Calenda a Giorgetti: “Dimostra di essere un leader!”

venerdì 5 novembre 2021


Che tra Carlo Calenda e Giancarlo Giorgetti esistesse una profonda stima reciproca è cosa nota a tutti. Entrambi sono ferventi sostenitori di Mario Draghi e della sua linea; entrambi vorrebbero dare continuità a quest’esperienza; entrambi credono che l’Italia meriti qualcosa di più del populismo giallorosso e del sovranismo salviniano e meloniano, vale a dire di una politica autenticamente riformista, volta a dare al Paese quello di cui ha veramente bisogno. Non è un mistero per nessuno che Carlo Calenda, forte dello straordinario successo ottenuto alle Amministrative di Roma, stia pensando a un nuovo soggetto politico che incarni proprio questo spirito riformista, liberale e innovatore, il quale dovrebbe raccogliere e mettere assieme il meglio del centrodestra e il meglio del centrosinistra: l’Italia pragmatica, insomma, che ha voglia di mettersi in gioco, di lavorare, di crescere, di essere competitiva e – cosa tutt’altro che secondaria – intenzionata a restare nell’alveo delle grandi democrazie occidentali. Paradossalmente, il leader di Azione sembra godere di maggior approvazione tra gli scontenti del centrodestra che tra quelli del centrosinistra: vale a dire tra quei liberali e quei moderati che, orfani di un Silvio Berlusconi ormai visibilmente provato e non più in grado di “guidare il carro”, non riescono ad accettare l’idea della leadership sovranista e di restare imbrigliati in uno stile politico basato sulla demagogia; ma anche tra quei leghisti che rimpiangono i tempi in cui la Lega rappresentava gli interessi del ceto produttivo del Nord (incluso quello di mantenere buoni rapporti con l’Europa), e non quelli dei “No-vax” e di altri gruppuscoli estremisti. Calenda lo sa bene, ed è per questo che sembra proprio stia facendo del suo meglio per costruire un ponte con quel mondo, puntando tutto su Forza Italia e sull’ala moderata della Lega.

Probabilmente, è questo il motivo che spinge l’ex ministro dello Sviluppo Economico a guardare con così tanto favore al dirigente leghista (e suo successore allo stesso dicastero), che se non altro ha avuto il coraggio di insorgere contro la deriva salviniana e di dare voce a un malcontento molto più diffuso di quello che si potrebbe pensare all’interno del Carroccio. E il leader di Azione è stato il primo a rendergliene merito e a esultare per le prese di posizione antisovraniste del dirigente del Carroccio. È ormai evidente che ci sono due Leghe – dice il leader di Azione – una matura e di governo e l’altra immatura e confusionaria, che è destinata a non contribuire in modo serio al governo del Paese. È un fatto importante che Giorgetti dica alla Lega di diventare un normale partito di centrodestra, aderendo al Partito Popolare Europeo e lasciando stare ungheresi e polacchi. Le cose che sta dicendo in questi giorni – aggiunge Calenda – lo accomunano ad altre personalità leghiste, come Luca Zaia e Massimilano Fedriga, che dimostrano un profilo di leadership che si va definendo. Da queste considerazioni parte l’invito del leader di Azione a Giorgetti e ai leghisti critici verso Salvini, ma anche a Guido Crosetto, Mara Carfagna, Renato Brunetta, Maria Stella Gelmini, Giovanni Toti, Luigi Brugnaro e altri come loro a incontrarsi per discutere e cercare di dare vita, tutti insieme, a una nuova creatura politica capace di offrire un’alternativa seria e credibile all’elettorato liberale e riformista. Tutti loro non c’entrano nulla con Salvini e con la Meloni – chiosa Calenda. Quello che occorre fare è chiudere con la stagione del “bipopulismo” che blocca il Paese da trent’anni, dalla nascita della Seconda Repubblica, da quando, cioè, la politica si è ridotta a pura tifoseria, a uno scontro ideologico e privo di contenuti tra destra e sinistra, che ha finito per favorire il declino dell’Italia.

A quanti si chiedono se Giorgetti accetterà l’invito, Calenda risponde che proprio da questo si vedrà la sua capacità di essere un leader. Tuttavia, precisa l’ex ministro, non è corretto parlare di “centro” o di “moderati” (termini che ha più volte sottolineato di non gradire affatto, in quanto associati a stasi ed equilibrismo politico, e non al cambiamento e alla decisione che il leader di Azione ha in mente), bensì di un’alleanza tra persone serie che si riconoscono nelle tradizioni del liberalismo, del popolarismo e del socialismo democratico, per emarginare gli opposti estremismi e chiudere una stagione di conflitto. Per quanto riguarda Berlusconi, Calenda auspica che il Cavaliere voglia chiudere la sua carriera politica levandosi dal giogo impostogli da Salvini e dalla Meloni e contribuendo a riportare Draghi al governo di una larga coalizione dopo il 2023. Il segno della nostra politica riformista e pragmatica – dice il leader di Azione – dovrà essere esattamente sulla linea di Draghi, che è precisamente quello che Azione intende perseguire.

Sarebbe un errore mandare l’attuale premier al Quirinale, perché questo significherebbe tornare con ogni probabilità alla situazione di partenza, caratterizzata dalla conflittualità e dall’alto tasso di polarizzazione ideologica, con Salvini e la Meloni che urlano contro Enrico Letta e Giuseppe Conte e viceversa. Infatti – aggiunge Calenda – se la linea politica ufficiale e condivisa tornasse a essere quella dell’urlo e dello scontro ideologico, l’Italia non sarebbe capace di spendere neanche un euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza e perderebbe una grande occasione. Calenda prosegue poi sottolineando come, tuttavia, per mandare in porto questo suo progetto, servirebbe una nuova legge elettorale di stampo proporzionale. Il maggioritario – sostiene il leader politico romano – ha portato all’ingovernabilità e al conflitto. Per aprire la Terza Repubblica, serve invece una legge proporzionale con soglia di sbarramento al cinque-sei per cento. A chi gli chiede se Azione sarà in grado di superarlo, Calenda si dice sicuro di poterci riuscire, essendo il suo il primo partito a Roma – con un robusto venti percento – ed essendo assai diffusa, tra l’elettorato, la voglia di una politica seria e pragmatica. Come dargli torto e come non sperare di vedere questo progetto realizzarsi per dare all’Italia quello che merita e di cui necessita.


di Gabriele Minotti