lunedì 9 maggio 2022
La retorica moralista non basta e non giova né all’analisi né alla decisione politica. In politica finiscono sempre per prevalere le valutazioni degli interessi. Intorno alla guerra russo-ucraina dietro la retorica manichea si intravvedono interessi americani (e forse solo di Joe Biden) che stanno entrando sempre più chiaramente in conflitto con gli interessi dei Paesi europei.
Quando Mario Draghi domani incontrerà Joe Biden confermerà l’adesione italiana alla sua linea oltranzista sulla guerra russo-ucraina? O si farà portavoce dell’esigenza italiana ed europea di una linea diversa che rinunci alla sconfitta militare punitiva della Russia di Vladimir Putin? Farà capire a Biden che gli europei, pur considerando quest’ultimo l’aggressore, non hanno alcun interesse a fare una guerra punitiva al presidente russo? Gli dirà che un prolungamento di quella guerra ad oltranza rischia di avere sull’Europa “conseguenze catastrofiche” come pensano molti analisti e imprenditori europei?
Che queste siano le domande più rilevanti all’ordine del giorno lo dimostrano, tra le altre, le recenti e realistiche dichiarazioni di Carlo De Benedetti al Corriere della Sera, che si spinge fino ad auspicare un improponibile divorzio euro-americano nella Nato. Stiamo ai fatti. E alcuni fatti degli ultimi giorni hanno fortemente indebolito l’attuale linea americana che punta da qualche settimana su una sconfitta militare della Russia ad opera degli ucraini. Chiamarla una guerra per procura è una questione semantica che non ci interessa. Quella linea non si limita più solo alla difesa degli ucraini aggrediti, come nei primi giorni del conflitto, ma può essere riassunta nell’appoggio ad una ipotetica controffensiva militare ucraina fino a costringere le truppe russe a lasciare il territorio ucraino ed a provocare in Russia un cambio di regime ed una defenestrazione dello “zar” russo (senza peraltro chiedersi chi realisticamente lo sostituirebbe: i militari russi forse?).
Gli stessi analisti della Cia – come ha riportato la stampa americana – hanno messo in dubbio quella linea affermando che la Russia di Putin “non potrà mai accettare la sconfitta” (ed ha i mezzi militari per evitarla – è il sottotesto). Nello stesso tempo la stessa stampa americana ha rivelato (grazie a una gola profonda non identificata nella stessa Cia) che l’intelligence americana ha fornito agli ucraini informazioni utili ad affondare l’incrociatore russo Moskva e ad uccidere 12 generali russi, provocando una crisi di nervi alla Casa Bianca. Sono segnali rilevanti di una frattura all’interno dell’establishment americano sulla linea di Biden, messa sempre più in discussione soprattutto in Europa.
Quella linea prevede in primo luogo la fornitura di armi sempre più aggressive agli ucraini; e, in secondo luogo, nuove sanzioni fino alla rinuncia europea alle forniture russe di petrolio e gas. Ma essa evidentemente comporta da un lato il rischio di coinvolgimento militare europeo ed occidentale, e, dall’altro – come avvertono da tempo gli economisti (tra cui Tito Boeri) – un lungo periodo di catastrofica stagflazione (inflazione più recessione). Alla stagflazione si aggiungerebbero anche aspre proteste sociali che destabilizzerebbero gli attuali equilibri politici in molti Paesi europei. Si aggiungerebbe anche un’esplosione di ondate migratorie verso l’Europa, dovute a prevedibili carestie in Africa a causa del venire meno dei cereali ucraini e russi sui mercati internazionali.
Gli europei finora hanno seguito questa linea contraria ai propri interessi – e potenzialmente suicida – sulla base di una mera retorica moraleggiante e di infondate congetture su presunte intenzioni invasive attribuite – non si sa come e su quali basi divinatorie – al presidente russo Putin. La retorica americana – ripetuta acriticamente da giornalisti e conduttori televisivi soprattutto italiani, martella la seguente litania: “Dobbiamo non solo difendere gli aggrediti dagli aggressori, ma contribuire a tutti i costi (sic!) ad una sconfitta militare russa e ad un indebolimento militare ed economico della Russia per rendere impossibile la realizzazione dell’intenzione di Putin di conquistare l’intera Europa: gli ucraini stanno perciò difendendo la nostra libertà”.
È questa una mera supposizione – a mio avviso una colossale e ridicola balla – diffusa dalla propaganda americana e ripetuta acriticamente da fior di giornalisti ed analisti europei ed italiani. Proprio la guerra in corso in Ucraina sta mostrando i limiti della potenza militare russa e che, ammesso (e non concesso) che un Putin-demonio nutrisse tali roboanti imperialistiche intenzioni, non potrebbe mai realizzarle. Come si può affermare allo stesso tempo che la Russia di Putin può essere battuta sul terreno dagli ucraini con armi occidentali e che contemporaneamente è così potente da invadere l’Europa occidentale? Mistero della fede. Questa linea “occidentale” è basata su una congettura, tra l’altro chiaramente irrealistica, oltre che su basi etico-giuridiche che non hanno alcuna attinenza con la realtà e con una seria analisi politica.
