) che operano in Italia di poter usare con i dipendenti le stesse modalità leonine che intercorrono nei luoghi di lavoro e produzione del lontano Sud-Est asiatico. “È la globalizzazione bellezze” avrebbe detto Supermario. Questo mentre Sergio Mattarella si doleva di morti sul lavoro e licenziamenti.

Ricordiamo che Mario Draghi s’insediava “perché voluto dai mercati”, ovvero aveva ricevuto il compito internazionale di coalizzare il Parlamento verso un unico progetto di vendita dei patrimoni italiani: quest’ultima medicina veniva indorata con la solita tiritera delle “riforme necessarie”. Di fatto la speculazione internazionale appoggiava Draghi come fidato “prestatore di ultima istanza”. Per dirla in soldoni, Draghi veniva posto come condizione, perché l’usura internazionale permettesse prestiti all’Italia, e perché gli analisti (come da report di Goldman Sachs) avevano detto che l’Italia era morta e non conveniva investire sul sistema paese. Infatti, Sergio Mattarella affidava a Draghi velocemente il Governo evitando gli incontri con i partiti presenti in Parlamento, ma solo per il timore l’Italia venisse fatta fallire sotto pandemia. Così il banker di Goldman Sachs otteneva una sorta di maggioranza prona ai suoi voleri, e ben superiore a quella che appoggiava Conte: dai Cinque Stelle al Partito Democratico passando per Italia Viva e Forza Italia, tutti s’affidavano e davano carta bianca a Supermario.

Il conflitto d’interessi di Draghi, ovvero il controllo di Goldman Sachs sull’Italia, veniva sottolineato dalla copiosa dissidenza ma ai partiti presenti in Parlamento questo non interessava, perché l’ex della Banca centrale europea scongiurava le elezioni anticipate con la scusa di dare stabilità finanziaria all’Italia. Draghi di fatto ha solo decretato in Italia l’agenda imposta da Goldman Sachs, ovvero fiscalità più penetrante, uso dei Recovery Fund per sostituire l’artigianato italiano con servizi digitali (richiesta che da anni faceva anche l’Unione europea), campagna di vaccinazione più importate d’Occidente, abolizione del contante. L’utilità di Draghi s’è solo rivolta a mettere i patrimoni italiani in gioco sui mercati, permettendo alla grande speculazione di scommettere sull’aumento o meno del rischio sul debito sovrano.

Così le politiche di Draghi non sono mai state rivolte a risolvere le difficoltà delle famiglie, dei cittadini e delle amministrazioni: da qui la battuta di un ministro del Governo Draghi sui recenti licenziamenti da ex Alitalia al siderurgico “il mercato lo ha chiesto”. Infatti, i famosi fondi europei sono sempre stati vincolati al varo di riforme. E queste ultime (sin dall’epoca di Mario Monti) hanno previsto la chiusura di attività artigianali tradizionali. In pratica, fondi in cambio di disoccupazione in determinati settori. Così se Mattarella guarda al sociale, di contro Draghi ascolta solo il nervosismo dei mercati, i titoli in portafoglio, e come giocare la carta della recessione e della liquidità (economia gocciolata) per scardinare asset italiani e favorire soggetti multinazionali. Eppure, Mario Draghi continua indefesso a recitare la sua parte, asserendo che “l’Italia continuerà a crescere quest’anno grazie anche al sostegno del Pnrr”.

Ma che ne sa l’uomo di strada di certe strategie: grazie al combinato disposto di Covid e guerra, l’unico vincitore contro l’Italia si chiama speculazione e si misura con l’indice sulla volatilità del mercato (il Vix) che gennaio è balzato dell’85 per cento a 30,7 per cento; questo significa che risparmi italiani sono a rischio falò (ma Draghi e compari non hanno depositi in Italia) e che i patrimoni italiani si possono acquisire a prezzi stracciatissimi. Ma Draghi ci dice che tutto va bene, perché è decollata la “Next Generation Eu”, quindi staremo meglio grazie a digitalizzazione, cybersecurity, fibra e fumoso miglioramento delle infrastrutture. Ma è lo stesso Draghi che ci dice che dobbiamo spegnere luci e caldaie. E muoverci in bici o a piedi: insomma, fare sacrifici perché siamo in guerra. L’Italia era fino a dieci anni fa la prima manifattura europea e oggi è la seconda dopo quella tedesca, ma rischia di retrocedere ancora. Ogni investimento, in un contesto così fragile e labile come quello attuale, fa si che gli imprenditori italiani svendano, acciuffino quattro soldi e poi fuggano dal Paese. Nemmeno più il settore immobiliare di qualità protegge dall’inflazione.

L’Italia assomiglia tanto a un soggetto a cui sono stati diagnosticati pochi mesi di vita, quindi si pone in attesa degli eventi, non lavora e non aggiusta nulla, perché tutto è inutile. Fino a quando non ci sarà chiarezza sulla situazione generale, o una prospettiva, la priorità degli italiani sarà nascondere i propri risparmi, evitare di spendere. Mattarella è il capo dello Stato, Draghi uno chiamato ad amministrare, una sorta di curatore fallimentare che riceve troppe pressioni da eventuali acquirenti. Mattarella è uomo paziente e senziente, soprattutto non ha necessità d’un amministratore di sostegno. Mattarella ha parenti e casa in Italia, Draghi ha tutto all’estero, fatta eccezione per un enorme suolo su una isola di Venezia (acquisto per il quale ha ricevuto l’accensione d’un mutuo trentennale). Draghi non ha un Paese, lui va dove lo portano i soldi. Mattarella ora sta mettendo in fila i pro e contro del mandato a Draghi.


di Ruggiero Capone