martedì 21 settembre 2021
Capitolo sesto
L’arte di vivere l’arte a Roma
Il percorso Maneskin
L’arte e la cultura hanno bisogno di libertà non di consenso ma in questo periodo sembrano essersi incatenate e incaricate di fare di uno tsunami un diluvio universale raccontando ossessivamente di vittime e di eroi, e soprattutto di peccatori e mandanti ai quali imputare la colpa di questo invisibile nemico comune. È vero che siamo ancora malati di lockdown e di solitudine ma nella storia italiana abbiamo già avuto i “piagnoni”, quelli di Savonarola, in una Firenze che non aveva proprio intenzione di pentirsi per aver creato e vivere il Rinascimento. Un’idea della Roma futura deve privilegiare la voglia di vivere dei nostri ragazzi e non solo, di chi è attivo e si sveglia la mattina per fare qualcosa di bello e di piacevole in una città che, mettendo ovviamente in conto anche qualche piccolo o grande ostacolo, offre tante possibilità. Tutto qui.
“Sembra facile!” diceva l’omino coi baffi se però è possibile creare degli spazi di aggregazione vivibili all’interno del chilometro di cemento di Corviale, come ha raccontato il film “Scusate se esisto!” del 2014 con Paola Cortellesi, sicuramente va tentata la proposta di luoghi aperti alla condivisione, positiva e di qualità. Partiamo da un dato di fatto: nessuno vive la città in Roma in modo completo, nemmeno durante tutta la vita. In genere si frequenta il quartiere dove si abita e quello dove si lavora, magari lo Stadio Olimpico e qualche centro commerciale. Il resto è un sentito dire, è il nome di una lontana fermata della metro o di un capolinea dell’autobus. Nella zona di Ponte Mammolo è difficile sentir dire: “Facciamo una passeggiata al Quartiere Giuliano-Dalmata?” oppure: “Andiamo a mangiare una pizza nel Suburbio Aurelio?” e forse è raro accada anche in altre zone dalla città. L’unica zona vissuta dai romani almeno una volta è il Centro Storico comprendendo in questo anche Colosseo e Piazza San Pietro.
Dall’antichità, le consuetudini e gli usi dei popoli mediterranei hanno come centro di incontro il luogo fisico della piazza. Da questo nasce l’idea come pure dall’esempio di quel centro internazionale dell’arte figurativa che era Via Margutta negli Anni Cinquanta o per gli attori la Galleria Colonna oppure Via Bagutta a Milano o ancora il Caffè degli Artisti di Parigi. L’idea ipotizza un ritorno ad un utilizzo mirato delle piazze storiche della Capitale con l’intento di riportarle ad essere centri di incontro di alto livello, specializzando ogni luogo in una determinata forma d’arte e promuovendone la frequentazione degli artisti attivi in un certo settore. Il fine è quello di ricreare dei punti di incontro, dei veri e propri “salotti”, dove gli artisti di tutto il mondo sanno di poter incontrare colleghi e creare situazioni di sviluppo e di scambio. Considerando che alcune piazze romane hanno una vocazione naturale per determinate forme artistiche, facciamo degli esempi concreti. Lasciamo che in Piazza del Pantheon i cori, amatoriali e non, abbaino libera facoltà di esibirsi, magari un giorno alla settimana. Questi gruppi non hanno necessità di amplificazione perché trovano già nella cassa armonica del colonnato del Pantheon una condizione ideale. Pensiamo a come sarebbe interessante vedere le opere dei diplomandi degli Istituti d’Arte, dei Licei Artistici e dell’Accademia di Belle Arti esposte nel lato verso Corso Vittorio di Piazza Navona e anche per illustrare in anteprima le mostre delle varie e numerose gallerie d’arte della città.
Via dei Fori Imperiali praticamente del tutto pedonalizzata si presta in modo perfetto ad ospitare una serie di piccoli palchi per semplici anteprime teatrali che andranno in scena nella settimana seguente. Si creerebbe una forma di pubblicità anche per i teatri più piccoli e un punto di riferimento per gli attori stessi e per il pubblico. Altra immagine: nella disperazione e nel disordine di Campo de’ Fiori il sabato sera mettiamo un pianoforte, transennato per ovvie ragioni, dove gli studenti del Conservatorio possano farsi conoscere e far conoscere la musica classica. Un’arpista a Piazza Farnese completerebbe l’atmosfera. Elementi che potrebbero cambiare il tipo di pubblico e chissà che non si attenui la difficile situazione attuale delle due piazze. A proposito di musica, sappiamo tutti che la scelta finale per ospitare l’Eurovision Song Contest 2022 è tra Milano, Torino, Pesaro, Rimini e Bologna pur essendo i Maneskin nati artisticamente a Roma. Sono note le foto che li ritraggono suonare a Via del Corso “facendo cappello” come si dice tra gli artisti di strada, che invece potrebbero ritrovarsi a Piazza dei Crociferi, per esempio. Proprio partendo dall’esperienza di questi ragazzi si potrebbe scegliere di consentire ai gruppi musicali di suonare il sabato dal pomeriggio a sera inoltrata lungo la storica strada intitolando l’iniziativa come percorso Maneskin. Resta importante però il decentramento di queste stesse iniziative che nei rispettivi municipi di appartenenza gli interpreti devono replicare e se possibile anche con maggiore spazio. Sapere che pur abitando in una sconosciuta strada di periferia si ha come vicino un artista potrebbe modificare in modo positivo la percezione dell’ambiente che ci circonda.
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di Quintino Di Marco