A proposito del progetto di riforma dell’ordinamento giudiziario

venerdì 18 febbraio 2022


Dico la mia sul progetto di riforma della Legge sull’ordinamento giudiziario e sul Consiglio superiore della magistratura. Non mi piace. Non mi piace per “come” è stato fatto (la Commissione non prevedeva la partecipazione degli avvocati) e neppure mi piace per i contenuti, che non cambiano affatto una situazione, ormai, difficilmente tollerabile. Intendiamoci. Nessuno – io meno di altri – auspica una legge punitiva o mortificante per i magistrati. Il rimedio, chiamiamolo così, sarebbe peggiore del male. E, tuttavia, noi aspettiamo invano una riforma che traghetti la magistratura nel sistema democratico e liberale fin dal 1948: un po’ troppo, direi, anche per i poveri di spirito. D’altra parte, non possiamo non prendere atto del fallimento (magari giustificato, siccome giusto) dei tentativi esperiti nel tempo, sistematicamente infranti contro il muro dei veti opposti, sempre insuperabili.

Quegli stessi veti che, diafanicamente, ci consentono oggi di rilevare la causa della situazione attuale: la difesa ad ogni costo di un’autonomia tradottasi in gestione di una posizione privilegiata.

È ora di cambiare, intendendo per cambiamento la correzione per via di legge di quei comportamenti che, nel tempo, hanno consentito a pochi di condizionare la vita del Paese, ma, soprattutto, di compromettere agli occhi dei cittadini la credibilità dei tanti che ogni giorno si recano al Palazzo di Giustizia per fare il loro dovere, da perfetti sconosciuti e non da ospiti d’onore del talk-show di prima serata o da commensali di convivi del tutto inopportuni. Quindi, neppure troppo paradossalmente, i primi difensori di quei “tanti” (che dovrebbero smetterla con la loro acquiescenza) sono quelli come me, che proverebbero sincera soddisfazione se la compromessa credibilità fosse recuperata.


di Mau.Ane.