Iperpotenza e iperleadership, per contare nel mondo

martedì 7 settembre 2021


Ricapitoliamo. Il Teorema del Dux contemporaneo dimostra il seguente assunto: “Iperpotenza ⁓ Iperleadership” (in cui il simbolo “⁓” sta per: “equivale a”). I due campioni (e mezzo, nel caso della Russia di Vladimir Putin) sono Cina e Stati Uniti, ma con una netta prevalenza della prima per estensione territoriale e demografica, coesione interna, omogeneità delle decisioni, durata nel tempo della leadership e disciplina dei suoi cittadini. Gli Usa, in realtà, presentano una iper-leadership depotenziata a causa della sua scarsa durata nel tempo e per la necessità, sempre molto faticosa e conflittuale, di ottenere l’approvazione del Parlamento sulle grandi scelte di politica estera e di legislazione federale. La Russia (che vale mezzo, in questo gioco degli Ego ipertrofici), con parametri strutturali molto simili alla Cina ma molto più ricca di lei in materie prime e molto meno popolosa, tenta di seguire a ruota i primi due, pur con evidenti difficoltà sistemiche nel perseguire le sue ambizioni neo-imperiali. Russia e Cina, per di più, presentano una somiglianza ideologica comune in campo economico (ma non geostrategico!) per aver scelto il Capitalismo di Stato, un vero e proprio ossimoro in economia ma che ha un significato ben preciso nel linguaggio sempre paradossale della politica. Le due Iperpotenze e mezzo sono per di più detentrici dei giacimenti mondiali di Informazione coincidenti con i Big Data e dell’Intelligenza artificiale, che oggi rappresentano la materia prima più preziosa e illimitata, e per di più immateriale, d’importanza planetaria nella sfida tra potenze di questo XXI secolo.

Ma, nonostante il suo aspetto dematerializzato, la materia prima strategica e inesauribile dell’Informazione “non” è a costo zero, dato che in realtà occorre consumare immense risorse energetiche per la gestione dei giganteschi Cloud e per l’alimentazione dei motori di ricerca su Internet, oltre al mining dei Bitcoin. A oggi, solo la Cina può rischiare l’autarchia, creando una Internet domestica, grazie al fatto di avere, rispettivamente: 1,4 miliardi di utenti (pari a quelli di tutto l’Occidente!); un grado di sviluppo tecnologico avanzato in materia di componentistica hardware e di Intelligenza artificiale pari o superiore a quello occidentale; un conglomerato di Major all’interno del suo atipico sistema di Capitalismo di Stato molto simile allo statunitense Gafa (Google-Amazon-Facebook-Apple), cui corrispondono Alibaba, Tencent, TikTok, e così via. Questa necessaria premessa deve servire come parametro di misurazione dell’incolmabile gap che esiste tra la Ue e i due campioni e mezzo dell’iper-potenza, coniugata indissolubilmente all’iper-leadership. Il tutto porta al desolante risultato per cui l’opulenta Europa, da ritrarre come una società affabulante e dei “non-fatti”, conta come una scartina, quando si tratta di partecipare al gioco intercontinentale. Sui relativi scenari si misurano le più grandi potenze mondiali, che competono per la supremazia sui mercati globali e per l’estensione delle sfere di influenza. Chi vince, essendo il più forte e resiliente in questa gara per la sopravvivenza, ha un accesso più agevole e privilegiato alle materie prime indispensabili e al consolidamento delle alleanze con i Paesi che le possiedono in grande quantità.

Per esempio, oggi nel Grande gioco dell’Asia europea (che coinvolge i sempre più strategici “Stan-State”, come Afghanistan, Turkmenistan, Kirghizistan, Tagikistan ricchissimi in materie prime, come terre rare, gas, rame e petrolio) la Cina giganteggia su tutti con la sua politica intercontinentale fattuale, che passa attraverso la concretezza dei mega progetti infrastrutturali della Nuova via della Seta, finanziati con parecchi trilioni di dollari dal capitalismo di Stato di Pechino. Progetti destinati ad avere potenziali e immense ricadute benefiche, in termini di aumento del reddito pro-capite e di modernizzazione dei Paesi beneficiari, con particolare riguardo proprio agli Stan-State. La Russia, iper-potenza depotenziata, pur non potendo minimamente competere con l’offensiva di charme e con l’imbattibile offerta di cooperazione della Cina, conserva un sua solida innervatura politico-militare, che le consente un maggiore interventismo negli scenari più delicati e turbolenti del mondo, come lo si è già visto in Siria e Libia. Mosca e Pechino, inoltre, fanno baluardo alla potenza statunitense alleandosi in ogni parte del mondo, America Latina compresa, con il suo arcinemico giurato dell’Iran. Da parte sua Teheran, proprio grazie alla circostanza di avere una iper-leadership, ha garantito con il suo unilaterale intervento sul campo dei mujahidin del popolo (le milizie armate religiose sciite) la sconfitta sostanziale dell’Isis, nonché il successo di Bashar Assad nella sanguinosa guerra civile siriana.

Pertanto, per il Teorema del Dux, l’Europa è un inconsistente nano politico e militare destinato a non aver alcun peso e influenza nelle decisioni che riguardano le due iper-potenze e mezzo. Troppo facile per le potenze continentali avversarie giocare a domino con i suoi 27 pezzettini, irridendo Bruxelles che invece di decisioni concrete (come la difesa comune) produce esclusivamente tonnellate di carta in cui si richiamano i sacri principi del rispetto dei diritti umani, senza mai rischiare un solo soldato o prendere una posizione netta contro chi ne abusa. I populismi che la scuotono dalle fondamenta sono il segnale più clamoroso e persistente del fallimento della sua democrazia rappresentativa, che ha annegato e diluito nell’irresponsabilità e nella dispendiosa spesa per il welfare-state (finora finanziato con l’ombrello militare Usa) il suo ruolo nel mondo. Se è vero il detto di Churchill che “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”, è pur vero che il parlamentarismo e le leadership deboli di governo che ne conseguono hanno totalmente esaurito la propria spinta, annegando nella corruzione, nel lobbismo sempre più marcato, nelle inaccettabili disuguaglianze sociali di reddito che sono l’esatto contrario dei valori per cui è nata la democrazia rappresentativa.

Occorre quindi inventare di sana pianta un algoritmo istituzionale rigenerativo, che passi per un’ipotesi molto robusta di discesa del potere verso il basso, privilegiando strumenti di democrazia diretta che siano ben più consistenti, affidabili e solidi, rispetto a quelli risibili ed evanescenti del sistema Rousseau di Grillo-Casaleggio. Sarebbe sufficiente costruire una balance-of-power su tre poteri (Assemblea unica; Premier; Presidente della Repubblica), sui quali arbitra la Corte Costituzionale, le cui regole siano sostanzialmente come quelle del poker: nessun potere deve avere costituzionalmente la possibilità di prevalere sull’altro, così come nessun punto del gioco del poker è da considerare vincente in assoluto. Per una possibile soluzione operativa si veda “Il Murrino”, pubblicato da L’Opinione, ed. del 28 settembre 2020. In parallelo, l’Ue deve darsi sul piano della politica comune un assetto costituzionale federalista che le consenta di adeguarsi pienamente al risultato del Teorema del Dux. Ma, qui, è vero, siamo al centro dell’arena del Colosseo, senza armi e con le gabbie aperte dei leoni.


di Maurizio Guaitoli