Spesa militare al 2 per cento del Pil

giovedì 17 marzo 2022


Raggiungere il traguardo del 2 per cento del Pil. È quanto l’Italia si impone di spendere per l’apparato militare: “Si tratta di raggiungere un obiettivo che il nostro Paese si era dato, aderendo alle conclusioni del vertice dell’Alleanza Atlantica nel 2014 in Galles. Ovvero impegnare una quota, pari al 2 per cento del prodotto interno lordo del Paese, per gli investimenti nel campo della difesa”. Queste le parole in Aula di Roberto Paolo Ferrari, il leghista che firmò per primo il documento. Quest’ordine del giorno risale al 16 marzo e dà continuità a quanto proposto da Mario Draghi il primo di questo mese. Approvato dalla Camera a grande maggioranza (hanno votato contro solo Alternativa, Sinistra italiana e Europa Verde), ha predisposto un sentiero di aumento stabile nel tempo, garante di una capacità di “deterrenza e protezione, a tutela degli interessi nazionali, anche dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici”, come ha ricordato il premier.

L’obiettivo del 2 per cento non è stato mai perseguito in questi anni, a causa delle difficoltà economiche del Paese. È stato visto nella Difesa un “bacino a cui andare ad attingere, così come peraltro è successo alla sanità”, ha detto Ferrari. C’è stato bisogno di una pandemia e dello scoppio della guerra in Ucraina per far emergere le difficoltà di questi due reparti, che hanno subito danni incalcolabili e non recuperabili ormai in tempi brevi. Gli investimenti per la difesa dovranno crescere come non è mai avvenuto nel passato, giungendo a migliorare l’addestramento delle forze armate, le risorse per il personale e gli attrezzamenti dell’esercito. L’opposizione si è espressa contro questo provvedimento. Per il deputato e segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, questo è “un ennesimo scempio”, e per i due portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli ed Eleonora Evi, “è vergognosa la richiesta dell’aumento di spese militari reclamata oggi”. Infine, Ferrari si sente in dovere di precisare che “non è una corsa al riarmo. È finalmente dare le risorse necessarie a un sistema che garantisce la sicurezza del Paese, che garantisce la necessaria deterrenza per la sicurezza anche dell’approvvigionamento delle nostre risorse energetiche e degli interessi strategici del nostro Paese”.

Questo provvedimento, che offre concretezza alla direttiva di Draghi, vuole portare l’Italia al tavolo delle più grandi potenze militari, anche europee. Tra i Paesi Nato che spendono di più per la Difesa figurano Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia e Germania.


di Zaccaria Trevi