giovedì 3 febbraio 2022
Lo scontro tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio prosegue in maniera strisciante. Secondo fonti vicine ai duellanti il tema della scissione non è più escluso come un tempo. “Nessuno auspica una scissione che rischierebbe di distruggere il Movimento”. Ne è convinto Vincenzo Spadafora, intervistato da Repubblica. Secondo l’ex ministro pentastellato, “Di Maio sta lavorando benissimo come ministro e sicuramente è l’ultimo che vuole destabilizzare il governo” e Conte “deve essere aiutato. Intorno, non tutti sono all’altezza. Fossi in lui, mi terrei caro uno come Luigi”. Per Vincenzo Spadafora, “non c’è dubbio che la situazione all’interno del Movimento sia piuttosto critica. Grillo per la sua storia e il suo ruolo richiama tutti a un forte senso di responsabilità”, afferma, ma “già l’uso strumentale che è stato fatto delle sue parole mette in dubbio che alcuni ne abbiano compreso il senso. Il dialogo non si auspica, si pratica. Oggi – aggiunge – serve un confronto vero senza sterili e inutili minacce, e serve farlo prestissimo”.
Quanto al rapporto con il Pd, rileva: “Per me il legame con il Pd deve essere messo al riparo dalle questioni interne, dalle discussioni di questi giorni. Quello che conta è l’identità e la prospettiva politica, e al momento quelle del Movimento non sono chiare nemmeno a noi. L’effetto Conte non si è visto né nei sondaggi, né sui temi. Dopo molti mesi siamo ancora alle premesse”.
Sergio Battelli, fedelissimo del ministro degli Esteri, esclude un’implosione dell’universo grillino. “Scissione? Il Movimento è la casa di Di Maio. Però Conte deve spiegare seriamente, stavolta non può finire a tarallucci e vino”. Battelli, in un’intervista al Corriere della sera, sostiene che “Beppe si è posto da paciere. Ma l’acqua sul fuoco non potrà spegnere completamente questo incendio. Il presidente Conte aveva il mandato pieno dei nostri grandi elettori. Quindi, siccome ci sono stati diversi passaggi non chiari e tanti di noi hanno dubbi, è doveroso chiarire ciò che è successo nell’ultima notte di caos. Esprimo dubbi, non accuse. scannarci sui giornali, è fondamentale avviare un confronto serio e non di facciata”. Per Battelli “non va bene utilizzare un giornale per lanciare messaggi con gravi accuse, senza spiegarle prima ai nostri parlamentari. È inaccettabile lanciare le bombe senza spiegare cosa c’è di concreto dietro a queste parole. È venuto il momento di un’assemblea vera per dipanare tutti questi dubbi. Ma va fatta in presenza, faccia a faccia. Facendo parlare tutti e pretendendo risposte da chi governa il nostro partito”.
Mariolina Castellone parla della scelta di campo del Movimento. “La dialettica interna – scrive in un tweet la capogruppo M5s al Senato – è parte dell’identità del M5S, ma deve essere dialettica costruttiva per trovare un’identità nel fronte progressista. Di Maio pilastro per il Movimento, non metterei in dubbio la sua collocazione”.
Intanto, Alessandro Di Battista, fuoriuscito dal M5s, non perde occasione per cannoneggiare il Movimento. In editoriale pubblicato dal settimanale The Post Internazionale – Tpi, sostiene che “Giuseppe Conte e Luigi Di Maio sembrano ai ferri corti. Non è la fine del mondo. La fine, non del mondo ma solo del Movimento, avverrebbe se, per un quieto vivere ipocrita e perbenista, si evitasse la resa dei conti. Una resa dei conti fatta alla luce del sole, davanti agli iscritti e incentrata non su questioni personali ma politiche. In primis sul comportamento che il Movimento che ha vinto le ultime elezioni dovrà tenere nell’ultimo anno di legislatura”. Per Di Battista, “quel che è successo nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica con Di Maio che cercava in ogni modo di far eleggere Draghi e Conte che cercava di opporsi (per me, giustamente) è, evidentemente, legato a questioni politiche. E le questioni politiche una forza che dice di credere nella democrazia diretta le risolve pubblicamente, coinvolgendo i propri iscritti, non al telefono o in riunioni popolate da neo-politicanti senza voti” aggiunge l’ex deputato secondo il quale “una resa dei conti rapida e trasparente converrebbe a Conte forte ancora di un consenso personale. Converrebbe a Di Maio il quale potrebbe avere più elementi su cosa (e dove) fare al termine del suo secondo mandato. Conviene a chi sta fuori o è stato costretto ad uscire. Tanto per comprendere, definitivamente, cosa sia oggi la comunità del Movimento 5 stelle e se ne condividono ancora i valori. Dunque se ha minimamente senso pensare di tornare”.
Di Battista parla anche di un possibile ritorno. “Per quanto mi riguarda ricordo a tutti, in primis a coloro che oggi mi riscrivono dopo mesi di silenzi, che ho lasciato il Movimento 5 stelle per la scellerata entrata nel governo Draghi e se non cambiano i comportamenti del Movimento, non cambieranno neppure i miei. Al netto di conquiste purtroppo via via smantellate dal governo dell’assembramento (dalla legge anti-corruzione al super-bonus) le ragioni per le quali venne fondato il M5s sembrano essersi perse nei palazzi romani. Il Movimento, d’altro canto, non è nato per diventare un Pd buono. Nacque per rovesciare la piramide. Non per sostituire un potere con un altro e neppure per barattare posizioni di potere personale in cambio della più bieca restaurazione”.
Di Battista attacca: “La legislatura iniziata con la Strage di Genova e la promessa della revoca delle concessioni autostradali finisce con i Benetton ricoperti d’oro e con i familiari delle vittime del Morandi che faticano per farsi pubblicare un comunicato stampa. Questo è lo Stato dell’arte ed è evidente che il Movimento sia in gran parte responsabile. D’altro canto, i sondaggi parlano chiaro. La responsabilità più grande è stata quella di aver indebolito il potere degli iscritti. Quegli iscritti raggirati da informazioni false e tendenziose durante le votazioni sul governo Draghi. Quegli iscritti che mai e poi mai avrebbero accettato l’entrata del Movimento nel governo dell’assembramento se avessero conosciuto prima la sua composizione. Quegli iscritti in buona parte pentiti della loro scelta. La restaurazione in atto – sottolinea tuttavia Di Battista – non inficia minimamente le idee di Gianroberto Casaleggio, semmai ne conferma la bontà”.
di Manlio Fusani