L’inconsistenza politica di questa analisi legittima il sospetto che dietro ci sia la volontà di Biden non solo di indebolire la Russia, ma anche di indebolire e subornare i Paesi europei anche contro i loro stessi interessi per un obbiettivo tutto americano: agitare la minaccia di un nemico demonizzato per costringerli a tagliare le forniture russe di gas e petrolio. Soprattutto la Germania e Italia, agli occhi di Biden, sarebbero “colpevoli” di essersi rese fortemente dipendenti dal gas russo attraverso i gasdotti Stream 1 e Stream 2, che Biden considera un prodromo di una convergenza strategica tra Europa e Russia.
Finora i Paesi europei hanno dovuto fare buon viso al cattivo gioco americano perché temono un venire meno dello scudo nucleare fornito loro dagli Usa, attraverso la Nato. Anche per questo hanno accettato di inviare armi agli ucraini e hanno imposto sanzioni che hanno colpito soprattutto i propri imprenditori ed i propri interessi nazionali. Esemplare è la rinuncia tedesca ad aprire il gasdotto Stream 2, già pronto da due anni.
Ma si sentono già chiaramente gli scricchiolii della fittizia “unità” occidentale ed europea. Germania ed Italia riluttano sia a fornire agli ucraini armi utili ad una controffensiva e soprattutto a tagliare le forniture russe di gas. Proprio alcuni Paesi europei orientali dell’ex blocco sovietico sui cui timori di un “ritorno dell’orso russo”, Biden ha contato finora per imporre agli europei, nella Nato e nell’Ue, una linea aggressiva anti-russa, hanno rifiutato di sottoscrivere il “sesto pacchetto” di sanzioni che prevederebbero una graduale interruzione delle forniture russe di petrolio.
Il leader ungherese Viktor Orbán ha anzi urlato che sarebbe come “fare scoppiare una bomba” atomica sull’economia e la società del suo Paese. E ha posto il suo veto sulle sanzioni petrolifere. Orban non è isolato: Slovacchia e Repubblica ceca gli si sono affiancati. Molti altri Paesi hanno taciuto, al riparo del veto ungherese, ma si sa che tutti i Paesi europei, specie quelli che non hanno centrali nucleari, come l’Italia, condividono gli stessi timori di Orban. Lo dimostrano le nere prospettive di un eventuale taglio delle forniture russe di gas esplicitate dagli economisti, ma anche da qualche ministro come quello italiano per la transizione ecologica, Roberto Cingolani. Lo dimostrano anche i sondaggi di opinione che mostrano che la maggioranza degli italiani, pur parteggiando per gli ucraini aggrediti, è contraria alla continuazione e intensificazione delle forniture di armi e delle sanzioni ritenute autolesioniste. La retorica dei buoni contro il cattivissimo demonio Putin, martellata da due mesi da partiti, giornali e televisioni, sta mostrando i suoi forti limiti nell’orientare l’opinione pubblica italiana. E sta già fornendo in Italia (ed in altri Paesi europei) argomenti e spazio politico a leader politici (come Giuseppe Conte e, in parte, a Matteo Salvini), per cavalcare l’onda dei perplessi e contrari.
Il cattivo gioco di Biden probabilmente si è spinto troppo oltre. Quel gioco è apparso evidente nei giorni scorsi quando, subito dopo una relativa apertura di Zelensky che aveva lasciato intendere di essere disposto ad un riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea (in cambio di un ritiro russo), il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg ha dichiarato: “Non rinunceremo mai alla Crimea”, come se la Crimea fosse dominio della Nato. In nome e per conto di chi parlava? Non certo dei Paesi europei della Nato? Parlava per conto degli ucraini smentendo il loro presidente? Egli evidentemente parlava in nome e per conto di Biden, rivelandone l’obiettivo di un pericoloso prolungamento indefinito della guerra contrariamente agli interessi europei. La linea di Biden è finora passata in Europa ed in Italia soprattutto grazie alla retorica moralistica, alla propaganda della presunta guerra giusta del campo del Bene contro quello del Male, della democrazia contro l’autocrazia e dell’attribuzione al nemico demonizzato (Putin) di intenzioni (non verificabili) che si estenderebbero addirittura fino alla “conquista” dell’intera Europa orientale e occidentale.
La retorica – diffusa da troppi giornalisti, analisti e intellettuali – della lotta dei buoni contro i cattivi, degli angeli contro i demoni, ci dà una chiara, ma fuorviante visione della realtà. E ci fa sentire dalla parte giusta della storia e “migliori” degli altri. Avere un nemico demoniaco consola, conforta, ci esime dallo studio e da una seria analisi politica. Ma non ha niente a che fare con l’analisi politica e con un serio giornalismo. Anche perché non basta a convincere la gente, gli europei – e quindi i loro governi – a fare una guerra contro i propri interessi.
di Lucio Leante